Napoli-Juventus non è mai stata e mai sarà una partita qualunque.
Napoli-Juventus più che una partita di calcio è un mondo intero.
Persino la classifica diventa quasi un dettaglio, tali e tante sono le emozioni, le aspettative, i sogni e le rivalse che si riversano in campo in quel momento lungo 90 minuti.
Quello che conta sempre veramente in Napoli-Juventus non è la classifica però, ma il risultato capace persino di riscattare l’umore di un’intera stagione.
E anche il campo di calcio come luogo della partita è sempre stato un perimetro convenzionale, ma sensibilmente falsato perché Napoli-Juventus è sempre giocata non solo dai calciatori in campo, ma da una comunità emotiva vasta di cui i calciatori sono parte essenziale, ma non unica.
Proprio così andò il 20 aprile del 1958.
Nel 1958 Napoli è un cantiere.
La ricostruzione procedeva a rilento, ma la città respirava profondamente e provava ad arrangiare il futuro.
La televisione era arrivata da quattro anni; ancora a casa di pochi, era generalmente fruita come bene collettivo in bar e ritrovi.
Rigorosamente in bianco e nero il calcio faceva capolino dai piccoli grandi schermi armati di immenso tubo catodico posteriore, oppure nei resoconti della Settimana Incom, rotocalco che accompagnava le proiezioni cinematografiche con notizie di attualità varia, dalla cronaca nera allo sport.
In questa Italia andare allo Stadio era anche un’esperienza cromatica. Il manto verde del campo, i coloratissimi cartelloni pubblicitari, i puntini di decine di migliaia di spettatori ognuno vestito del suo colore; tutto contribuiva a fare dello stadio un luogo liturgico dove, nei 90 minuti in cui veniva officiato il rito, il tempo si fermava.
20 aprile del 1958
Il tifo napoletano attendeva Napoli-Juventus con grande trepidazione. Attendeva da giorni, probabilmente anche dalla partita di andata, vinta a Torino per 3 a 1.
La comunità emotiva si era mossa per tempo. Affatto intimorite da una pioggia leggera, fiumi di persone avevano iniziato presto a sciamare verso il Vomero.
Quelli con i biglietti si sarebbero stipati sugli spalti, pigiati contro la rete di bordo campo e alcuni sarebbero stati lasciati andare persino oltre, quasi fino alla linea di fondo campo neanche il Vomero fosse l’Old Trafford.
Di quelli senza biglietti, qualcuno sarebbe riuscito a entrare comunque, e più d’uno avrebbe usato come strapuntino l’impalcatura di uno degli enormi cartelloni pubblicitari che capeggiavano sopra le tribune.
Altri ancora avevano invece rinunciato allo stadio preferendo farsi corona umana dello spettacolo, assiepati come erano su balconi e tetti dei palazzi circostanti.
E tutto questo già da ore prima del fischio d’inizio.
Il Napoli in campo
Non andava per nulla male il Napoli quell’anno. Il 21 novembre 1957, nella partita di andata, aveva steso la Juventus con goal di Vinicio, Novelli e Di Giacomo. Tanta l’attesa e tanta la sfida, quindi.
Il Napoli in campo era quello di Achille Lauro, l’uomo che a Napoli è stato tutto e più di tutto: armatore, presidente della società, sindaco, idolo, capopopolo.
Ma era anche il Napoli di Amedeo Amadei, che dopo averne vestito la maglia per sei anni giocando 171 partite e segnando 47 goal, lo allenerà per altri cinque.
E naturalmente era il Napoli di due grandissimi.
Luis Vinicio, O’ Lione, brasiliano arrivato al Napoli nel 1955, ma che per chissà quale miracolo divino Napoli doveva averla avuta nel sangue anche prima della nascita.
Bruno Peasola, argentino, anche lui napoletano elettivo che al Napoli avrebbe dato tanto da calciatore e da allenatore, in un destino quasi fotocopia con quello di Vinicio.
La Juventus dei calibri da 90.
La Juventus era comunque fortissima.
In campo c’era il gallese John Charles, noto al secolo come King John, autore dell’unico goal juventino all’andata.
L’argentino Omar Sivori, uno degli angeli con la faccia sporca, un piccoletto che avrebbe cambiato il calcio italiano e avrebbe concluso la carriera da calciatore proprio con il Napoli.
L’italianissimo Giampiero Boniperti, uomo Juventus a tutto tondo che con la sua lunga vita da calciatore e dirigente diventerà icona dell’intero calcio italiano.
L’arbitro e il cronista
Tra i protagonisti di quella giornata dobbiamo ricordarne altri due, di cui uno è ben restituito nella foto di Riccardo Carbone.
Nando Martellini, campione della parola e del calcio raccontato, signore del giornalismo, affabulatore del microfono che vediamo colto nella sua postazione a bordo campo. Racconta la partita a vista Martellini, senza statistiche pronte sui respiri dei giocatori da snocciolare nei momenti di buco, senza replay, senza telecamere indiscrete. Solo parole con la loro forza. Quanti ne sarebbero capaci oggi?
L’altro è Concetto Lo Bello, arbitro elegante e campione a tutti effetti anche lui. Anzi, campione come pochi, forte di uno stile e una personalità che farebbero gran bene al calcio di oggi.
Non una partita, un’epopea.
Sette goal, capovolgimenti di fronte, tre volte in vantaggio il Napoli, tre volte raggiunto.
Quarto minuto, il fischio, qualche passaggio e Vinicio segna. Due minuti e il pareggio è opera di Elio Greco che buca la porta del Napoli, peccato che sia la sua.
Neanche venti minuti dopo Luigi Brugola riporta in vantaggio i partenopei.
All’inizio del secondo tempo il Napoli tiene per meno di un quarto d’ora; Gino Stacchini riporta la Juventus in parità.
Il pareggio non lo vuole nessuno però. Ci pensa Vinicio al 77′, doppietta e Napoli di nuovo in vantaggio.
Ma se alla Juventus non andava bene pareggiare, figuriamoci perdere. È assedio. Nove minuti dopo, all’86’, Antonio Montico segna ed è di nuovo parità.
Palla al centro, fischio, palla avanti, tutti avanti, tutto il Napoli avanti, il Vomero preme sul campo, cuori, grida e sudore, mischia in area Juventus, si lotta.
120 secondi e Gino Bertucco centrocampista onesto e solido, ma non un piede speciale, vive il minuto della sua vita: è l’88’ quando su respinta corta rompe la mischia e segna.
È il quarto goal del Napoli. Poi finisce il tempo.
Il Vomero viene giù
Non lo stadio, ma tutta la comunità emotiva che ha giocato Napoli-Juventus in campo e fuori, sulle tribune e sui tetti.
L’invasione di campo è gioia allo stato puro.
La partita è vinta, una sola partita che vale quanto tutto il resto, quanto quello che si è vinto e quello che si è perso.
Una partita che le foto di Riccardo Carbone non ci fanno solo vedere, ci fanno sentire.
La Juventus vincerà il campionato, il Napoli finirà quarto, ma quella partita, quella vittoria, molti tifosi napoletani la ricordano ancora come bellissima.
Una partita che è riuscita nel miracolo di fermare il tempo.
Il resto è solo cronaca.