Acqua, freddo, ghiaccio.
Acqua, canoa, tenda.
Acqua, fuoco, caribu.
Acqua, papà, io.
Raccontare certe storie non è facile. Per qualche bizzarro e misterioso motivo ci ricordano un paesaggio, un’emozione, una necessità che conosciamo fin troppo bene. Smuovono qualcosa dentro di noi che pensavamo dimenticato, ma che invece è più vicino di quanto sembri.
La voglia di esplorare e di andare oltre di Chris Lucas è un sentimento che si sente sulla propria pelle.
La consapevolezza fin da bambino che c’è un “oltre” che lo aspetta, che oltre il giardino di casa nella nebbiosa Inghilterra ci sia qualcosa di più grande e affascinante.
Per questo Chris viaggia, fino a quando questo diventa il suo lavoro: un avventuriero professionista, ovvero ciò che tutti i bambini sognano. Tra i sogni che si porta dietro, però ce n’è uno che lo tiene sveglio la notte.
Lo Yukon. Il grande Nord, come viene chiamato.
Un piano semplice
Chris organizza, pianifica, lo vede lo Yukon, gli sembra persino di riuscire a sentirlo.
È così che decide di andare. Deve farlo.
Con lui c’è però un ospite di eccezione: Neill Lucas, suo padre.
Gli anni li hanno fatti allontanare, crescere li ha portati a vedersi sempre meno. Per i due, questa avventura è l’occasione per tornare a viversi. L’occasione per tornare ad essere un “noi”.
Il piano è semplice, essenziale: arrivare sullo Yukon e risalirlo con la canoa. Semplice, non facile. I due devono anzitutto allenarsi, iniziano a farlo vicino casa; la prima necessità è conoscersi, ma non più come famiglia, come esploratori.
Non c’è nessuno per chilometri.
Alberi, azzurro, freddo.
Verde, acqua, orso.
Papà, canoa, io.
2017
Il primo aereo è per Vancouver, il secondo verso il Nord e infine l’idrovolante.
Chris incredulo sospira, lascia che l’aria gelida gli riempia i polmoni.
Neill sgrana gli occhi, anche lui non riesce a credere di essere lì, lontano dalla sua amata Inghilterra.
Tutta l’esperienza viene documentata da Chris che non solo riprende la natura intorno a loro, ma rende il padre protagonista dell’avventura di una vita, una once in a life time adventure.
I primi giorni sono di rodaggio, ma l’allenamento li ha preparati bene.
I Lucas vivono nell’estremo che ribalta i ruoli; è il figlio a dover insegnare al padre qualcosa, è lui che se ne deve prendere cura.
Mentre Chris ha un approccio all’avventura più esperto, Neill ha occhi solo per la meraviglia e si fa sorprendere da tutto, dalla prima notte in tenda sino all’incontro con i caribù.
Il viaggio dei Lucas non è solo acqua, ma anche terra e aria.
Mount Royal si staglia lì alto e fiero. Se arrivare sullo Yukon è incredibile, per Chris vedere il monte è surreale. Davanti a lui c’è qualcosa che davvero pensava non avrebbe mai raggiunto.
Bisogna salire. Bisogna farlo perché altrimenti ci si potrebbe pentire per sempre, non è detto che ci potrà essere una seconda occasione.
Sistemati gli zaini e le provviste lontano dal corso d’acqua e dalla canoa, ha inizio la salita. Il monte si presenta più ripido di quanto non sembrasse visto da sotto.
Padre e figlio salgono, si riprendono mentre la cima si avvicina sempre di più. Chris vorrebbe arrivare fino alla fine, ma la mancanza di attrezzature necessarie e la stanchezza del padre, non gli permette di farlo.
“Prima di tutto la nostra sicurezza, già essere qui è un risultato”, pensa tra sé e sé.
Mentre scendono a valle, Chris guarda verso l’alto, potendo solo immaginare lo spettacolo del panorama da lassù, da dove non è arrivato.
Ma non importa…per vivere un’avventura bisogna anche sapere dove e quando fermarsi.
Riprendono a navigare
Ci si avvicina sempre di più verso il Nord.
Il meteo a questo punto non è particolarmente clemente e i due si trovano a dover fronteggiare neve, pioggia e acqua gelida che bagna i vestiti.
Per due giorni padre e figlio sono preda degli agenti atmosferici, devono combattere la stanchezza e comunque continuare a pagaiare.
