Aveva visto giusto lo zio Toni. A soli tre anni mise nelle mani del nipotino una racchetta che, dopo circa trentadue anni, quel bambino cresciuto, divenuto ragazzo non ha ancora appeso al chiodo. Anzi, nei saluti di rito al termine della finale di domenica ha salutato con un arrivederci a Melbourne il prossimo anno. E noi ci crediamo.
Invece, a proposito di Toni Nadal, fratello di Sebastian, il papà di Rafa, tennista spagnolo e coach fino al 2017 del n. Uno, nell’ambiente del tennis passa per essere un grande motivatore, tanto da aver saputo tramettere molto bene al nipote i suoi insegnamenti.
Fra l’altro, raccontano le cronache, da prendere tuttavia con beneficio d’inventario, che sia stato lui a creare il “tennista mancino”. È certo, infatti, che il più giovane Nadal faccia tutto, come mangiare o scrivere, con la destra e che usi la sinistra solo per giocare a tennis per via dei vantaggi che il gioco mancino genera. Per esempio, i servizi da sinistra e il colpo di diritto sul rovescio dell’avversario – sappiamo bene che il rovescio nella gran parte degli atleti è uno dei punti di maggiore debolezza – assicurano più chance di vittoria. E poi, i mancini sono più abituati a giocare con i destrimani, che sono molti di più. Non è invece vero il contrario.
Così, giusto a titolo di cronaca, da aprile dello scorso anno Auger Aliassime, un altro giovane da tenere d’occhio, ha scelto come coach Toni Nadal.
Le considerazioni su espresse su destra e sinistra sono tanto condivisibili se guardiamo alle partite del campione con il “mancino Shapovalov” ai quarti e con Berrettini in semifinale. Il primo incontro si è spinto fino al quinto set, i primi due parziali fotocopia dei secondi due (6-4, 6-3), nell’ultimo parziale si è poi visto chi era il campione; l’atleta romano ha perso (in quattro set) soprattutto per via di quei dritti ad angolo sempre più stretto di Nadal sul rovescio dell’avversario.
Voleva essere solo una riflessione prima di passare a un commento personale su una delle più belle finali cui abbia assistito negli ultimi anni. O forse la penso così per via delle numerose emozioni che l’incontro ha trasmesso.
La finale maschile
Penso di non essere stato il solo domenica a rimanere attaccato alla TV per oltre cinque ore, per l’esattezza cinque ore e ventiquattro minuti; tanto è durata infatti la battaglia fra il russo Medvedev e il maiorchino, curiosissimo sempre più di vedere come sarebbe andata a finire. E credo anche di non essere stato il solo dopo i primi due set, il primo vinto dal russo addirittura con il punteggio di 6-2, a pensare che anche in questa finale – sia pure con un punteggio diverso rispetto a quello di settembre a NY, l’ultimo Slam del 2021 – Medvedev avrebbe fatto fuori Rafa in tre set come la volta precedente accadde con Djokovic. E penso pure che se gli eventi fossero andati come quelli appena descritti gli scontenti sarebbero stati più numerosi dei contenti.
Facile spiegarne le ragioni, basta tornare al tifo che ha fatto il pubblico presente al Rod Laver a favore del tennista spagnolo.
Del resto, da una parte essere sulle prime pagine e sul podio da così tanti anni giova tantissimo, non si contano i fan in giro per il mondo; dall’altra il russo è invece sulla seconda poltrona da poco tempo ma, diciamolo, non è simpatico, non è empatico, non entra facilmente in relazione con le tribune. Qualcuno obietterà che un tennista deve fare altro, non è un attore o un comico. E ci sta. I campioni devono però adottare anche comportamenti adeguati a ciò che essi rappresentano. Ho letto e sentito in giro che il serbo ha perso molti fan nel mondo.
Provo a dire la mia sul russo perché su Rafa è stato detto tutto negli anni e anche tra domenica e lunedì mattina da tecnici ed esperti. Resto uno spettatore, solo appassionato.
Pur considerandolo un grande campione per ciò che ha fatto vedere sino ad oggi, lo paragonerei ad un altro campione del secolo scorso che è stato però n.1 per ben 270 settimane tra il 1985 e il 1988.
Parlo di Ivan Lendl che fu da molti considerato un perdente per non aver chiuso undici Slam, vincendone tuttavia ben otto (3 a Parigi, 3 a NY, 2 in Australia) al quale grido, e in altra circostanza, si unì Jimmy Connors che lo etichettò Chicken. Bene, ovvio che non auguro al russo nessuno dei due appellativi, il paragone per me sta invece nel gioco e non solo.
Una vita fa ebbi la fortuna proprio di vedere giocare a New York in uno Slam il ceco e, pur riconoscendone l’efficacia, ricordo bene che il suo gioco dal vivo non riuscì ad appassionarmi, come non mi appassiona quello del russo. Penso che Medvedev possa passare alla storia anche per il suo dritto, più efficace che bello a vedersi, esattamente come quello del ceco, entrambi potenti e capaci di grandi accelerazioni. Di carattere scontroso e dallo sguardo cupo il ceco, la penso così anche di Daniil, Ivan era sicuramente più odiato di quanto non fosse amato, certamente rispettato da tutti gli avversari, e fu il primo vero attaccante da fondo e polipo, per via delle sue lunghe leve, ci vedo anche qui Medvedev. Questo forse di più. E penso che non tarderà ad essere il numero Uno, se poi riesca a vincere almeno otto Slam, lo lasciamo ai posteri.
Leggenda Nadal
Nadal invece è Nadal e domenica ha sorpreso credo tutti. Dopo il primo set, come detto vinto 6-2 dall’avversario, il secondo aveva fatto sperare in una spettacolare rimonta di Rafa quando si è trovato avanti per 4-1. Niente da fare invece, raggiunto da Medvedev è stato poi superato al tie break. A quel punto chi avrebbe più scommesso? Per il russo la strada sembrava tutta in discesa. Sembrava.
Pur avendo scritto in precedenza che mi avrebbe fatto piacere che nessuno dei tre facesse un passo avanti, giusto perché rimanessero campioni con un ex equo, oggi il maiorchino è più campione, sia pure di poco, degli altri due.
L’assenza dalle competizioni per sei mesi faceva naturalmente ipotizzare una sua sconfitta.
Lo stesso Medvedev, di circa dieci anni più giovane, ha rilevato nel dopo gara il fatto: “Rafa è stato irreale, semplicemente”. Un mese e mezzo fa non sapeva neppure se avrebbe continuato a giocare a tennis, raccontano le cronache.
È pertanto doverosa da parte di tutti, mi ci metto anch’io che ho simpatizzato negli anni per Federer, una standing ovation.
E chiudiamo così da Melbourne.