Aldezabal, Gazaga, Barranocea. Nomi composti da sillabe che sembrano rimbalzare contro un muro come una palla di caucciù. Chi si ricorda più di loro? Eppure, ci fu un tempo in cui per vederli giocare un sacco di milanesi andavano alla sera in via Palermo, a due passi da corso Garibaldi nel cuore della zona Brera, là dove c’era lo sferisterio della pelota basca.
La storia comincia nel 1945 quando l’imprenditore Del Pozzo decide di costruire lo sferisterio e due anni dopo lo inaugura.
Bel gioco la pelota
Ci si confronta su di un campo lungo 55 metri e largo 10. Di fronte c’è una parete alta circa dodici metri, il “frontis”, contro cui viene scagliata la pelota, una palla da 140 grammi di caucciù che viaggia fino a 300 chilometri orari. Gli scambi sono velocissimi e pericolosissimi, tanto che il pubblico è protetto da una rete e gli atleti da un casco. La pelota può rimbalzare una sola volta a terra o sul muro laterale d’appoggio. Poi deve essere rilanciata contro la parete. Chi sbaglia regala il punto agli avversari. Squadre da sei a nove, si scende in campo a turno, in singoli o doppi.
Lo sferisterio
Un posto incredibile lo sferisterio di via Palermo, che sembrerebbe inventato se non fosse vero. Sulle gradinate arrivano fino a 800 persone a sera, con punte di 1200 nel fine settimana. Ai milanesi la pelota basca piace, e poi si può anche scommettere. Dopo ogni incontro infinite discussioni tra i delusi del risultato; c’era sempre chi gridava alla combine, i toni si accendevano, ma poi cominciava una nuova partita da seguire e su cui puntare per rifarsi.
Il popolo di via Palermo
Attorno al campo giravano le puntate e le urla di una Milano molto varia. C’era il bullo di quartiere, il malavitoso, l’avvocato di grido e con il passare degli anni arrivarono anche le signore “bene”, attratte dalla fama di quella sala piena di fumo.
Negli anni Sessanta tra gli spettatori più fedeli c’era anche lo scrittore Luciano Bianciardi che parlerà di quelle serate allo sferisterio di via Palermo nel suo romanzo “La vita agra”. Alcuni dei giocatori condividevano con lui le stanze di una vecchia pensione in via Solferino, in una Brera che non esiste più.
La crisi degli ’80
A partire dagli anni Ottanta tutto il mondo che girava intorno allo sferisterio di via Palermo è entrato in crisi. Giorno dopo giorno, la Brera dei pittori e delle trattorie economiche veniva soppiantata in modo inesorabile dall’avanzata degli show room degli stilisti di moda. Le vecchie case di tolleranza si trasformavano in costosissimi locali alla moda. L’avvento del Superenalotto, dei gratta e vinci, dei videogiochi, delle partite di calcio in tivù e di mille altre diavolerie hanno cambiato il modo di passare le serate. Era inevitabile che anche per lo sferisterio battesse la campana a morto.
Il 31 maggio 1997 si chiude per sempre
La sala rischia di diventare un garage, poi per fortuna viene deciso di trasformarla e dopo tre anni di lavori viene fuori nel 2001 così come è oggi: un grande spazio bianco polifunzionale che si traveste all’occorrenza per feste, sfilate, esposizioni, meeting.
Il restyling
Il restyling ha lasciato però volutamente intatta l’architettura particolare della grande struttura inaugurata nel lontano 1947. E così sono ancora presenti il campo da gioco, l’atrio con il bancone per le scommesse (oggi trasformato in bar), le gradinate dove si accomodavano gli spettatori, il totalizzatore, il soffitto sopra il terreno di gioco dall’altezza vertiginosa e le singolari piastrelle a mosaico sulle pareti. Gli spogliatoi sono diventati camerini e postazioni per il trucco delle modelle.
La fine di un’epoca
Ormai a Milano non esiste più alcun impianto per la pelota, così anche gli ultimi giocatori baschi vanno a raccogliere ingaggi altrove, in America, in Francia. Con qualche eccezione. Il vecchio Severino Elizburu, insieme a Jesus Echaniz e Jose Torres, decide di rimanere a Milano e di aprire un ristornate: la Taberna Vasca in via Ludovico il Moro.
Il numero 10
Per i distratti o per chi è troppo giovane per ricordare è rimasta un’insegna. Se vi capita di passare da via Palermo, fermatevi davanti al numero 10. L’ingresso è ancora quello di una volta, chiudete gli occhi e provate a tendere l’orecchio, forse riuscirete a sentire qualcosa.