La sabbia segnata dalle ruote delle auto, la cinepresa che registra senza sosta, le risate.
Il 28 ottobre 1924 i diciassette partecipanti alla Croisière Noire, una delle grandi imprese motoristiche di questo primo scorcio di secolo, vivono un fremito comune. Partono con l’ardimento di chi è capace di inseguire i sogni, torneranno con così tante storie da raccontare da poterci riempire pagine e pellicole.
Demiurgo dell’avventura è André Citroën, cognome che non lascia dubbi su chi sia. Il fatto, però, è che lui è un uomo fuori dal comune.
André Citroën
Infanzia segnata dalla tragica scomparsa del padre, suicida per il fallimento delle sue attività quando lui aveva appena sei anni, André i conti con la vita inizia a farli subito. Intelligenza vivace, legge con avidità avventure e futuro immaginato da Jules Verne e rimane presto affascinato dalle suggestioni della modernità che si annuncia dirompente.
Un singolare gioco del destino gli farà conoscere a scuola Louis Renault, più grande di lui di solo un anno.
Nel 1898 è all’Ecole Polytechnique, l’anno seguente perde la mamma e i suoi studi rallentano. Alle automobili André arriverà nel 1919, dopo aver fatto la trincea e aperto uno stabilimento per la fabbricazione di granate. In tempo di guerra, oro.
Finita la guerra André deve convertire la produzione. Il futuro l’ha sempre maneggiato e il futuro, per lui, si chiama automobile. L’esito lo vediamo in strada ogni giorno.
Non solo industriale di visione illuminata – nelle sue fabbriche ci sono mensa, sala giochi e infermeria -, André è anche un grande comunicatore. Fa pubblicità su giornali e riviste, ma s’inventa anche di ridurre in scala i suoi modelli di automobile per far giocare i bambini e avere il suo marchio esposto nelle vetrine dei negozi. Grande scalpore farà poi la scritta Citroën tracciata da un aereo sul cielo di Parigi nell’ottobre del 1922.
Ma non basta. Arrivano le crociere, raid automobilistici che attraversano terre dai nomi evocativi e dal sapore esotico, nomi che scatenano brividi di avventura.
Dal 17 dicembre 1922 al 7 gennaio 1923, 10 uomini e un cane attraverso il Sahara sui cingolati Citroën B2 Type. È solo l’inizio.
Jules Verne ha senza dubbio lasciato un segno profondo e il meglio deve ancora arrivare.
Gli avventurieri della Croisière Noire
André Citroën ha quindi deciso di promuovere ulteriormente il suo marchio automobilistico e vuole farlo con qualcosa di speciale, qualcosa che faccia parlare tutti. Qualcosa mai fatto prima. È così che decide di organizzare una spedizione in Africa e di far tracciare per primo un percorso automobilistico che tagli tutto il continente da nord a sud.
André mette insieme un drappello di personaggi diversi tra loro, ognuno utile all’altro e tutti necessari al buon esito della spedizione, che non è solo quello avventuroso del raid o del tracciare il percorso, ma è tutta la narrazione che questo si porta dietro.
A capo dell’inusuale gruppo di avventurieri c’è Georges-Marie Hardt, napoletano di genitori belgi, amico, suo fidato collaboratore già da anni, nella Grande Guerra con le truppe corazzate e quindi esperienza di veicoli con i cingoli. Louis Audouin-Dubreil decorato in trincea, poi aviatore e infine ufficiale meharista con esperienza di deserto, lo affianca come vice.
Tra gli altri ci sono il geologo Charles Brull, il medico Eugéne Bergognier, il pittore Alexandre Iacovleff, il meccanico Maurice Penand, ma ci sono anche il regista Lèon Poirier e il suo operatore Georges Specht.
Una scelta che si rivelerà quanto mai indovinata.
Se gli uomini da coinvolgere nella spedizione non possono essere ordinari, certamente non possono esserlo neanche le vetture e, ovviamente, André Citroën le ha.
