Tutte le sacre domeniche che la Roma giocava all’Olimpico, preciso come un orologio svizzero, Dante Ghirighini entrava in curva appena passato il minuto quindicesimo del primo tempo. Lo ricordi bene per come era vestito, un impermeabile verde nelle domeniche di pioggia o invernali, un maglione coloratissimo e uno zuccotto sulla testa rigorosamente di colore giallo e rosso, creato chissà da quali mani fatate o forse da quella santa donna della moglie.
La Vespa di Dante
Ma anche il fisico di Dante Ghirighini aveva il suo ruolo di distinzione da tutta la tifoseria che lo circondava in quello spicchio di Curva Sud. Una bella “panza” costruita a dovere grazie a quegli enormi panini che si mangiava fuori dallo stadio poco prima di entrare, accanto alla seconda donna della sua vita: la Vespa.
La Vespa che lo ha accompagnato fino a quella domenica di novembre, si giocava Roma-Reggina, parcheggiata rigorosamente sotto la sua curva, dove un giovane Francesco Totti, Capitano, deponeva un mazzo di fiori in ricordo del mito di tutta una tifoseria.
Daje Roma Daje
A Dante Ghirighini è strettamente legato il grido di “Daje Roma Daje”, quasi fossero le prime parole di una messa recitata a San Pietro dal Papa. Già il Papa, ma questa storia del Papa ve la racconto a fine articolo. Una storia che sarà quasi una chicca per chi lo ha conosciuto solo allo stadio e non tra i tavoli di quelle che un tempo erano bellissime serate conviviali, trascorse in compagnia di qualche calciatore, nelle sale ampie di qualche ristorante di periferia.
Una vita di storie
Di storie sulla sua storica presenza sugli spalti ce ne sono a migliaia, da scriverci uno, due, ma anche tre libri, tre volumi che ogni tifoso romanista dovrebbe avere in casa e leggere di tanto in tanto, la sera prima di una bella partita magari. Libri da leggere per capire come un solo uomo abbia potuto per diversi anni essere icona per la gente della Curva.
Qualsiasi sia stata l’età o il sesso, tutti per Dante e Dante per tutti.
Quelle braccia alzate al cielo, in piedi sul muretto a coordinare cori e cuori per far arrivare il grido d’amore a chi in quegli anni vestiva la maglia giallorossa, a volte neanche un grande campione, ma un tranquillo calciatore baciato dalla fortuna per il privilegio d’indossare quella maglia.
Discorso…discorso!
Poi, proprio come un rito che solitamente rimane nei ricordi di chi lo ha vissuto, ecco il suo primo intervento in voce.
Dopo che tutta la curva aveva incitato lui, il numero uno, con quello scandire a voce grossa: “Discorso…discorso…discorso!”, e lui, che a ripensarci ancora mi vengono i i brividi, iniziava così: “Stamattina pioveva, ora c’è il sole, c’è il sole che saluta la Roma, che è grande e bella e oggi vincerà!…ROMA!”
Direttore d’orchestra senza alcuna bacchetta, a lui bastava un solo gesto per far gridare o zittire un’intera curva. Mitico erano anche quelle parole messe insieme riguardo la città avversaria dove la Roma andava a giocare la partita che racchiudo in quattro parole molto significative, le ultime “Je romperemo er culo!”.
Dante Ghirighini di professione faceva lo spazzino, suo padre era macellaio, anzi macellaro ar banco der mercato Trionfale. Spesso passando da quelle parti capitava di incrociarlo sulla sua vecchia due ruote, il saluto glielo strappavi sempre.
Ma i ricordi vanno oltre lo stadio
Meravigliosi i suoi aneddoti raccontati intorno a un tavolo di ristorante con tutti noi tifosi a circondarlo e, insaziabili di storie, tutti a chiedergli di raccontare e raccontare ancora la sua vita passata in piedi su quel muretto a lui tanto caro.
Le ore passavano in quel ristorante, inesorabili eppure leggere, fino a quando non rimaneva che un solo tavolo da mettere a posto. Ovviamente era quello dove c’era un grande narratore di storia romanista con noi tutti a bocca aperta a seguire parola dopo parola. Che belle quelle cene con il gruppo di Voxson gol con Stefano Antonucci che era il conduttore radiofonico di tutti i pomeriggi. Con lui ho imparato a fare radio.
L’ultima domanda
Verso il calare della notte profonda, quando tutte le luci erano spente e il proprietario del locale era con le chiavi in mano, ecco che Dante, a conclusione di una splendida serata faceva sempre la stessa domanda, e tutti, e noi, per obbligo di copione, facevamo finta di non saper rispondere…
“Ma secondo voi io a chi rassomijio?”
“Boh!” la nostra ormai canonica risposta…
“Guardateme bene…nun sembro Papa Giovanni XXIII?” e così dicendo metteva le braccia in avanti, a vote faceva il saluto con il gesto del segno della croce…Era così convinto che persino la povera moglie lo assecondava e lui rideva, rideva…
Novembre è il mese del suo ricordo
È giusto averlo citato e ricordato. Come tutti i comandanti riposa sul suo campo di battaglia, la curva, giammai sopra un lussuoso baldacchino…
Ciao mitico…e…Daje Roma Daje!