La scena si apre su due giovani stelle del cinema, Judy Garland e Mickey Ronney, preoccupati per lo spettacolo che devono mettere in scena. Improvvisamente però un “Hello Everybody!” cattura l’attenzione di tutti. Una biondina corre sul palco accompagnata da un sorriso che fa fermare tutti; le bastano un paio di spaccate per riscaldarsi ed è pronta.
Seguendo il ritmo della musica, la giovane si prodiga in ruote su una mano sola, avvitamenti e strani movimenti che fanno credere allo spettatore che sia senza ossa, allo stato liquido per lo più.
Il suo segmento è un’ondata irresistibile di allegria e la stessa Garland, rimasta senza parole, non può far altro che applaudire, seguita dal gruppo che le si è creato intorno.
L’acrobata in questione si chiama June Preisser, giovanissima promessa della casa di produzione MGM. Il film del 1939 è il suo primo film importante, ma non è nuova al mondo di lustrini dello show business.
Un po’ di forza
Nata il 26 giugno 1918 a New Orleans, June Preisser è una bambina gracile, una di quelle che quando si gioca a nascondino deve fermarsi per riprendere fiato. Insieme alla sorella Cherry inizia a frequentare la palestra del quartiere, per allenarsi e cercare di mettere un po’ di forza su quei muscoli che proprio non ne vogliono sapere di portarla lontano. Lì, a solo sette anni, è introdotta al mondo dell’equilibrismo e delle acrobazie, lei che è perfetta con il suo corpo così minuto. Quando la domenica giocano nel cortile della chiesa con gli altri bambini, le due sorelle Preisser si divertono un mondo a dar prova delle loro abilità e a guadagnare l’attenzione di tutti.
Di ruota, però, c’è anche quella della vita. Il padre muore improvvisamente ed è sempre più difficile far quadrare i conti. La signora Preisser fa di tutto per cercare di offrire ai suoi sei figli un’infanzia come si deve, ma tra turni di lavoro stancanti e giornate che finiscono sempre troppo in fretta non è facile.
Le due sorelle però continuano a trovare il loro magico angolo di mondo grazie a piroette e salti che si divertono a fare ogni giorno davanti casa. Sono passati ormai due anni dalla prima volta che sono entrate in palestra; l’allenamento inizia a dare i suoi frutti.
Tutto cambia
È proprio durante uno dei loro pomeriggi passati a giocare nel cortile di casa che vengono notate da un attore della zona che decide di offrire una nuova vita alle due sorelle acrobate.
Improvvisamente tutto cambia per le sorelle Preisser che passano per il mondo degli spettacoli dal vivo, esibendosi in numeri sempre più complessi, per poi atterrare in quello luccicante del cinema. È lì che possono mostrare al meglio i loro numerosi talenti. Nel 1936 nel corto musicale “Wash your step” entrambe cantano e ballano seguendo passi che sembrano voler solo dire “sono così felice che potrei saltare, danzare e correre ovunque”. Ed è proprio questo che Cherry e June Pressier fanno, lanciandosi in una danza che sembra più che altro una celebrazione di gioia.
La loro carriera decolla, tutti vogliono vedere le sorelle acrobate e loro arrivano ad esibirsi persino davanti re Giorgio VI d’Inghilterra.
Nel frattempo però la vita si mette di mezzo. Cherry si ritira dalle scene dopo essersi sposata con il figlio di Harry Hopkins, allora segretario al commercio degli USA.
In solitaria
June invece prosegue la sua corsa lungo la strada dorata del cinema e arriva anche a firmare un contratto con la MGM. È un periodo molto fortunato per lei: compare in Babes in Arms, film che vedrà il giovane Mickey Rooney ottenere un Oscar, e altre pellicole che ripropongono il sodalizio con l’ormai avviata Judy Garland.
La giovane acrobata sente che finalmente le luci della ribalta iniziano ad illuminare anche lei. Poco a poco ottiene sempre ruoli più significativi, come quello da protagonista in Henry Aldrich for President. In ogni pellicola porta un po’ di quella spensieratezza da bambina che non l’ha mai abbandonata del tutto e con le sequenze in cui salta e ruzzola, regala sempre un grande sorriso agli spettatori. Questa è la chiave del suo successo: divertirsi mentre fa il lavoro più bello del mondo.
Nel 1942 sposa il radiocronista J. Moss Terry con cui poi avrà un figlio, Ricky. A differenza di sua sorella, però, June non abbandona la sua carriera, cercando con impeto moderno di dividersi fra i due ruoli. Nonostante lo scarso interesse da parte della MGM di promuovere la sua carriera, continua a lavorare per diversi anni, comparendo in numerose commedie e musical. È ancora giovane e quel corpo, un tempo troppo mingherlino, non vuole smettere di muoversi e danzare.
Nel 1948 regala la sua ultima comparsa in un film, interpretando la controparte femminile in “Music Man”. Dopo ventidue pellicole, June Pressier torna per un periodo al suo primo amore, il teatro, nel musical stile western “Annie get your gun”.
Una nuova vita
Ormai però June Pressier realizza che la sua vita da attrice è finita. I tempi sono cambiati, il cinema anche ed è sempre più difficile trovare una parte per una giovane attrice che sa camminare sulle mani.
Per un po’ insegna danza a Los Angeles, poi tsi trasferisce con suo figlio in Florida. A volte è ancora riconosciuta per strada, fermata da signore che sono cresciute guardandola al cinema. “Sai ancora fare quella strana ruota su una mano?” le chiedono più e più volte. Lei, con un sospiro, può solo spiegare che ormai le braccia non le reggono più. Meglio, molto meglio continuare a vederla nei vecchi film.
Ormai anche Cherry non c’è più; partita per l’Australia con i suoi sette figli, è morta da diversi anni, lasciando Jane non solo senza sorella, ma anche senza la migliore compagna di danza che potesse mai avere.
June Pressier prosegue la sua vita. A volte partecipa a qualche evento in memoria della Vecchia Hollywood, ma tutto si interrompe il 19 settembre 1984 quando, insieme a suo figlio, è vittima di un gravissimo incidente d’auto.
È questione di un attimo e June Pressier saluta il mondo che l’ha vista ballare per tanti anni. Rimane il ricordo di una cascata di riccioli biondi e un sorriso timido che ringrazia per la considerazione e il tanto affetto.
Meritato, meritatissimo affetto.
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