I 17 della spedizione avranno a disposizione 8 semicingolati, costruiti su brevetto di Adolphe Kegresse, altro tipo dalla vita avventurosa. Ingegnere che aveva progettato automobili per lo Zar, allo scoppio della rivoluzione Kegresse fu costretto alla fuga riuscendo a portare con sé soltanto i disegni dei suoi ultimi progetti.
Disegni acquistati dalla Citroën e da cui nascono le vetture impiegate per la croisière noire.
La Croisière Noire
I 17 si ritrovano a Béchar, oasi algerina alle porte del grande Erg Occidentale, con l’intenzione di dirigersi verso sud lungo l’Audi Saoura.
Gli otto cingolati fanno impressione: oltre mille chili di peso, motore a benzina con serbatoi da 300 litri, oltre quattro metri di lunghezza e fino a 40 km/h la velocità massima.
La partenza il 28 ottobre. Nei primi 3 mesi il gruppo unito attraversa l’Algeria, il Niger, il Ciad e il Congo belga. Il 14 dicembre sono sulle sponde del lago Ciad e quindi, sempre percorrendo terre coloniali francese, arrivano al lago Vittoria.
Le Citroën rispondono a tutte le aspettative, affrontano e superano con successo deserti, paludi, foreste pluviali e savana.
Alla tappa del Lago Vittoria la spedizione cambia configurazione; si formano quattro gruppi, ognuno con un diverso itinerario da esplorare. Louis Audonin-Dubreuil è a capo del primo gruppo e si dirige verso l’Oceano Indiano passando per il Kenya.
Il secondo gruppo è guidato da Benettenbourg, che si dirige verso Dar es Salaam, davanti a Zanzibar.
Charles Brull capitana il terzo gruppo e affronta tutta la traversata dell’Africa meridionale fino a Città del Capo, valicando il lago Tanganica e il grande deserto del Kalahari.
L’ultimo gruppo, guidato da Georges-Marie Haardt si spinge al Sud, verso il lago Niassa per toccare Blantyre ed arrivare poi in Mozambico.
Uomini nuovi
Il 26 Giugno 1925, ovvero 242 giorni dopo la partenza da Béchar, i quattro gruppi si riuniscono in Madagascar.
Gli uomini che si ritrovano su quelle spiagge africane non sono gli stessi di quando erano partiti. Con 28.000 chilometri sulle spalle, tutti sono ormai esploratori di terre sconosciute e portatori di storie che nessuno prima di allora aveva mai potuto raccontare.
Ora loro sono gli avventurieri della Croisière Noire, una delle grandi esplorazioni del secolo.
Ritorno a Parigi
È ormai autunno quando il gruppo rientra in Francia. Al seguito, un patrimonio iconografico e culturale immenso: 400 tra tavole botaniche e dipinti, campioni di oltre 300 mammiferi, 800 uccelli e 1.500 insetti. Non ultime anche 6.000 fotografie e 27 km di pellicola. Un repertorio che dall’ottobre al dicembre del 1926 sarà esposto al Pavillon de Marsan del Louvre.
Il 2 marzo 1926, invece, uscirà nei teatri il lungometraggio che Leon Poirier aveva ricavato dai 27 chilometri di pellicola girata. Naturalmente sarà un successo.
Agli avventurieri della Croisière Noire Parigi riserva un’accoglienza trionfale e ovviamente i nostri sono contesi da tutti i salotti e i circoli della città, ognuno pronto a tributargli festa grande.
Alla prossima avventura
La felicità di avere osato quello che sembrava impossibile è contagiosa, ma in uno dei ricevimenti in loro onore, mentre tutti sono intenti a raccontare e a raccontarsi nelle mille storie vissute, qualcuno rimane abbastanza in disparte, silenzioso, quasi come se fosse estraneo a quello che gli accadeva intorno.
Dieci mesi prima aveva dato fuoco alle polveri, ma quella sera lo sguardo di André Citroën vaga altrove.
Solo lui sa dove. Quel dove sarebbe stata un’altra grande avventura.
La prossima croisière inizia già a prendere forma.