Neill sta peggio del figlio, ma non vuole pesargli.
“L’avventura deve continuare, sono qui, pagaio”, pensa.
Incontro con l’orso
Finalmente il sole torna a fare da protagonista sullo Yukon.
Il viaggio riprende senza intoppi.
L’incontro con un giovane orso sul fiume rimette in discussione i rapporti tra i due.
Il padre tira fuori subito il coltello, Chris invece gli spiega di tenersi a distanza e di non far rumore. Tutta la scena viene ripresa, nella voce del figlio trapela l’ansia che lui cerca di dissimulare davanti al padre agitato.
Tutto, però, si risolve senza problemi. Solo un grande spavento.Il fiume ormai per i Lucas non è più solamente un corso d’acqua, è un essere vivo, senziente. Così come tutta la natura circostante. Sono consapevoli di essere solamente ospiti in un quadro molto più grande di loro.
“Siamo nel circolo polare artico. Come è successo?”
“Fa sicuramente più freddo da questa parte”, esclama Neill, mentre abbraccia il figlio alla soglia di quello che sembrava solamente un sogno fino a qualche tempo prima.
Ma così come il viaggio avanza, così iniziano a mancare gli affetti di casa.
Annie, la moglie di Chris, incinta al settimo mese, è il pensiero ricorrente dell’uomo, che si confida alla telecamera “Più il vento ti raffredda il volto, più la pioggia ti bagna i vestiti e più ti manca casa”.
Ma ogni volta che torni a mettere la pagaia nell’acqua, torna anche il senso del viaggio.Si avvicina la fine del percorso, il fiume per accompagnare i Lucas all’uscita regala gli ultimi scorci mozzafiato.
The Yukon assignment
Tutto all’inizio faceva pensare a un viaggio padre-figlio, ma in realtà le cose sono andate diversamente.
Il viaggio ha dato a Chris il senso di ciò che significa essere un “role model” che prima di quanto pensi sta per diventare il centro di una nuova vita.
L’avventura trova sempre il modo per raccontarsi
In questa occasione l’avventura è poi diventata un documentario, The Yukon assignment.
Una storia di avventura, certo, ma giocando sull’assonanza delle parole, più che un documentario sullo Yukon, potrebbe sembrare il tratto di un destino assegnato, segno blu per ricordare qualcosa che sapevano entrambi di dover fare.
L’uno con l’altro. L’uno per l’altro.
Il fiume
Il fiume ormai per i Lucas non è più solamente un corso d’acqua, è un essere vivo, senziente. Così come tutta la natura circostante. Sono consapevoli di essere solamente ospiti in un quadro molto più grande di loro.
Chris parla alla telecamera dello Yukon come se fosse una persona, “Se non andiamo d’accordo, potrebbe tranquillamente mandarci via”. Quello che traspare è un senso di equilibrio, non solo con la wilderness che li accoglie, ma anche tra padre e figlio.
“Siamo nel circolo polare artico. Come è successo?”
“Fa sicuramente più freddo da questa parte”, esclama Neill, mentre abbraccia il figlio alla soglia di quello che sembrava solamente un sogno fino a qualche tempo prima.
Ma così come il viaggio avanza, così iniziano a mancare gli affetti di casa.
Annie, la moglie di Chris, incinta al settimo mese, è il pensiero ricorrente dell’uomo, che si confida alla telecamera “Più il vento ti raffredda il volto, più la pioggia ti bagna i vestiti e più ti manca casa”.
Ma ogni volta che torni a mettere la pagaia nell’acqua, torna anche il senso del viaggio.
Si avvicina la fine del percorso, il fiume per accompagnare i Lucas all’uscita regala gli ultimi scorci mozzafiato.
The Yukon assignment
Tutto all’inizio faceva pensare a un viaggio padre-figlio, ma in realtà le cose sono andate diversamente. Il viaggio ha dato a Chris, ancora più di prima, il senso di ciò che significa essere un “role model” che prima di quanto pensi sta per diventare il centro di una nuova vita.
L’avventura trova sempre il modo per raccontarsi.
In questa occasione l’avventura è poi diventata un documentario, The Yukon assignment. Una storia di avventura, certo, ma giocando sull’assonanza delle parole, più che un documentario sullo Yukon, potrebbe sembrare il tratto di un destino assegnato, segno blu per ricordare qualcosa che sapevano entrambi di dover fare.
L’uno con l’altro. L’uno per l’altro.