Nel Maggio del 1965 ero Tenente di Vascello, in Comando della Corvetta “Sibilla”, ferma per una settimana all’Arsenale di Taranto per lavori di piccola manutenzione. Quando la nave è ai lavori il Comandante è abbastanza libero. Così non mi parve vero di aver ricevuto l’invito di imbarcarmi sul Vespucci dal suo Comandante, al quale ero andato a far visita: il Capitano di Vascello Agostino Straulino.
La nave, che era giunta il giorno prima durante la pre crociera con gli Allievi Nocchieri, cioè con equipaggio ridotto visto che gli Allievi Ufficiali imbarcano a luglio dopo gli esami di fine anno accademico, salpava l’indomani per Brindisi, dove sarei sbarcato.
Sul Vespucci
Alle otto in punto salivo sul barcarizzo del Vespucci, ormeggiato alla banchina torpediniere in Mar Piccolo. C’era già un gran trambusto a bordo per i preparativi: in particolare il Nostromo era indaffaratissimo con un’ancora di speranza rizzata da sempre al coronamento, che il Comandante aveva voluto pronta ad essere data fondo, con un grosso cavo torticcio ben abbisciato sul cassero, ciò che mi meravigliò non poco.
Soffiava una forte e gelida tramontana che credo sfiorasse i trenta nodi. Mentre pensavo a cosa mai il Comandante volesse fare con quell’ancora, di colpo mi si accese il lampadino: ma certo, con quel vento che spirava dritto in poppa in uscita dal Mar Piccolo, Agostino Straulino non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di attraversare il canale navigabile a vele spiegate! E un’ancora data fondo di poppa poteva servire nel caso qualcosa non fosse andata come previsto.
La sfida di Straulino
Me lo confermò subito dopo egli stesso, quando lo incontrai in Sala Consiglio, dove era apparecchiato per la prima colazione, alla quale mi invitò a fargli compagnia. Aveva un suo piano studiato nei minimi particolari, che volle confidarmi, cosa di cui mi sentii molto onorato: era la conferma che gli stavo “simpatico”, per usare il suo aggettivo preferito, il cui significato andava ben oltre a quello comunemente noto.
Non credetti poi alle mie orecchie quando mi comunicò senza mezzi termini che l’ufficiale di Guardia durante la prima parte della navigazione sarei stato io! Rimasi senza parole per un po’, poi lo ringraziai impacciato. Non ero pronto ad un incarico del genere. Presi a ripassare mentalmente gli ordini che bisogna saper dare per governare un veliero stracarico di manovre correnti, cercando di ricordare ciò che avevo appreso da Allievo e da Aspirante Guardiamarina nel corso di tre campagne addestrative su quella nave, una decina d’anni prima.
Ricordi da Aspirante Guardiamarina
Per fortuna quelle tre crociere erano state per me il coronamento della passione per la vela e la marineria che mi aveva spinto ad entrare in Accademia, così non mi ci volle molto per tranquillizzarmi: durante quegli imbarchi avevo studiato profondamente tutte le manovre che mi tornarono alla mente con chiarezza.
Mi rividi quando, da Aspirante Guardiamarina, fui chiamato sul Cassero per comandare un viramento di bordo in prora, la manovra più impegnativa su un veliero a vele quadre, che il Vespucci in particolare non ne voleva sapere di eseguire. Quando andava bene, una volta su dieci, riusciva a portare la prora al vento e allora, con tutte le vele del trinchetto a collo, cominciava a retrocedere. Se a quel punto la barra era già scontrata, e le vele della maestra e della mezzana erano state controbracciate al momento giusto, il viramento riusciva. Incredibile ma vero, mi riuscì!
Alla manovra!
Con molto anticipo sull’orario di apertura del ponte girevole, venne battuto il posto di manovra. Furono mollati i cavi d’ormeggio di poppa e si iniziò a virare l’argano per salpare l’ancora che tuttavia risultò incattivata. Il Comandante Straulino aveva evidentemente previsto anche questa evenienza, ecco perché aveva cominciato le operazioni con tanto anticipo. Dovettero intervenire i palombari per mettere in chiaro l’ancora, ci volle un’ora buona.
Mancava ancora più di mezz’ora all’apertura del ponte quando, finalmente liberi, ci portammo a motore più sopravento possibile, a qualche decina di metri dalle colture dei mitili di cui il Mar Piccolo abbonda. Venne battuto il posto di manovra alla vela e in men che non si dica i gabbieri salirono a riva su per le griselle del trinchetto e mollarono i gerli di tutte le vele, dal controvelaccino al trevo. La nave era così pronta ad essere invelata all’ordine, e si presenta perfettamente allineata col canale navigabile.
