La partite non sono mai una uguale all’altra. Ognuna ha la sua storia, i suoi antefatti, le sue scaramanzie.
La partite fuori casa, poi, sono ancora meno uguali di tutte le altre.
La trasferta non è una gita domenicale, la trasferta è passione che si mette in moto, che si organizza, che si fa beffa degli orari. Almeno così era quando le partite si giocavano solo nel dopo pranzo e le partenze per attraversare l’Italia erano quasi sempre all’alba se non prima.
In macchina, in treno o in pullman, tutti a macinare chilometri senza nessuna comodità, perlomeno non come le intendiamo adesso. Aria condizionata, servosterzo, treni veloci, stadi coperti; dimenticate tutto. Se faceva caldo sudavi, se pioveva ti bagnavi, girare il volante di un pullman era come manovrare la macina di un mulino, appena meno per quello di una macchina.
Dimenticate tutto perché noi, oggi, parliamo delle Carovane Azzurre che negli anni ’50 e ’60 hanno portato negli stadi di tutta Italia i tifosi del Napoli.
Le Carovane Azzurre
Più che trasferte, le Carovane Azzurre raccontano storie e stati d’animo irripetibili.
Il tempo passava cantando le assolute certezze di vittoria, alternando beffe e scongiuri, sognando coppe e scudetti da cucire sul petto. Con i finestrini abbassati per far girare l’aria e sventolare bandiere, dormire era un optional; se capitava, era per sbaglio e comunque quasi sempre solo sulla via del ritorno. Mangiare invece era d’obbligo; una volta scesi da treno, pullman o macchina che fosse, non ci sarebbe stato né tempo né voglia. Si mangiava quello che si era portato da casa o quello che passava l’organizzazione dal prezzo tutto compreso.
Di Carovane Azzurre, Riccardo Carbone ne ha fotografate tante e oggi, a distanza di 50 o 60 anni, volti, vestiti, sorrisi, macchine, bandiere e slogan fissati nei suoi scatti ci regalano un tempo disperso.
Vediamolo da vicino allora questo tempo disperso. Vediamolo con le fotografie delle Carovane Azzurre che il 20 ottobre 1957 partono verso Roma.
Quella domenica, all’Olimpico, la Lazio aspetta.
20 ottobre 1957
Nel 1957 il Napoli è quello di Amedeo Amadei. Dopo sei stagioni da attaccante con la maglia azzurra, chiamato per sostituire Monzeglio, Amadei diventa allenatore in corsa il 25 gennaio 1956. Fatta salva una breve interruzione, rimarrà fino al 1961 quando sarà esonerato a due giornate dalla fine del campionato.
Nel 1957 il Napoli è anche quello di Luis Vinicio. Arrivato già da due anni, ma fresco sposo da pochi mesi, O’ Lione con i suoi 21 goal sarà il capocannoniere di un campionato che la squadra finirà al quarto posto.
La Lazio, invece, in quella stagione è una squadra modesta e travagliata. Alterna tre allenatori, lo svedese Arne Selmosson sarà il suo marcatore di punta, ma segnerà appena 9 reti, e finirà il campionato quartultima.
Quella domenica tutto sembra tranne che un’ottobrata romana, ma cielo grigio, spruzzi di pioggia e raffiche di vento che anticipano l’autunno non hanno intimorito i tifosi napoletani. All’Olimpico sono in 20.000.
Cappellino e bandiere d’ordinanza, le fotografe di Riccardo Carbone ce ne restituiscono alcuni in partenza con un treno speciale dell’Enal -Sport Sud, altri mentre bardano una Fiat 1100 R, popolare, ma in versione elegante con quei suoi pneumatici bicolor, e altri ancora che affrontano la trasferta in pullman.
Proprio sul pullman vogliamo soffermarci
Organizzato dall’AC Vittorio Emanuele, quello che sembra essere un bel Fiat da gita turistica (notare la targa interna sulla sinistra del parabrezza), con guida a destra, quattro tergicristalli, parapioggia sui finestrini in questo caso tutti abbassati per far sporgere i tifosi, viaggia per non passare inosservato. Il clamore del tifo lo possiamo immaginare, tanto che sembra quasi sentirlo qui, ora. Ma la bandiera che sporge sulla fiancata – a dire il vero piccolina – con la sua N centrale è poesia estetica quasi quanto lo striscione che campeggia sul muso.
Forza Napoli. Tifosi Sanità così, in una grafia elementare, recita lo striscione caparbiamente serrato con spago annodato tra specchietti retrovisori e parafanghi.
Dentro sia ragazzi che uomini adulti. Più d’uno è in giacca e cravatta e non si sa se sia il vestito della domenica o se sia sempre lo stesso, quello di tutti i giorni, buono per l’ufficio così come per andare allo stadio.
La partita
La partita, però, non va bene. Il Napoli prende 4 goal. Vinicio, dopo un palo alla mezz’ora del primo tempo, segna il goal della bandiera solo a due minuti dalla fine. 4-1 è il punteggio finale. Severo, inequivocabile.
Gli animi si scalderanno e diversi tafferugli si accenderanno fuori dallo stadio, lungo le strade e anche nei pressi della Stazione Termini.
Altro clima, altri animi quelli del ritorno. Meno voglia di cantare forse, ma sicuramente nessuna voglia in meno di vincere e di partire per la prossima partita fuori casa, due settimane dopo.
Magari qualcuno dei ragazzi di allora ancora ricorderà quella domenica, o forse ne avrà raccontato a un figlio o a un nipote prima di andare via per l’ultima trasferta.
Se qualcuno ce ne vorrà parlare, noi ascolteremo.
Per ora, appuntamento alla prossima Carovana Azzurra da raccontare.