Abbiamo parlato a lungo dei tre supermen, anzi, io ho dedicato molto spazio a Djokovic, Federer e Nadal, alle loro performance e a chi si sarebbe aggiudicato il ventunesimo Slam fin dal momento in cui ciascuno dei tre aveva raggiunto il tetto dei venti trofei. E sappiamo che al termine degli Australian Open del corrente anno, in un entusiasmante incontro, il “Re della Terra Rossa”, dopo aver lasciato al più giovane Medvedev i primi due set, dando a tutti l’impressione di dover cedere all’avversario anche il terzo, lo ha invece superato alla grande negli altri tre, giocando peraltro tutti e cinque i parziali sul cemento, fondo del campo a lui poco gradito. Giunse a quel punto l’occasione per festeggiare il maiorchino e il suo trionfo e così giornali e rubriche Tv, non solo quelli dedicati allo sport, riempirono tutti gli spazi possibili.
Un leggero senso di colpa invece mi induce oggi a parlare delle donne, delle atlete che praticano o hanno praticato il tennis, di coloro che hanno realizzato qualcosa di importante, diciamolo, un po’ trascurate, da me come da tanti altri e che meritano invece lo stesso spazio dedicato ai ragazzi non fosse altro per i numeri da capogiro.
Declinare il tennis come sostantivo femminile non è solo una suggestione grammaticale.
Anzi scrivo questo pezzo in un momento in cui è doveroso citare una giovane e grande atleta contemporanea che a soli venticinque anni, pur in presenza di una lunga carriera davanti, decide tuttavia di “salutare il tennis perché è tempo di inseguire altri sogni”, parlo di Ashleigh Barty.
Massimo rispetto per la scelta della ragazza in un mondo dove si parla sempre e solo di milioni e sono pochi quelli che mollano.
Le Original 9
Ma torniamo a noi e così, prima di raccontare delle numero Uno, decido di cominciare dalle Original 9, un gruppo di nove tenniste non proprio tutte eccellenti, tennisticamente parlando, che però fecero qualcosa di grandioso.
Il 23 settembre 1970 stipularono il primo accordo con un circuito professionistico solo al femminile.
In sostanza alla data appena citata si fa risalire l’origine di quella che poi diventerà la WTA.
Le nove giocatrici erano Billie Jean King, Peaches Bartkowicz, Rosie Casals, Judy Dalton, Julie Heldman, Kerry Melville Reid, Kristy Pigeon, Nancy Richey e Valerie Ziegenfuss, tutte americane ad eccezione della Dalton di origine australiana. Tra l’altro svolsero in un certo qual modo anche attività sindacale quando, con un gesto clamoroso nel 1970, decisero di boicottare il torneo più importante dell’epoca a Los Angeles dopo aver riscontrato che i premi in palio per gli uomini erano ben dodici volte superiori a quelli destinati alle donne.
Tra le nove si distinse in particolare Billie Jean King che si aggiudicò nel corso della sua carriera dodici Slam in singolo e sedici in doppio, un bottino niente male. La seguì Rosie Casals nove in doppio, la Dalton otto in doppio e uno in doppio misto.
Gli anni ’60 – ‘70
Ignoro la ragione per la quale non abbia fatto parte del Gruppo l’australiana Margaret Smith Court, la più grande tennista di tutti i tempi, non solo tra le donne, vincitrice di 24 Slam in singolo (tre in più del maiorchino), 19 in doppio e 21 in doppio misto (64 titoli complessivamente). Il primo titolo Slam lo conquistò nel 1959 a soli 17 anni, nel 1966 lasciò temporaneamente l’attività sportiva per sposarsi e dedicarsi alla famiglia. Tornata a calcare i campi da tennis non si lasciò sfuggire l’occasione di aggiudicarsi nel 1970 i quattro Slam. E così andò avanti fino al 1977, fra una interruzione e un’altra, per il primo figlio e poi per il secondo, quando decise di chiudere con l’attività agonistica che tuttavia, nonostante le varie interruzioni, le aveva dato grandissime soddisfazioni. Successivamente a quella data ebbe altri due figli.
Se dobbiamo trovarle un difetto, una colpa – esprimo il mio parere personale – è il suo attacco personale alla collega Martina Navratilova e all’omosessualità in generale che considera «Un abominio agli occhi del Signore». Opinione espressa ripetutamente negli anni anche negli ambiti dov’era invitata, a partire dalle TV australiane. Sul punto molti tennisti e la stessa Martina e John mcEnroe hanno sollevato la propria indignazione e richiesto di intitolare a un’altra eccellente tennista australiana, Evonne Goolagong, l’Arena che dal 2003 porta il nome di Margaret Court.
Gli anni ’80 – ‘90
Se dalla fine degli anni cinquanta fino agli anni settanta la scena del tennis femminile fu occupata prevalentemente dalla Court, negli anni ’80 è la tedesca, naturalizzata americana, Stefanie Maria Graf, detta Steffi ad essere la principale protagonista e considerata una delle migliori tenniste della storia.
