Moltissimi velisti si interessano oggi alle imprese oceaniche compiute in solitario, affascinati da eventi collegati alla conquista di record prestigiosi, conseguiti isolatamente o nel corso di regate da parte di skipper dai nomi famosi. Sempre da soli a bordo, anche se rispetto al passato il loro isolamento fisico, grazie ai progressi delle telecomunicazioni satellitari, è attenuato dalla presenza sia pure virtuale di team di esperti in grado di fornire precise indicazioni sulla rotta da seguire. I materiali forniti dalle attuali tecnologie e la presenza virtuale di affidabili consiglieri mancavano del tutto alla fine del secolo XVIII a quei temerari che si accingevano a compiere imprese impegnative in solitario come la circumnavigazione dei mari del globo.
Uno spirito irrequieto
II primo di questi temerari è stato il navigatore Joshua Slocum. Per cercare di comprendere le motivazioni che spinsero quest’uomo di mare, all’epoca ultracinquantenne, a compiere un’impresa del genere è necessario conoscere le tappe fondamentali della sua avventurosa e tormentata esistenza, dalle cui vicende emerge, come costante, una istintiva passione per il mare.
Da mozzo a comandante
Joshua Slocum nacque il 20 febbraio 1844 a Mount Hanley, nella Contea di Annapolis, Nuova Scozia, una delle province marittime canadesi, in una fattoria sulle pendici della North Mountain, catena montuosa che da un lato domina la vallata di Annapolis e dall’altro la baia di Fundy, nota perché vi si verificano le più alte escursioni di marea del mondo. La sua era una famiglia di marinai di origine inglese e la passione per il mare cominciò a contagiare il piccolo Joshua intorno agli 8 anni di età, quando la famiglia si trasferì nel villaggio di Westport, nell’isola di Bar, dove cominciò ad imbarcare come mozzo sulle locali golette da pesca.
A 16 anni passò a navigazioni più impegnative su navi di lungo corso a bordo delle quali dimostrò di possedere spiccate qualità marinaresche, dapprima come marinaio, poi come nostromo ed infine, dopo il brevetto, come ufficiale di coperta. Durante una sosta a San Francisco nel 1865 Joshua Slocum, divenuto nel frattempo cittadino statunitense, decise di dedicarsi dapprima alla pesca del salmone sul fiume Colombia poi alla caccia della lontra marina presso l’isola di Vancouver. Ambedue le attività si conclusero, però, con un fallimento per cui non gli rimase che tornare a navigare. Così alla fine dello stesso anno assunse il comando di una goletta adibita al cabotaggio tra San Francisco e Seattle e, successivamente, quello del brigantino a palo Washington con destinazione Sydney. Durante la sosta australiana Joshua conobbe e sposò Virginia Albertina Walker, figlia di un emigrante americano, che da allora avrebbe condiviso con lui la vita di bordo. Dalle acque di Sydney il Washington si trasferì a quelle dell’Alaska dove riempì le stive di salmoni, ma nel viaggio verso gli Stati Uniti il brigantino si arenò a 200 miglia da Kodiak, capitale dell’omonima isola. Slocum nonostante l’incidente non perse la fiducia del suo armatore il quale gli affidò il comando della goletta Constitution, in servizio di linea tra San Francisco e Honolulu, mantenuto fino al disarmo dell’unità avvenuto a Manila nel 1875.
Da comandante ad armatore
Nelle Filippine Slocum aprì un cantiere navale, ma dopo due anni fece ritorno in California, dove acquistò il 3 alberi Amethyst da 350 tonnellate con cui eseguì numerosi e lucrosi viaggi in Oriente che gli consentirono di diventare caratario di una grande nave a tre alberi, il Norhern Light (1.857 tonnellate). Venduta la quota, nel 1877 divenne infine pieno proprietario un brigantino a palo di minori dimensioni, I’Acquidneck (che di tonnellate ne misurava 343). L’acquisto però non portò fortuna al suo armatore perché il veliero naufragò, sempre nel 1887, sulla costa brasiliana nei pressi della baia di Guarakasava, vicino di Pranaguà, con perdita totale dello scafo e del carico, ma senza vittime, provocando la completa rovina del suo armatore. Dopo aver trasferito a Montevideo gli uomini dell’equipaggio alla ricerca di un altro imbarco, Slocum non si allontano dal luogo del naufragio ma, utilizzando il materiale e gli attrezzi recuperati dall’Aquidnek, dette inizio alla costruzione di una barca lunga poco più di dieci metri, dotata di una rudimentale vela al terzo steccata, avvalendosi dell’aiuto dei figli Victor e Garfield e della seconda moglie Henrietta Elliot (la prima era morta nel 1884 a 35 anni avendo dato alla luce tre figli e una figlia a bordo di altrettanti velieri comandati dal marito).
