Kenichi Horie da sempre sente il canto di una Sirena che lo chiama a sé. Da quando è nato, l’8 settembre 1938, nel distretto di Osaka, in Giappone, sente la melodia della mitica creatura che incanta i marinai. È lei che gli dice di seguirla e di andare per mare perché quello è il suo posto. O meglio, è il loro posto.
Nella migliore tradizione, Kenichi non resiste, il mare chiama e lui non può che rispondere. Ha solo 16 anni quando si iscrive al club nautico e trova tempo per allenarsi. Lo fa ogni giorno a volte, anche per dieci ore al giorno, scorticandosi le mani con le cime e bruciandosi la pelle con vento e sole, ma poco importa, la Sirena continua il suo canto. La Sirena, però, non canta per tutti. In famiglia nessun altro la sente. Il padre era un commerciante di ricambi per auto, ed è proprio nel suo negozio che, dal 1957, andrà a lavorare anche lui. I suoi primi soldi messi diligentemente da parte li guadagna così.
Un’idea in testa
Il piano iniziale è comprare una barca insieme agli amici. La Sirena però lo lavora ai fianchi, non smette di cantare e quello che gli dice è un po’ diverso. Kenichi lascia il negozio del padre e va a lavorare in un’agenzia di viaggi. Non è un caso. Lì può consultare mappe e avere facilmente tutta una serie di informazioni utili, ad esempio per visti e documenti. Utili per cosa? Naturalmente per il suo piano che, nel frattempo, è leggermente cambiato, ma ben chiaro in mente. Kenichi ha deciso che andrà in mare da solo. Il suo disegno si chiama traversata solitaria dalla baia di Osaka fino a San Francisco, cinquemila miglia ed oltre.
Solo, ma forse non del tutto perché la Sirena sarà con lui.
Un aiuto costante
Decise di acquistare una barca modello Kingfisher, un guscio cabinato di poco più di sei metri per il quale chiese al cantiere di montare un albero più basso e forte. Altra modifica che chiese fu di cambiare il numero di identificazione del progetto, non il numero 4 che era stato preassegnato, ma 5. Il motivo? quattro in giapponese si pronuncia “shi”, che però significa anche “morte”. Scaramanzia e prudenza in mare non guastano. Poi ci sono i segni, quelli che arrivano non richiesti. Una ditta tessile del luogo gli regalò le vele adornate dal loro simbolo: una Sirena.
Kenichi capì. Quando si trattò di dare un nome alla barca, Kenichi non poté fare a meno di ringraziare la sua compagna e musa dando alla barca il suo nome: Mermaid.
Quello che ancora mancava erano il passaporto e il visto americano. Al tempo per un giapponese ottenerli era estremamente difficile, ma ci vuole altro per fermare un sogno. Kenichi Horie avrebbe viaggiato da clandestino, sperando di incontrare quante meno imbarcazioni possibili.
“Kodoku”, la solitudine
La preparazione delle provviste e della rotta da seguire facevano eco i rimproveri del padre, “Mobiliterò la guardia costiera!”, gli ripeteva, ma Kenichi intanto sceglieva quale libro portare come compagno di avventura.
Il 12 Maggio 1962, sicuramente ascoltando un qualche suggerimento della Sirena noto solo a lui, Kenichi molla gli ormeggi. Il padre è lontano per lavoro e non lo può fermare. Alla madre e alla sorella lascia solo detto “Per i primi 120 giorni non preoccupatevi per me”.
Nei primi 10 giorni sfiorò le isole dell’arcipelago giapponese, ma dopo fu solo mare aperto. Dopo ha raccontato che nel corso della navigazione, pur avendo dovuto tenere a bada dodici tempeste, lo scoglio più difficile da superare erano i “salvataggi” forzati. Infatti chiunque lo avvistava pensava che il ragazzo fosse in difficoltà e si prodigava per salvarlo.
