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Stella Polare. La regata Plymouth-Tenerife

Pubblicata per la prima volta sul Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale Italiana nell'ottobre 2020, rilanciamo la storia della bella vittoria della Nave Scuola Stella Polare alla regata Plymouth-Tenerife dell'estate 1970, raccontata in prima persona da chi era a bordo.
Stella Polare

Ricordiamo, con questo articolo, il cinquantesimo anniversario della vittoria di una barca italiana in una regata oceanica (NdR: l’articolo è stato pubblicato per la prima volta nell’ottobre 2020); mi esprimo con il “noi” perché oggi, a tanti anni di distanza, grazie al buon WhatsApp è stato possibile ricreare una sorta di equipaggio virtuale per raccogliere foto e ricordi di quell’estate del 1970. La regata Plymouth – Santa Cruz de Tenerife, organizzata dalla STA (The Sail Training Association) si svolse nel periodo 20 giugno-31 agosto, durante la campagna addestrativa effettuata dalla Nave Scuola Stella Polare.

 A bordo

Partita da La Spezia, Stella Polare navigò per oltre 5.000 miglia, sostando nei porti di La Maddalena, Palma de Majorca, Lisbona, Plymouth, Santa Cruz de Tenerife e Tangeri. Al comando era il Tenente di Vascello Bruno Petronio già noto per aver partecipato, c!assificandosi quarto, alle Olimpiadi di Tokio del 1964 come prodiere della barca olimpica Grifone (5,50 mt di stazza internazionale) che aveva al timone l’ancor più noto Capitano di Vascello Agostino Straulino che, in quanto alle sole medaglie d’oro, vinse: 1 olimpiade, 4 mondiali, 11 europei… e tanto ancora.
Il resto dell’equipaggio era costituito dai Sottotenenti di Vascello Italo Trisolini (Uff. in 2°), Gaetano Gallinaro, Sergio Spinato, Guido Ravasio, Francesco Campanelli, Carlo Iodice, Roberto Fusco, Pier Carlo Lupi, Pio Bracco (tutti del Corso “Grifoni” 1965-69, del quale il Comandate Giovanni lanucci era stato Comandante alla Classe nei primi loro due anni di Accademia), dal Capitano Commissario Sergio Guazzotti, dal Sottotenente del Genio Navale Roberto Cecconi, dal Sottotenente Medico Roberto Farallo, dal l° Capo Nocchiere Gaetano Di Savino (Nostromo), dal 2° Capo RT Luigi Vendramin e dal Nocchiere Giuseppe Calabrò.

Stella Polare

Concepita nei primi anni 60’ nello studio di architettura navale Sparkman&Stephens di New York, Stella Polare è stata costruita nello storico cantiere Sangermani di Lavagna. A giudizio di chi scrive, la progettazione delle barche in legno, nello stato dell’arte di quegli anni, aveva raggiunto il culmine dell’armonia tra le soluzioni tecnologiche finalizzate a migliorare le prestazioni e l’eleganza classica delle forme dello scafo. Sulla Stella Polare, che rappresentava il perfetto compromesso tra bellezza e performance, dopo pochi giorni di permanenza a bordo si veniva conquistati dalla sensazione rassicurante di trovarsi su qualcosa che, oltre ad essere piacevole da vedere, era fatta per affrontare qualsiasi condizione di mare e fatalmente si iniziava a volerle bene come se non fosse un oggetto inanimato.
Negli anni 70’ la ricerca frenetica di costruire barche sempre più leggere e veloci ha rivoluzionato la progettazione degli scafi che, realizzati prima in alluminio e poi n composito, iniziarono a perdere le caratteristiche classiche; apparve presto evidente che si era rotta quell’armonia a tutto vantaggio delle prestazioni con il risultato di rendere freddo e professionale il rapporto tra equipaggio e la barca.

Gli allenamenti

Consapevoli di partecipare ad una competizione internazionale alla quale erano inscritti yacht e velieri di dieci nazioni: (Antille Olandesi, Francia, Germania, Norvegia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia), già nelle prime ore di navigazione, iniziammo gli allenamenti per acquisire ognuno gli automatismi necessari per effettuare velocemente tutte le manovre in sicurezza. Molta fatica richiedevano i cambi di genoa (120 metri quadri con tanti garrocci) e le strambate in successione (con i tangoni molto lunghi e pesanti).
Dopo le soste a La Maddalena e Palma di Maiorca procedemmo senza particolari problemi fino a Lisbona. Avevamo percorso quasi 1500 miglia e, percependo di aver raggiunto un buon affiatamento come equipaggio, iniziammo ad essere desiderosi ed impazienti di metterci alla prova. Usciti dal Tago con tutte le vele a riva, dopo poche miglia un vento da Nord di oltre 35 nodi ci costrinse a dare due mani di terzaroli alla randa; a prora, al posto del genoa, lo yankee e la trinchettina ci permisero di bolinare in modo soddisfacente. Procedemmo così per circa tre giorni verso WNW e, quando finalmente il vento girò a ponente calando al di sotto dei venti nodi, facemmo rotta diretta verso Plymouth.