Dal Libertade allo Spray
Dopo un paio di mesi il veliero, battezzato Libertade, era pronto per un avventuroso trasferimento della famiglia negli Stati Uniti. Risalita lentamente la costa brasiliana, il Libertade superò il Mar dei Caraibi e Cuba e quindi costeggiò la Florida e la Carolina fino a raggiungere Washington il 27 dicembre 1888, esattamente un anno dopo il naufragio dell’Aquidnek. Per Slocum e la sua famiglia la vita negli Stati Uniti non fu certo facile: qualche modesto imbarco e molti espedienti per sbarcare il lunario. Durante le sue peregrinazioni nel Rhode Island l’irrequieto navigatore nel 1893 trovò, abbandonato in un prato sulle rive del fiume Acushnet, a Fairhaven, nelle vicinanze di New Bedford, il relitto di un piccolo peschereccio a fondo piatto lungo 11 metri, abbandonato da tempo immemorabile, che lo aveva colpito sia per la singolarità delle sue linee sia per la robustezza delle sue strutture ancora in discrete condizioni. Fu un amore a prima vista, unito al desiderio di riportarlo a nuova vita. Battezzato col nome augurale di Spray (“spruzzo”), sotto le mani di Slocum la barca in 13 mesi assunse di nuovo l’aspetto dei tempi migliori; il restauro era costato soltanto 554 dollari.
Il ritorno dell’avventura
Le eccellenti doti di tenuta al mare e la facilità con la quale lo Spray manteneva stabilmente la rotta, fecero riaffiorare in Joshua Slocum il sopito desiderio di percorrere vasti spazi e di avventure lontane, suggerendogli addirittura una ambiziosa impresa marinara mai prima di allora tentata: proprio la circumnavigazione del globo in solitario che l’avrebbe reso celebre inserendo il suo nome nel Guinness dei primati.
Un’impresa titanica svoltasi – a parte il doppio superamento dello Horn di cui si dirà più avanti – all’insegna della buona sorte, tenendo conto dell’età dello skipper e della barca (ambedue ultracinquantenni), della modestia delle attrezzature nautiche e della scarsa qualità e quantità delle provviste di bordo, come si deduce dal suo libro del Sailing Alone Around thè World, un best seller dell’editoria americana dell’epoca, dal quale è tratto l’itinerario seguito dallo Spray.
Un imprevisto e sostanziale cambiamento
Joshua Slocum parte il mattino del 24 aprile 1895 dal molo mercantile di Boston, ma si ferma nella vicina Gloucester dove fa riparare il cronometro (acquistato di seconda mano) fermatosi all’improvviso; non riesce però a procurarsi i 15 dollari necessari per la riparazione per cui si deve accontentare di una normale sveglia per effettuare i calcoli di navigazione “Costava un dollaro e mezzo ma poiché il quadrante era rotto il negoziante me la dette per un dollaro“.
Nel piccolo borgo marinaro della Nuova Scozia, le cui acque erano a lui familiari fin dall’infanzia, rimane un paio di mesi per completare le provviste di bordo e la strumentazione nautica, acquistata di seconda mano da un provider amico. Quindi, il 2 luglio, doppia Capo Sable e dà inizio alla sua avventura.
Si cambia rotta
Le condizioni meteomarine lo favoriscono e il 20 luglio lo Spray ormeggia a Faial nelle Azzorre, dove sarebbe rimasto quattro giorni per poi proseguire alla volta della Rocca, raggiunta il 4 agosto 1895. L’accoglienza delle autorità inglesi è molto cordiale. Ospitalità gratuita, viveri e strumentazioni generosamente donate dalla Royal Navy, riparazioni offerte dall’Arsenale. La Capitaneria di Porto lo avverte: i pirati scorrazzano per il Mar Rosso (nihil sub sole novi) e certamente avrebbero catturato una imbarcazione isolata e indifesa. Slocum non vuole correre rischi: rifà i suoi calcoli e decide di tornare indietro e di effettuare la circumnavigazione nel senso opposto, cioè da est verso ovest. Gibilterra è lasciata sulla scia dello Spray il 25 agosto con destinazione Madera, le isole Canarie e del Capo Verde e finalmente l’atterraggio in Brasile il 5 ottobre a Recife. Qui si ferma un mese e 20 giorni e ne approfitta per modificare il piano velico accorciando di circa un metro il boma e installando all’estrema poppa un alberetto di mezzana con una vela trapezoidale. Trasformato così in yawl lo Spray tocca Rio de Janeiro, festeggia il Natale a Montevideo e sosta a Buenos Aires da dove riparte il 26 gennaio 1896 diretto a Capo Horn, il cui passaggio è noto a tutti i naviganti per le difficoltà dovute alle generalmente avverse condizioni meteomarine.
