Chiedetevi perché. Se non lo avete fatto ancora, chiedetevelo adesso, anche se il triplice fischio è arrivato siete ancora in tempo.
Chiedetevi cosa ha fatto, fa e farà ancora parlare così di Carlo Mazzone.
Così, con questo affetto, questa familiarità. Con questo dispiacere. Oggi, con questo dispiacere.
Scorrete le immagini, riavvolgete la memoria, chi avete davanti se non un uomo nella sua normalità?
Una normalità fatta di passione, sacrificio, rinuncia, amore per chi doveva far crescere in campo, per chi doveva rispettare sugli spalti, per chi ne aspettava il ritorno a casa.
Inutile ripercorrere la carriera di Carlo Mazzone, ma certo le 797 panche in serie A sono una pietra miliare del calcio italiano e certo che a crescere talenti o a ridare vita a talenti appannati non era secondo a nessuno. Chiedete a Francesco Totti, a Roberto Baggio, a Claudio Ranieri o a Pep Guardiola solo per citarne tra i più noti. Chiedetegli quanto gli devono, se possibile chiedetevi quanto gli mancherà.
“È stato un padre per tutti”, così Francesco Totti dice di Carlo Mazzone. Come dargli torto.
Romano di Trastevere, romano romanista
Carlo Mazzone ha lasciato un segno ovunque sia stato a giocare e ad allenare, ma Roma, Brescia e Ascoli sono i punti cardinali di cinquanta anni di vita, un perimetro degli affetti e delle emozioni. Un perimetro dentro il quale c’è tanto altro: Cagliari, Napoli, Bologna e Catanzaro ad esempio. Ma lo dicevo prima, non vogliamo percorrere una ricostruzione didascalica della sua vita.
È di altro che vogliamo parlare e con altro vogliamo ricordare Carlo Mazzone nel giorno in cui ha cambiato campo.
Guardate bene le tante immagini di Carletto Mazzone.
Fermatevi su una, sceglietela voi, fermatevi qualche secondo, fissatene i particolari; lo sguardo, il viso, i capelli, l’abbigliamento.
Carlo Mazzone è sempre stato un uomo fuori moda.
Nessuno divismo, nessuno sfarzo, nessun cedimento alla moda del momento, qualunque moda e qualunque momento, nessun tatuaggio per incutere timore estetico, nessuna amante da esibire sui giornali, nessuna macchina fuori misura, nessuna vacanza esotica.
Lo troverete invece immortalato nella sua mimica facciale, nelle sue espressioni veraci, genuine, irripetibili.
Lo troverete immortalato nelle sue famose corse, quella del derby all’Olimpico e quella di Bergamo, quando dopo il pareggio consegnatogli dal terzo goal di Baggio corre a pugni stretti verso la curva dell’Atalanta per regolare i conti a quattr’occhi. O meglio i suoi due occhi contro quelli di tutti gli altri che lo avevano deriso, insultato e offeso nell’amore più caro.
Di corsa e a pugni stretti
Carlo Mazzone la vita l’ha vissuta e affrontata proprio così. Di corsa e a pugni stretti. Da persona semplice, da persona normale.
Ecco, adesso fatevi di nuovo la domanda di prima. Chiedetevi ora cosa è che ci fa parlare di Carlo Mazzone con tanto affetto.
La risposta è semplice e ce l’avete a portata di mano.
Carlo Mazzone è come tutti noi. Tutti noi indaffarati ad attraversare la vita di corsa e a pugni stretti. Per questo gli vogliamo bene. Così tanto bene. Perché ci somiglia in qualcosa che siamo, somiglia a qualche nostro amico, a qualche nostro zio e magari anche a nostro padre.
Per questo adesso lo salutiamo così e domani, all’Olimpico, lo saluteremo ancora una volta. Tutti insieme
Buon viaggio Carletto, cuore nostro.