Stella Polare
(Stella Polare sul Tago)

Fare carena

Giunti a Plymouth ci trovammo tutti immediatamente immersi nell’atmosfera che precede una regata importante. Ad ognuno venne affidato il compito di verificare tutto ciò che riguardava il proprio ruolo. Due di noi si tuffarono con la maschera subacquea per ispezionare la carena e riscontrammo, con grande disappunto, che l’opera viva presentava vaste superfici tutt’altro che lisce. La situazione in essere non consentiva di alzare la barca per fare carena. Dopo una attenta ricognizione della zona dove eravamo ormeggiati, fu individuato un tratto di banchina dove la bassa marea lasciava il fondo pietroso quasi asciutto e, dopo le sei ore canoniche, si poteva invece misurare un fondale che superava i 3,5 metri.   
Per sedici giovani volenterosi l’idea di fare carena in piena autonomia ci entusiasmò ed ognuno provvide ad attrezzarsi con raschietti e spugne abrasive. Mezz’ora prima dell’alta marea manovrammo per ormeggiare la barca lungo quel tratto di banchina di cui avevamo verificato la consistenza della zona di appoggio e affiancammo la barca al molo, avendo cura di tenerla leggermente sbandata sul lato della banchina. Mentre la marea scendeva ci fu molta trepidazione quando la barca si appoggiò con il piombo della deriva sul fondo, ma tutto funzionò alla perfezione. In meno di quattro ore la carena fu grattata e brasivata per ricevere un’abbondante passata di pittura antivegetativa.

Stella Polare
(La carenatura)

Il giorno premio

Nessun problema per rimettere lo scafo in galleggiamento ed il Comandante, visibilmente soddisfatto dell’operazione, ci concesse un giorno di permesso da trascorrere a Londra. Non tutti andarono perché, nel frattempo, accanto alla Stella Polare si ormeggiò Crackerjack, una barca inglese armata tutta al femminile, skipper compreso, che avrebbe partecipato alla regata Plymouth-La Coruna. La gita londinese fu infatti rifiutata da alcuni che preferirono restare a bordo con la prospettiva di intrattenere le nuove amiche che, senza esitazione, accettarono di essere ospitate in una barca spaziosa ed accogliente.
In realtà fu molto apprezzata la logistica della Stella che diede il meglio di sé mettendo a disposizione comode cuccette e tante tavolette di cioccolata dei viveri di emergenza oltre al solito buon Chianti che mette sempre tutti d’accordo. Va detto che allora, sulle navi della M.M., in materia di donne esisteva la regola inderogabile che imponeva un principio fondamentale: “tutto ciò che succede fuori dagli stretti (Gibilterra e Suez) non è mai avvenuto”.

Stella Polare
(Stella Polare verso la linea di partenza)

Il giorno 29 luglio iniziò la regata

Sulla linea di partenza, dal Royal Yacht Britannia, con a bordo il principe consorte Filippo di Edinburgo, venivano alzate le bandiere previste per la procedura delle partenze.
Alle 12:00 la partenza della classe “A” dei grandi velieri: Gorch Fock, Sagres, Statsraad Lehmkuhl e Christian Radich.
Alle 12:30 la partenza della classe “B Division I” delle barche superiori alle 40 tonnellate: Stella Polare, Astral, Urania, Malcolm Miller, Falken, Gladan, Arminel e Larvik.
Alle 12:45 la partenza della classe “B Division II” delle barche inferiori alle 40 tonnellate: Zulu, Najade, Iroise, Sereine, Halcon e Duenna.
La rotta da Plymouth alle Canarie, in estate e in condizioni meteorologiche normali, avrebbe favorito le imbarcazioni meglio attrezzate per le andature portanti. Grazie ad una fortunata situazione meteorologica, dopo la partenza il vento iniziò a provenire da un poco probabile SSW e continuò così per circa due giorni. Giunti al traverso di Ouessant, a ponente della Bretagna, il vento girò verso ponente e poi si stabilizzò da Nord.

Andiamo in vantaggio

La Stella Polare non aspettava altro; dimostrò la sua ottima attitudine a bolinare e, dopo tre giorni dalla partenza passò all’andatura con spinnaker avendo già guadagnato un bel vantaggio di decine di miglia sulle dirette concorrenti.
Per circa quattro giorni la navigazione proseguì mantenendo un cammino di 160/180 miglia nelle 24 ore e, rispetto alle posizioni delle altre barche che, come da istruzioni di regata, dovevano essere comunicate via radio giornalmente alle ore 12, ci sentivamo ragionevolmente certi di vincere in tempo reale. Arrivare primi in tempo reale è molto gratificante ma le regate si vincono con i tempi compensati e, in questa regata eravamo tallonati dalla barca inglese Zulu che dimostrava di essere veloce, ben equipaggiata e alla quale pagavamo un compenso di molte ore.

