Australian Open 2022. È già storia! Del tennis italiano, ma forse non solo.
Prima di raccontare le imprese di queste ore dei nostri, delle quali chi legge come al solito sa già tutto, è d’obbligo fare altri due nomi, giusto per ricordare: Nicola Pietrangeli (miglior ranking n. 3), che vinse il singolo al Roland Garros nel ’59 e nel ’60, nel 1959 vinse anche il doppio e l’anno precedente il doppio misto; e Adriano Panatta (miglior ranking n. 4), vincitore dello Slam di Parigi nel 1976.
Mi piace intanto aprire con alcune mie considerazioni sullo stato del tennis attuale, aiutandomi naturalmente con i numeri, e con le ragioni per le quali il presente non potrà ripetersi.
I tre marziani
L’espulsione del serbo dall’Australia ha dato subito una certezza, che lui non avrebbe vinto, almeno in questa circostanza, il 21° Slam. Aveva e ha ancora tutti i numeri per continuare a vincere e, per come si stanno mettendo le cose nel torneo, se l’avesse spuntata lui, agli Australian Open di sicuro non avrebbe avuto avversari.
Non è cinismo e neppure antipatia verso Djokovic che sicuramente non è tra i miei favoriti, pur riconoscendogli il merito di essere forse il più grande campione di tutti i tempi. E su questo siamo tutti d’accordo. Ma io desidererei che neppure Nadal vincesse lo Slam in corso. Perché?
La verità sta nel fatto che a me piacerebbe vedere uscire di scena i tre campioni con un ex equo. Difficilmente sarà così. Hanno fatto la storia e direi che venti massimi titoli a testa potrebbero andare bene. A uno per essere stato il più elegante, il più tecnico e spesso ricercato nei colpi, a un altro per la grinta, l’intelligenza e la precisione nel trovare gli angoli giusti, al serbo per essere un eccellente difensore più che grande attaccante, ma soprattutto per essere uomo bionico. Per tali ragioni, e non solo, nessuno dei tre merita di stare un passo avanti (o indietro) rispetto agli altri due. Insieme però tutti e tre sono e rimarranno nella storia uno, dieci, cento passi avanti agli inseguitori.
Qualche numero
Roger Federer nasce nell’agosto del 1981, a 22 anni, nel 2003 vince il primo Slam a Londra, l’anno successivo vincerà gli Australian Open, trionferà ancora una volta a Wimbledon, e si aggiudicherà gli US Open. E a 23 anni siamo ad appena 4 vittorie Slam in neanche quattordici mesi.
Rafael Nadal nasce a giugno del 1986 e si aggiudica il primo Slam nel 2005, a soli 19 anni a Parigi dove trionferà per altre dodici volte, da qui il simbolico titolo di “Re della terra rossa”.
Novak Djokovic nasce a maggio dell’87, il 2008, non aveva ancora compiuto 21 anni, vince il primo Australian Open dove trionferà per ulteriori otto volte.
È giusto chiamarli marziani, extraterrestri o come vi pare.
E gli altri?
A seguire ci sono invece tanti bravissimi ragazzi, nulla di più, qualcuno più bravo degli altri, ma non aspettiamoci per i prossimi dieci, forse quindici anni di vedere sulla scena altri tre come quelli appena descritti e per giunta in contemporanea. Perché ciò che più sorprende è proprio questo, che dal 2003 al 2021 dove il serbo trionfa a Wimbledon (contro il nostro Berrettini), in 18 anni la scena è stata praticamente tenuta solo da loro tre.
Oggi:
Daniil Medvedev (attuale n. 2) nasce a febbraio del 1996, nel 2021 a 25 anni batte Djokovic agli US Open aggiudicandosi il suo primo Slam.
Alexander Zverev (n. 3) nasce ad aprile del 1997, alle soglie dei 25 anni ha 19 titoli Atp, nessuno Slam.
Stefanos Tsitsipas (n. 4) nasce nell’agosto del ’98 a 23 anni e mezzo ha vinto 7 titoli Atp e ha raggiunto una finale Slam al Roland Garros del 2021, vinta dal solito Nole.
Discorso a parte farei per Dominic Thiem (oggi n. 15), che non mi sentirei di chiamare più ragazzo dal momento che a settembre compirà 29 anni, l’unico, insieme a Medvedev, ad aver strappato negli anni più recenti un titolo Slam al trio. Questo è avvenuto agli US Open del 2020. La triste notizia è che dopo quella vittoria il ragazzo è uscito dai grandi appuntamenti tennistici per seri problemi di salute. La bella, che ha tirato su ben 17 titoli. Il migliore, sempre dopo il trio.
Berrettini e Sinner
Stanno facendoci sognare e, soprattutto, stanno onorando le rispettive posizioni nel ranking.
Certamente il ragazzo di San Candido, più giovane del romano, genera maggiori aspettative, Matteo ha tuttavia rassicurato i pochi dubbiosi sulla sua solidità. Lo abbiamo visto nell’incontro con Alcaraz, cinque set tiratissimi, vinti al più lungo tie break, quello del quinto. Più agevole e soprattutto più corto quello vinto con Carreno Busta. Interessante sarà vederlo all’opera martedì con quel Gael Monfils (già battuto due volte) che copre la diciannovesima posizione, ma è stato sesto nel 2016, e che ad oggi, nel percorso di Melbourne, ha fatto fuori tutti i suoi avversari in soli tre set. Il simpatico francese sembra rinato, sarà merito di Svitolina, sposata a luglio dello scorso anno.
Se su Berrettini mi sento di azzardare che avrà la meglio sull’avversario, per Sinner il discorso è più complesso.
Dovrà vedersela con Tsitsipas (non è Monfils), vincente 2-1 sull’italiano, e che lunedì ha vinto al quinto set su un eccellente Taylor Fritz. Avrebbe potuto chiudere l’americano e il greco non avrebbe avuto nulla da recriminare, invece al quinto set è venuta fuori tutta la superiorità dell’ellenico nonostante i temporanei postumi di un intervento chirurgico. Sinner dovrà essere al meglio della forma, soprattutto memntale.
Insomma, mai nessun italiano ha raggiunto la semifinale agli Australian Open, e quest’anno “rischiamo”, si fa per dire, di averne ben due. C’è da augurarselo, intanto aspettiamo di vedere Matteo.
Da Melbourne (sempre si fa per dire) è tutto.