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Ago è una parola che punge, ma soprattutto è un nome che fa ancora male.
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Ago.
Non serve dire altro, non serve scrivere per intero nome e cognome; Ago è inequivocabile, istantaneo, veloce.
Veloce come deve essere stato veloce l’attimo che ti si è portato via quel 30 maggio del 1994.
Veloce come i dieci anni passati dall’altro 30 maggio, quello del 1984, quello dell’Olimpico, quello del sogno dei Campioni, quello della Coppa e dei rigori che non te l’hanno data.

Avevi sogni troppo grandi

Qualcuno li avrà guardati con sufficienza, proprio come i marinai di Baudelaire che irridevano all’albatros dalle ali troppo grandi che gli impedivano di riprendere il volo dalla tolda della nave sulla quale si era fermato.
Ridevano della goffaggine, incapaci di capire la grandezza.
Troppo grandi i tuoi sogni, troppo grandi le tue ali.
Troppo grande la tua voglia di essere una persona perbene in un mondo distratto dal tutto e subito, troppo distante dalla rincorsa al clamore, tu che l’unica rincorsa che concepivi era quella al pallone, sul campo, quella che ti aveva portato allo scudetto regalato alla tua Roma, pegno di un amore mai finito.

Il Capitano Silenzioso

Così ti chiamavano, ma chi ha mai detto che per essere esempio servano le parole?
Oggi, 27 anni dopo, il tuo nome, la tua storia e le tue immagini, quelle che spesso restituiscono il viso di un uomo e dei suoi pensieri, sono esempio ancora per tanti e lo sono anche per chi non ti ha conosciuto e non ha visto il tuo calcio, non ha sentito il telegiornale quel 30 maggio e non ha comprato i giornali il giorno dopo.
E siamo in tanti oggi a ricordarti con affetto, al di là di ogni squadra, al di là di ogni colore, perché onore, dignità e rispetto sono maglia e valori delle persone perbene di qualunque squadra siano.

Il 30 maggio ti sei alzato dal letto, ma eri già altrove

Il peso lo avevi sul cuore, ma hai camminato leggero, in punta di piedi per non disturbare, sei uscito in veranda e avrai guardato ancora una volta il mondo che avresti voluto.
Poi l’attimo.
Il calibro 38 di una Smith&Wesson.
Al cuore.
Dritto, senza incertezze.
Al cuore, perché il cuore hai sempre messo nella vita.
Al cuore, dove conserviamo la parte migliore di noi.
Al cuore, il nostro, dal quale non sei mai andato via.

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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