Il 21 Giugno, Konichi e la sua Sirena superano l’antimeridiano, dove avviene il cambio dell’ora, la meta inizia ad avvicinarsi. L’8 luglio la notte si illumina di un colore rossastro, il giovane pensa subito ad un’esplosione nucleare, ed in effetti poco distante c’era stato un test in prossimità dell’isola Johnston. Ma è il 24 dello stesso mese che davvero sente di potercela fare: la Sirena incontra il piroscafo per passeggeri americano “Pioneer Minx”. Spenti i motori, capitano, equipaggio e chi dei passeggeri è riuscito a farsi largo, si affacciano dalla murata e lanciano domande verso quel singolare ragazzo da solo in mezzo all’oceano.
“Vuoi viveri o sigarette?”
“No, solo un’indicazione: quanto dista San Francisco?”.
“Hai il passaporto?”
“Per fare cosa?”
“Per sbarcare!”
“Io vado avanti!”
“Fate sì che i vostri sogni non restino solo tali, abbiate un obiettivo e applicatevi per raggiungerlo. Non potrà che attendervi una vita meravigliosa”
È il 12 agosto 1962, la città è già sveglia e risplende come non mai. Se per molti sarà una giornata qualunque, ma per Kenichi Horie quello è il giorno in cui il suo nome passa alla storia. Sotto il Golden Gate infatti c’è una barca in più, batte bandiera giapponese vicino a quella con il segnale marinaresco che richiede libero accesso al porto.
A tre mesi esatti dalla partenza, Kenichi Horie è il più giovane marinaio ad aver completato questa impresa in solitaria.
Gli Stati Uniti accolgono Kenichi con grandi celebrazioni, il consolato giapponese riesce a fargli fare un passaporto molto velocemente, il fatto che avesse viaggiato come clandestino era passato in secondo piano. Il rientro a casa fu in aereo, un volo di tredici ore: sicuramente più veloce dei novantadue giorni in mare, ma a Kenichi era piaciuta di più l’andata.
Dal finestrino guarda quella distesa blu che ormai conosce così bene. Non riesce a non chiedersi come abbia fatto a superare le difficoltà di quel viaggio e soprattutto cosa lo attenderà adesso. Parla alla sua Sirena, chiede consiglio e le chiede anche di continuare a guidarlo. Lei risponde, sussurra e gtraccia la via. “Il tuo viaggio è appena iniziato”. Così gli dice.
Una vita degna di essere vissuta
È così che Kenichi e la Sirena hanno continuato ad esplorare, affamati di conoscenza e voglia di vivere.
Nel 1974 Kenichi ha completato il giro del Mondo senza scalo, nel 1989 ha attraversato il Pacifico su un’imbarcazione di 2,8 metri e poi nel 1992 ha sorpreso tutti percorrendo la distanza Hawaii-Okinawa su una barca a pedali. Dal 1996 la sua missione è stata quella di trovare una modalità ecologica e sostenibile per i suoi viaggi, utilizzando imbarcazioni create con materiali riciclati o sostenute da energie rinnovabili. La traversata dal Giappone all’Ecuador ad esempio è stata affrontata su una barca assistita solo da energia solare, mentre quella del Pacifico con un’imbarcazione creata con botti di whisky e lattine di alluminio. Del 2022 la sua ultima spedizione memorabile. Alla tenera età di 84 anni, in due mesi completa la rotta da San Francisco a Nishinomiya e diventa l’uomo più anziano ad aver affrontato un viaggio del genere in solitaria e senza stop.
“Non mangio e non bevo troppo”
A chi gli chiede quale sia il suo segreto, così risponde Kenichi. Il tutto, ovviamente, aiutato dalla fiducia nelle sue capacità e dalla sua confidente Sirena. Kenichi Horie è riuscito ancora una volta a dimostrare che i limiti sono solo quelli che ci imponiamo da soli e, non pago di questo, ha poi candidamente ammesso di voler continuare ad andare per mare anche quando avrà 100 anni.
La Sirena non può fare altro che schiarirsi la voce: non è il momento di smettere di cantare.