L’aria mi accoglie con il suo possente abbraccio, come una madre che ti stringe al petto, familiare e rasserenante. Una sensazione di caldo o di gelo, che vaga ondivaga, da una stagione all’altra. Ogni volta che, con gli altri paracadutisti, mi trovo imbragato dentro il mio paracadute nell’aereo che è salito alla quota di lancio, prima di saltare, mi sovviene una sensazione di calma che mi avvolge e imbavaglia tutte le mie emozioni. È difficile credere che questa serenità sia arrivata dopo anni di caos, di battiti accelerati e di nervi tesi. Ogni salto è stato un passo verso l’ignoto, ma anche un passo verso la comprensione di me stesso. Dopo oltre 900 lanci, finalmente posso dire che il paracadutismo non è solo una questione di tecnica, ma anche di equilibrio interiore, di comprensione di molteplici sensazioni esterne e dell’anima.
Ricordo ancora il primo lancio
La paura era la protagonista indiscussa e non riuscivo quasi a sentire il mio respiro. Le mani tremavano e la mente correva veloce, aggrappandosi a ogni pensiero che mi attraversava la testa. La paura di non farcela, di perdere il controllo, di non sapere cosa fare. Ma c’era anche qualcosa di misterioso nell’aria, qualcosa che mi spingeva a saltare comunque. Non era solo la spinta dell’adrenalina, ma la sensazione che, al di là della paura, ci fosse una libertà sconfinata che mi chiamava. In quel momento, sapevo che non sarei mai più stato lo stesso.
La filosofia del tandem
Sorrido nel ricordare, le immagini dei tanti paracadutisti del mordi e fuggi, saliti in decollo assieme, che per una volta vogliono essere paracadutisti e si cimentano nel lancio tandem, imbragati ad un paracadutista abilitato a portarli in caduta libera. Una tecnica, che vorrebbe avvicinare la gente al paracadutismo, ma solo una infinitesima parte di loro si iscriverà al corso “AFF-Accelerate Free Fall” per prendere il brevetto e dedicarsi a questo sport; soprattutto perché è una disciplina costosissima ed in Italia, contrariamente ad altri paesi come la Gran Bretagna, che supporta economicamente gli studenti che abbracciano il paracadutismo, qui ti devi arrangiare e importi enormi sacrifici finanziari. La loro esperienza una tantum, se non adeguatamente finalizzata, lascia solo il ricordo delle foto e del filmato, che viene realizzato dal video-man che segue il lancio. Per dare struttura a quella unica esperienza, ho organizzato per un Master universitario, un Team Building, con una psicologa, che ha sviscerato ai partecipanti le problematiche connesse allo stress, l’ansia e alla paura in tutte le sue forme, suggerendo come gestirle e loro hanno poi affrontato l’esperienza del lancio tandem, con piena coscienza di ciò che facevano, traendo insegnamenti che saranno utili nei momenti difficili che la vita a volte riserva; eventi in cui è fondamentale controllare le proprie reazioni e gestire le proprie paure. Hanno affrontato il loro primo volo sorridendo e mediante quell’esperienza, hanno rafforzato la personale abilità di domare le emozioni. Un Team Building da tutti entusiasticamente valutato utilissimo, che si potrebbe reiterare in altre Università o all’interno dei gruppi dirigenziali di grandi aziende, che costringono i propri manager ad affrontare ponti tibetani o arrampicate in ferrata, sperando di affinare le loro attitudini al comando.
Ogni lancio successivo è stato una sfida, ma anche una lezione
Mi sono cimentato in diverse discipline quali Free Fall, Atmo, Traking, ma quella nella quale ho trovato la mia dimensione è stato il “Relative Work – RW”, iniziando a saltare in formazione a 2 e 4, e poi in formazioni sempre più grandi e complesse, a 8, 12, 16-way fino ad arrivare alla 20 way da 2 aerei affiancati.
In ogni salto, la tecnica doveva essere perfetta, ogni movimento coordinato, ogni gesto pensato in funzione degli altri. La prima volta che mi sono trovato a volare in una formazione a 20, ho sentito la tensione nell’aria, l’ho annusata, ingerita, fatta mia. Ogni piccolo errore poteva compromettere l’intera formazione, e non solo io potevo sbagliare! In quelle situazioni ti devi fidare di chi ti volerà accanto e pensare che tutti daranno il meglio. Si crea una connessione, un legame invisibile tra di noi che saltiamo assieme, che va oltre la tecnica. É la fiducia, la consapevolezza che, nonostante le difficoltà, siamo lì insieme, in quel momento, nel cielo, liberi come aquile, felici come bambini che seguono il loro aquilone.
