Tra le centinaia di cartoni animati giapponesi che invasero l’Italia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio dei ’90, c’è un filone davvero interessante: quello tratto dai manga di genere shōjo, cioè quella categoria di fumetti destinati principalmente a un pubblico femminile, in particolare alle adolescenti. Si tratta di opere – anime – che spesso analizzano, più o meno profondamente, la psicologia di eroine a tutto tondo alle prese con le tipiche problematiche della crescita, dell’amore, della ricerca affannosa del proprio posto nel mondo. In alcuni casi, a far da sfondo alle vicissitudini di queste ragazze dolci, inquiete, sognatrici e impertinenti, c’è il mondo dello sport, contribuendo in maniera importante a diffondere presso il vasto pubblico femminile, e non solo, discipline affascinanti come il tennis e la pallavolo.
Jenny la tennista
La prima che ci viene in mente è Jenny la tennista, titolo italiano dell’anime エースをねらえ! Ēsu o Nerae!, letteralmente “Punta all’ace!”, serie di 26 puntate giunta nelle tv italiane nella stagione 1982-’83. La giovane Hiromi (Jenny) è una quindicenne piena di sogni e di speranze, dal carattere impulsivo e a tratti infantile. Si iscrive al liceo Mishi, famoso come il “Regno del tennis”, e lotta con tutte le sue forze per diventare una brava giocatrice come il suo idolo, la stella del club, Reika, detta Madama Butterfly per l’eleganza e la raffinatezza del suo gioco. L’arrivo del nuovo allenatore Jin Munakata (Jeremy per noi) sconvolge tutti gli equilibri. Intravisto del potenziale in quella ragazzina goffa che sa a malapena ribattere una palla lenta, Jin decide di allenarla intensamente, sottoponendola a duri esercizi e giungendo a chiederle perfino di sacrificare la sua vita privata e il suo amore per Teddy, il miglior tennista della squadra maschile. Per Jenny comincia un insopportabile tour de force, anche perché dovrà guardarsi dalle maldicenze delle altre giocatrici della squadra, convinte che ci sia del tenero tra lei e l’allenatore. Alla fine, la ragazza coronerà il suo sogno di diventare una tennista professionista e riuscirà anche a riconquistare l’amore di Teddy.
Memorabile la sigla italiana del cartone, composta e cantata dal compianto Nico Fidenco, autore di numerose sigle per cartoni animati rimaste nel cuore degli appassionati, come Bem il mostro umano, Don Chuck Castoro e Sam, il ragazzo del West.
Mila e Shiro
Molti degli elementi che caratterizzano le avventure di Jenny si ritrovano anche nell’anime アタッカーYOU! Atakkā Yū!, meglio conosciuto da noi come Mila e Shiro – Due cuori nella pallavolo, una serie in 58 episodi giunta in Italia nel 1986. Qui è il volley a far da cornice alla storia d’amore tra Mila (Yu Hazuki), una ragazzina dai capelli rossi che si trasferisce a Tokyo dalla campagna per frequentare il liceo Hikawa, e Shiro (So Takiki), capitano del club di pallavolo maschile. Mila è atletica e talentuosa: il suo sogno è diventare una giocatrice professionista per disputare le Olimpiadi di Seoul 1988 con la sua nazionale. Attraverso un corollario di allenamenti estenuanti, amicizia e odio nati sotto la rete da gioco, incomprensioni con gli allenatori, schiacciate vincenti e lacune in ricezione da migliorare, Mila coronerà il suo sogno. Inoltre, scoprirà che la madre, creduta morta, è in realtà una ex pallavolista, e ora commentatrice sportiva alla TV, che aveva abbandonato il marito e la figlioletta per poter continuare a dedicarsi alla pallavolo.
Mimì e la nazionale di pallavolo
In verità, Mila e Shiro ha un precedente illustre. Si tratta di アタックNo.1 Atakku Nanbā Wan, giunto in Italia nel 1981 con il titolo Mimì e la nazionale di pallavolo, probabilmente il primo anime di genere shōjo dedicato a uno sport. La storia ha per protagonista Kozue (Mimì Ayuhara nell’adattamento nostrano), ragazzina guarita dalla tubercolosi grazie allo sport, che insegue il sogno di diventare una brava giocatrice di pallavolo. Dopo una lunga serie di vicissitudini a toni foschi narrate in ben 105 episodi (trasmessi integralmente in Italia solo dopo il 1995), Mimì giocherà il mondiale di volley in Bulgaria nel 1970, diventando la migliore atleta del torneo (Attack number 1, appunto!)
Le differenze e i punti di contatto tra le serie
Mentre la serie di Mila ha un tono ironico e scanzonato, la storia di Mimì si distingue per un tono drammatico, perfino tragico. Per esempio, il suo amore, Tsutomu, muore in un incidente stradale mentre sta andando allo stadio per andarla a vedere giocare. Lei cadrà in depressione e per un periodo non vorrà saperne più del volley. Ma tutta la narrazione risente del tipico atteggiamento della cultura giapponese che privilegia lo spirito di sacrificio e la completa dedizione al proprio obbiettivo. In questo senso, il personaggio di Mimì non è molto diverso dai suoi contemporanei Rocky Joe e L’Uomo Tigre. Non mancano, infatti, allenamenti supplementari massacranti e al limite della sopportazione umana. Anche il gioco della pallavolo, che in Mila e Shiro è concreto e verosimile, diventa nel cartone di Mimì una sorta di improbabile mondo magico, in cui i palloni si deformano sotto i colpi sovrumani delle giocatrici, o addirittura spariscono all’improvviso per riapparire pochi istanti dopo.
D’altro canto, queste serie, così come le altre del genere spokon, sono accomunate da elementi positivi e da alti valori, utili insegnamenti per le giovani generazioni. Vengono esaltati, infatti, l’amicizia, anche tra rivali, la lealtà, la forza di volontà, il coraggio, la lotta contro i soprusi e gli inganni di una vita non sempre agevole.