Il ponte era ancora chiuso
Con le vele del trinchetto imbrogliate ci si avvicinava a quattro nodi, in 10 minuti saremmo stati lì…E se fosse rimasto chiuso? Ce l’avrebbe fatta l’ancora di speranza preparata a poppa a fermare le 4.000 tonnellate del Vespucci? Ma ecco che il ponte cominciò ad aprirsi.
In quel preciso momento il Comandante ordinò di mollare gli imbrogli e cazzare le scotte delle vele del trinchetto, che furono bordate tutte insieme in non più di 15 secondi, con i pennoni in croce. Contemporaneamente vennero alzate quattro bandiere del codice internazionale che vogliono dire “ho le macchine in avaria”! E sì, perché il transito a vela per il canale navigabile e vietato anche a un dinghy, figuriamoci al Vespucci!
Con la tramontana che soffiava forte non ci volle molto perché la nave si abbrivasse fino a otto nodi. Con nostra meraviglia, appena il ponte fu aperto completamente, dal castello arrivò a lampi di luce messaggio “accelerate la vostra manovra“!
Può darsi che fosse uno scherzo, ma Straulino andò su tutte a furie…
La gente in festa
Non passarono più di cinque minuti ed eravamo nel canale navigabile, con i pennoni più bassi che sovrastavano le due strade gremite di gente festante, tutte le vele del trinchetto piene da scoppiare, i baffi sotto i masconi: doveva essere uno spettacolo fantastico il Vespucci visto da terra!
Al balcone dell’Ammiragliato, sulla sinistra verso la fine del transito attraverso il canale navigabile l’Ammiraglio salutava entusiasta. Rispondemmo al saluto ed eravamo già in Mar Grande, mentre il ponte si richiudeva dietro di noi.
Tocca a me!
Continuammo così, in fil di ruota sotto il solo trinchetto completamente invelato fino alle ostruzioni del Mar Grande, superate le quali il Comandante mi affidò la nave, come mi aveva preannunciato.
Venni all’orza, accostando a sinistra, in rotta per costeggiare il Salento fino a Santa Maria di Leuca, facendo al contempo bracciare i pennoni e bordando prima le gabbie e il trevo di maestra, poi anche il velaccio, ma tenni il controvelaccio e le vele della mezzana serrate, ricordando la forte tendenza orziera del Vespucci a quell’andatura. Avevo fatto alzare la trinchetta, il fiocco, il gran fiocco e il controfiocco, e la nave governava con la barra al centro. La fiamma in testa d’albero di maestra indicava il vento esattamente al traverso, il Vespucci era ben inclinato, con gli oblò più bassi di sottovento chiusi perché andavano sott’acqua. La velocità era salita a 9,5 nodi. Mi dispiacque quando venne a rilevarmi il Tenente di Vascello preposto ai marinai, sarei rimasto a godermi lo spettacolo sul banco di quarto di sopravento per tutta la notte…
La sera con Straulino
Cenai col Comandante che si congratulò con me per come avevo svolto il servizio di Ufficiale di Guardia, cosa che naturalmente mi fece molto piacere: Straulino non era tipo da congratularsi tanto facilmente! Dopo cena salimmo sul cassero. Il vento e l’andatura erano immutati, la costa salentina illuminata era ancora in vista, a una decina di miglia sopravento. Rimasi sul cassero fino all’una di notte, quando il Comandante si ritirò nella sua cabina. Andai anch’io a “mettere le ossa per chiglia”, ma non riuscivo a prendere sonno, eccitato come ero dai fantastici avvenimenti della giornata. Alle prime luci salii in coperta e vidi subito che Straulino era sul cassero che dava ordini: eravamo a Santa Maria di Leuca e stavamo orzando e bracciando “alla marca” per l’andatura di bolina.
Di Maestrale
Il vento era girato a Maestrale ed era un po’ diminuito di forza, ma venti nodi c’erano tutti e la nave, ora completamente invelata, procedeva a otto nodi e ancora più sbandata. Continuammo sul bordo con le mure a sinistra per quattro ore, virammo di bordo e, al termine del secondo bordo avevamo guadagnato 12 miglia. Pochine, su un percorso di oltre 60 miglia, ma onestamente io nelle tre crociere fatte ai tempi dell’Accademia non avevo mai visto il Vespucci guadagnare neppure un miglio contro vento…e soltanto due volte lo avevo visto virare di bordo.
Il perché è presto detto: Straulino lo teneva invelato al massimo, mentre in genere di bolina, appena l’inclinazione raggiunge gli 8 gradi si cominciano a imbrogliare i velacci e i controvelacci. Il vento calò ancora d’intensità e, dovendo raggiungere Brindisi in giornata, dovemmo rinunciare a bordeggiare e procedemmo a motore. Entrammo nell’avamporto prima del tramonto, ormeggiandoci a una boa, con una manovra da manuale.
La bella avventura per me era finita, ma sarebbe rimasta vividamente impressa nella mia memoria.
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L’articolo è apparso per la prima volta sul Notiziario n.19/2014 del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale Italiana