Il doppio passaggio dello Horn
Una volta giunto all’altezza delle Falkland, a Slocum si pone il dilemma: doppiare Capo Horn o percorrere lo Stretto di Magellano? Decide per quest’ultima soluzione, apparentemente più vantaggiosa. La navigazione nella “scorciatoia”, però, non è né veloce né facile per gli scogli affioranti, per le impetuose correnti e per le frequenti razzie degli indigeni, per cui soltanto il 3 marzo lo Spray può solcare le acque del Pacifico. Tuttavia si tratta di un successo effimero, perché un “ruggente” vento proveniente dei settori settentrionali (siamo alla latitudine dei forties) lo respinge implacabilmente verso sud, per cui a Slocum non rimane che imboccare il Canale Cockburn e riaffrontare il Magellano, effettuandone una seconda percorrenza. Tale navigazione si conclude felicemente soltanto il 10 aprile.
Il viaggio dello Spray
A questo punto viene da chiedersi come un ultracinquantenne da solo a bordo di una piccola imbarcazione abbia potuto sopportare per due mesi le disumane fatiche connesse ad una impresa del genere; ma tant’è, le relative documentazioni ufficiali sono inoppugnabili.
L’esausto Slocum riprende la navigazione con rotta nord e il 26 aprile mette piede sulla più meridionale delle isole Juan Fernandez, dove sosta solo alcuni giorni. Recuperate almeno in parte le forze e riparate alla meglio le avarie subite dallo Spray punta poi verso ponente e dopo 43 giorni di navigazione si ormeggia alle isole Samoa. La successiva tappa è Newcastle, sulla costa orientale australiana, raggiunta passando tra le Figi e la Nuova Caledonia, e quindi Sydney e Melbourne, ove si ormeggia rispettivamente il 10 ottobre e iI 23 dicembre 1896.
Per la prosecuzione del viaggio Slocum decide di non transitare per Capo Leewin, ma di dirigere verso nord lungo la costa australiana. Nel frattempo si concede anche una pausa…turistica per visitare la Tasmania da dove riparte il 16 aprile.
Dopo avere costeggiato la Grande Barriera Corallina, il 14 giugno 1897 lo Spray supera lo Stretto di Torres e successivamente approda alle Isole Keeling dove sosta tra il 17 luglio e il 22 agosto. Ancora una tappa il 26 ottobre alle Mauritius, quindi raggiunge Durban il 17 novembre e Città del Capo a metà dicembre. È qui che Joshua Slocum trascorre la fine dell’anno e vi rimane fino al 28 marzo 1898 quando riprende il mare, per raggiungere dapprima Sant’Elena, l’11 aprile, poi Ascensione. Il 18 maggio lo Spray entra nel Mar Caraibico con tappe a Tobago, a Grenada e a Dominica. Il 1° giugno spicca il balzo finale da Antigua e finalmente il 28 giugno conclude il viaggio a Boston, da dove era partito tre anni, due mesi e quattro giorni prima, dopo avere percorso una distanza stimata in non meno di 46.000 miglia.
Un mistero del mare
L’attività marinara di Joshua Slocum non si sarebbe conclusa davvero con il suo ritorno in Patria dove ricevette riconoscimenti di ogni genere e potette godere di una grande popolarità ed anche un certo benessere economico. Si stabilì a West Tisbury, Massachussetts, dove continuò a navigare e a praticare la pesca. Nel triennio 1905/1908, in particolare, una volta l’anno aveva preso l’abitudine di salpare, sempre a bordo dello Spray e sempre in solitario, alla volta di Georgetown, nelle Grand Cayman, a nord-ovest di Giamaica, dove amava “vivere la vita dei discendenti dei bucanieri”. In realtà era lusingato dalle manifestazioni di affetto e di stima tributategli sempre dagli isolani che lo consideravano un “ospite d’onore”.
Il 14 novembre 1909 intraprendeva come di consueto l’annuale viaggio alle Antille partendo dal Vineyard Haven di Tisbury, ma da quel giorno di Joshua Slocum non si è saputo più nulla. Una fine tragica, forse da lui stesso auspicata, a conclusione della vita di uno dei più straordinari navigatori solitari di tutti i tempi.
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Questa storia è stata pubblicata per la prima volta nel mese di maggio 2017
sul Notiziario n.57 del Centro Studi Tradizione Nautiche della Lega Navale