Non è stato facile
Ogni salto mi metteva alla prova, ma è stato con il tempo e tanti lanci che ho imparato a gestire le emozioni. Quando il battito del cuore accelera, non è più la paura a guidarmi, ma la consapevolezza. La consapevolezza che il controllo non giunge dalla lotta contro le emozioni, ma dalla loro comprensione e accettazione. Penso che la paura non sparirà, ma ora non è più una mia nemica da combattere, è diventata una confidente, appollaiata in qualche parte della mente, che mi mantiene vigile, mi ricorda in un istante quali sono le regole da non infrangere; è diventata una sorta di “cruisecontrol adattivo”, che gestisce i miei riflessi, i miei movimenti, le mie reazioni. Mi ha insegnato a rispettare i miei limiti, a conoscere le mie reazioni, a capire quando è il momento di rilassarsi e quando quello di concentrarsi, a seconda del tipo di lancio e di team.
L’importanza del simulatore
Un altro passo importante nel mio percorso è stato l’allenamento nel simulatore di volo. I più lo conoscono come un luogo ludico, dove trascorrere qualche istante a provare la sensazione di galleggiare sull’aria. Per noi flyers le ore passate in “Aerogravity” a Milano, “Hurricane Factory” a Praga o in “Aerodium” a Logatec in Slovenia, sono di fondamentale crescita. Ne ho fatte numerose, “one to one” e via via in formazioni complesse, che mi hanno permesso di affinare la tecnica, ma anche di lavorare sulla mia mente. In tunnel, non c’è spazio per l’improvvisazione. Ogni movimento, ogni spostamento deve essere perfettamente sincronizzato con quello degli altri. Ho imparato a “controllare il rateo” e a mantenere una velocità di caduta che sia in perfetta armonia con quella del team. Ho imparato a “gestire gli spostamenti sull’asse” con precisione, puntando sempre il centro della formazione senza mai staccare lo sguardo dal mio “opposto”; ma più di tutto, ho imparato a controllare me stesso.
La ricerca dell’equilibrio
Quando entri nel tunnel, sei solo con i tuoi pensieri, con il tuo corpo, con il getto a 200 kmh che ti sostiene, ma vorrebbe frullarti come una foglia nella tempesta. È lì che la vera sfida comincia, non nel volo, ma nel trovare l’equilibrio dentro di te. Con il tempo, sono riuscito a mantenere la calma anche nelle situazioni più intense.
Il paracadutismo, infatti, non è solo una questione di saltare da un aereo o di fare manovre spettacolari. È una questione di equilibrio, di consapevolezza. Ogni volta che mi trovo sopra l’aereo, il pensiero non è più solo sulla tecnica, ma su come gestire le emozioni e mantenere il controllo su di esse. Il volo è diventato un atto di fiducia in me stesso, nelle persone con cui volo, e nella mia capacità di adattarmi a loro ed alle situazioni.
Una filosofia di vita
Ho saltato in alcuni dei migliori Skydive d’Europa: Klatovy in Cechia, Empuriabrava in Spagna, Ravenna, Reggio Emilia, Molinella e ancora Fano, Venezia, Lucca, Siracusa, Bovec e Lubiana in Slovenia e Parenzo in Croazia. Ogni “drope zone” ha le sue incognite, la sua magia, ogni salto la sua storia, la sua potenza. Ma ciò che mi ha sempre colpito, al di là della tecnica e della competizione, è stato il legame che si crea tra le persone. Ogni paracadutista, che sia alle prime armi o esperto, condivide una passione comune: l’adrenalina, certo, ma anche un profondo rispetto per il volo e per ciò che rappresenta. Il paracadutismo non è solo uno sport, è una filosofia di vita, un modo di pensare al mondo, alla paura, e alla libertà in 3D.
La via della consapevolezza
Ora, quando salto, non cerco più solo l’emozione del momento, ma la sensazione di equilibrio e serenità, che ho acquisito con l’esperienza. Ad ogni decollo c’è sempre paura, ma ora è una compagna di viaggio, che mi ricorda la bellezza di ciò che faccio; è una sensazione che so di poter controllare. Non c’è più il caos dentro di me, solo la consapevolezza che ogni salto è una parte di un viaggio che non finisce mai. Un percorso in cui la paura è solo una buona amica, non l’ostacolo da superare. E ogni volta che scivolo nell’aria, mi ricordo che la vera sfida non è mai contro il cielo, ma contro me stesso. La vera vittoria è quella di imparare a volare, non solo con il corpo, ma con la mente. Questo pensiero forte e positivo, è diventato il mio compagno di viaggio nel quotidiano; è come il primo caffè del mattino, mi stimola e suona la carica dentro me, a gridarmi che sarà una bellissima nuova giornata da godere intensamente, come un lancio che dura ore, anziché poco più di 60 secondi.