Vento volubile

A circa 250 miglia dall’arrivo, intorno alle 22, in barba alla privacy, mentre tutti ascoltavamo dall’altoparlante della radio HF (18 Watt) una lunga e complicata telefonata tra il nostro Commissario Guazzotti e la moglie riguardo le prenotazioni dell’aereo e dell’albergo a Tenerife, il vento iniziò a calare e, con il solito coro di imprecazioni sulla jella indotta dallo sbilanciarsi a fare previsioni sull’arrivo, cominciammo un posto di manovra che durò l’intera nottata. Facemmo diciannove cambi di vele in successione: alternavamo lo spin leggero al drifter, cercando di orzare per farlo portare, ma la lancetta dello speedometro (brooks&gatehouse) non si schiodava dal misero 1 o 1,5. Provammo a dare due mani di terzaroli alla randa per far arrivare più aria allo spin leggero; qualcuno mandò a riva della mezzanella la carbonera che aveva la fama di possedere poteri magici, oltre che di spinta propulsiva, ma senza alcun risultato apprezzabile. Evitavamo di dirlo, ma tutti pensavamo che cento miglia indietro c’era un buon vento che stava spingendo le altre barche, Zulu in testa, facendo orribilmente diminuire il bel vantaggio che avevamo guadagnato.

Stella Polare
(In navigazione)

Un nuovo giorno

Fatto giorno, una leggera brezza da NE mosse la lancetta prima a 3 e poi a 3,5. Fu mandata su tutta la randa mentre lo spin iniziava a portare meglio, sempre meglio, e tutti, facendo finta di nulla, ci mettemmo a rassettare la coperta che era ancora ingombra di sacchi, scotte leggere e alcune vele da sistemare. Chi scrive scese sottocoperta e, dopo un lungo lavoro di pompaggio alla cucina ad alcool, mise a soffriggere l’aglio per condire la sua specialità: spaghetti aglio, olio e peperoncino che, appena pronti, divorammo con l’approvazione di tutti. Passata l’angoscia della notte, nel corso del collegamento delle 12, verificammo che le posizioni relative erano rimaste più o meno le stesse e, da vari indizi, cominciammo a sospettare che Zulu desse posizioni molto approssimative per trarci in inganno. Il vento raggiunse i 13 nodi stabili e, avvicinandoci all’isola di Tenerife, rileggemmo bene le istruzioni di regata che riportavano testualmente: “The finishing line bears 180° from thè lighthouse at the northen end of thè breakwater of Santa Cruz Harbour. Vessels must cross this line within 8 miles of thè lighthouse.”

Onore alla vittoria

Per onorare la nazione dove andavamo a vincere, issammo uno spin rosso-giallo-rosso, anche perché non ne avevamo uno con i colori italiani; fu una scelta indovinata perché gli spagnoli ci fecero una accoglienza calorosissima. Un rimorchiatore si avvicinò salutandoci con lunghi segnali acustici e con getti d’acqua colorati All’arrivo ci spiegarono che la barca spagnola Halcon si era ritirata a La Coruña per problemi all’albero e la gente, non amando particolarmente gli inglesi di Zulu, riversava tifo e simpatia per noi. Trascorse le ore di handicap che pagavamo am, ci rasserenammo, godendoci la vittoria e le tante dimostrazioni di affetto alle quali eravamo preparati. Dopo oltre un giorno e mezzo dal nostro arrivo, quando avemmo notizia che Zulu stava per arrivare, ricordandoci gli sfottò ricevuti a Plymouth dallo stesso equipaggio, riguardo alla quantità, giudicata eccessiva, delle provviste che stivavamo in cambusa, uscimmo in mare e li salutammo di controbordo con una scopa issata a riva e, dimostrando fratellanza marinaresca, chiedemmo loro se avessero necessità di gallette, acqua e altri viveri di conforto.

Il rientro a casa

Terminammo la campagna navale in un clima di soddisfazione ed euforia. Arrivati a La Spezia, dopo i saluti e i complimenti dell’Ammiraglio Giovanni Ciccolo (Maridipart La Spezia) in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Marina, facemmo una ulteriore uscita in mare a favore della troupe televisiva della Rai che confezionò un bel servizio che andò in onda nel corso della Domenica Sportiva di quella settimana.

Stella Polare
(La Spezia. Il saluto dell’Ammiraglio Ciccolo)

In ricordo di Bruno Petronio

Triestino (1936-2015). “Il gigante buono, persona tranquilla con un fisico eccezionale, alto, possente e dotato di una grande forza” (definizione del coequiper Massimo Minervini).
Palmares:
1964 – Olimpico (Tokio classe 5.50)
1965 – Campione del Mondo Classe 5.50 (1965)
1965 – Transpacifìc Race Los Angeles-Honolulu su “Corsaro II” comando di Straulino.
1970 – Ten. Vascello, comandante “Stella Polare” 1° Palma M.-Cabrera Palma M., – 1° Plymout-S. Cruz-Tenerife.
1971 – Ten. Vascello, comandante “Corsaro II”.
1975 – Cap. Fregata, comandante “Stella Polare”.

 

Gaetano Gallinaro Sottotenente di Vascello in regata su Stella Polare, 1970

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