Già nel 1983, a poco più di 13 anni e mezzo, prese parte alla sua prima stagione da professionista e si piazzò subito alla posizione 124 della classifica WTA. Nel 1987, ad appena diciotto anni vinse sei tornei, a Key Biscane ebbe la meglio su mostri sacri come: la Navrátilová in semifinale e Chris Evert di ben 15 anni più grande. Forse l’età incise. In finale e agli Internazionali d’Italia incontrò Gabriela Sabatini e si aggiudicò il terzo set 6 0.
Atleta rapida, veloce e potente, diventò per tutti “Miss Dritto”. Fu la Numero 1 del ranking per ben 377 settimane.
Nel 1988 fu la terza tennista della storia a conquistare il Grande Slam in singolo; a questo successo lo stesso anno aggiunse l’oro olimpico che le valse il Golden Slam. Iniziò bene quell’anno sin dagli Australian Open dove in finale incontrò nuovamente la Evert.
Negli anni successivi le andò tutto bene, anzi benissimo sino a quando, nel 1991, problemi fisici la costrinsero a rallentare e a cedere la prima poltrona a Monica Seles che dominò solo per due anni. Nei tre anni successivi, uscite di scena, o quasi, la Seles, la Evert, la Sabatini e la non più giovane Navratilova, sulla strada della Graf si intromise la spagnola Arantxa Sánchez Vicario.
La carriera sportiva di Steffi si concluse nel 1999.
Per la cronaca, vinse 22 Slam e nel 2001 sposò il collega Andre Agassi dal quale ha avuto due figli.
Le donne del tennis nel terzo millennio
Siamo giunti negli anni 2000, adesso parliamo della “Regina”, di Serena Williams, numero 1 del mondo dal 2002 per 319 settimane complessive (186 consecutivamente) terza dopo la Graf (377) e la Navratilova (331). Forse la più dotata fisicamente e con un servizio e un dritto da fondo campo potenti. Seconda dopo la Court per numero di Slam vinti, ben 23, il primo a 18 anni nel 1999 (US Open). Anche lei ha superato il record dei 21 di Nadal e 73 titoli Wta complessivi, nonché due Grande Slam virtuali, ossia quattro Slam consecutivi in anni diversi, nel 2003-2004 e nel 2014-2015, più numerosi altri titoli tra cui l’oro olimpico di Londra del 2012. Con la sorella Venus, in doppio si è aggiudicata altri 14 Slam. A coronare i successi, è la tennista che ha guadagnato in carriera più di tutte le donne, oltre 90 milioni di dollari in premi partita.
Prima di menzionare l’intero percorso della Williams, mi piace ricordare un’altra brillante atleta significativa nella prima parte della carriera di Serena, Jennifer Capriati, numero Uno al mondo nel 2001, e che lasciò il tennis giocato nel 2004. Eppure, nonostante i pochi anni di condominio con la Williams, può considerarsi la sua principale rivale. Forse perché entrambe americane, forse per via dell’enfasi che la stampa dell’epoca dava a ogni incontro delle due, sta di fatto che vederle sul campo, l’una di fronte all’altra, era per tutti un’emozione. Nessuno poteva sapere come il match sarebbe andato a finire. Le due tenniste hanno disputato in quel poco tempo diciassette incontri, di cui ben sette volte nei tornei del Grande Slam, vinti dalla Capriati quattro a tre. Complessivamente invece Serena ne ha vinti 10, quasi tutti finiti al terzo set.
La carriera sportiva della Regina è stata lunga, e chissà se possiamo considerarla definitivamente chiusa. La si può racchiudere in un ventennio e, com’è giusto che sia per qualsiasi atleta, con alti e bassi (bassi si fa per dire). Abbiamo detto del primo Slam del ’99, le andò poi tutto bene fino al 2003, il 2004 e il 2005 furono caratterizzati dalla vittoria di uno Slam e alcun torneo rilevante. Il 2008 tornò ad occupare la prima posizione, e il suo tennis le dette molte soddisfazioni almeno fino al 2010, anno in cui un brutto infortunio l’allontanò dai terreni di gioco. Il 2012 tornò a risalire le posizioni in classifica, quell’anno si aggiudicò Wimbledon per la quinta volta e gli US Open per la quarta, e dal 2013 la serie di vittorie fu lunghissima, ben ulteriori otto Slam, l’ultimo a 36 anni, nel 2017 in Australia.
Il ventitreesimo, che la posiziona al secondo posto dopo la Court e prima della Graf.
Appena sotto i venti
Meritevoli di almeno una citazione sono: Helen Wills Moody, Martina Navratilova e Chris Evert.
La prima, di origini californiane, dominò il tennis negli anni venti e trenta aggiudicandosi 19 Slam; la seconda, nata a Praga, naturalizzata americana, ha vinto 18 Slam, e complessivi 57 titoli; la Evert chiuse la carriera con 18 Slam.