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Lo sport parola per parola

Come nasce lo sport? E cosa significano, davvero, molte parole che si usano nello sport? Spesso diamo per scontati dei significati ormai diventati convenzionali, ma una breve ricerca etimologica può bastare per scoprire una realtà ben diversa.
sport

Sotto il nome di sport è compresa ogni forma di attività fisica, competitiva o ludica, che mira a esercitare e migliorare le abilità fisiche degli esseri umani. Le numerosissime discipline disponibili oggigiorno si sono, quindi, sviluppate dal bisogno di allenare capacità del corpo utili per la sopravvivenza.   L’esercizio più antico e più diffuso è senz’altro la corsa, alla quale si aggiunsero ben presto i salti e i lanci, pratici sia per la caccia che per le guerre. Anche la lotta, il pugilato e la scherma originano nell’ambito delle esercitazioni militari. Poi, considerando le necessità contingenti del territorio abitato, alcuni popoli svilupparono il nuoto e la canoa, altri l’equitazione. Solo più tardi si aggiunsero giochi tra due parti, che prevedevano l’utilizzo di palle fatte di erba, di capelli di donna, di pelle animale o di grossi frutti. Tuttavia, se il concetto di sport è molto antico, la parola che lo identifica ormai a livello mondiale è relativamente recente, poiché appare nell’inglese della prima metà del XVI secolo con la forma disport e il significato di “divertimento”, prestito dal francese desport, che indicava il “piacere fisico o spirituale”, e che ha dato origine anche allo spagnolo deporte e all’italiano diporto, sempre con il significato di “svago, ricreazione”.  È interessante notare che desport deriva a sua volta dal latino deportare, cioè “uscire fuori porta”, nel senso di “uscire al di fuori delle mura della città per praticare attività fisica”. Poco meno di tre secoli dopo, disport, che nel frattempo ha perso la testa trasformandosi in sport, conquisterà il mondo intero. In Italia è attestato già nel 1828.

sport calcio

Football vs. Calcio

Lo sport probabilmente più diffuso nel mondo è il football, quel simpatico gioco in cui due squadre di undici ragazzi ciascuna corrono in mutande dietro un pallone che una volta era di cuoio, e che oggi è realizzato sempre più spesso in materiali sintetici. La parola è praticamente ubiquitaria, al netto degli adattamenti nelle varie lingue (fútbol in spagnolo, futebol in portoghese, футбол in russo, futbalo in Esperanto, etc.). In italiano, tuttavia, si è imposto orgogliosamente il nome di calcio, mentre negli Usa, in Australia e in Nuova Zelanda dovrete usare la parola soccer per indicare lo sport di Lionel Messi e di Cristiano Ronaldo. Ma procediamo con ordine.
Le basi del calcio moderno, secondo molti studiosi, furono poste proprio in Italia, per la precisione a Firenze dove, durante il Rinascimento, era popolarissimo il calcio, continuato ancora oggi come calcio storico fiorentino. In realtà, il gioco era parente più prossimo del rugby, prevedeva l’uso di tutte le parti del corpo e anche il ricorso alla lotta libera e al pugilato. Per gli storici, il calcio fiorentino discendeva dall’Harpastum, un gioco violento molto in voga tra i legionari romani, fatto di lotte corpo a corpo per il possesso di una palla di stracci o di pelle animale. Del resto, il nome stesso, ἁρπάζω (harpázō), significava in greco “strappare, portar via con la forza”. Secondo lo storico Svetonio, l’imperatore Augusto era assiduo praticante di questo gioco. Nella seconda metà del XIX secolo, quando il football inglese cominciò a diffondersi anche in Italia grazie ai marinai d’oltremanica che affollavano i nostri porti, i nostri dirigenti sportivi, con una forzatura che potremmo definire ideologica, in onore del gioco fiorentino preferirono adottare la parola calcio, dal verbo calciare, a sua volta esito del latino calx, che in principio valeva “calcagno, tallone” e poi passò a indicare tutto il piede.

football sport
Qualche anno prima, precisamente il 26 ottobre del 1863, presso la Freemason’s Tavern, un pub di Londra, i rappresentanti di una dozzina di squadre formate principalmente da giovani studenti degli elitari college aristocratici, come Eton e Rugby, si erano riuniti per stabilire delle regole comuni per lo sport che praticavano, chiamato genericamente football. Si decise, per esempio, che era vietato ai giocatori di tirarsi dei calci e di toccare la palla con le mani. Contestualmente, fu fondata un’associazione che riuniva tutte le loro squadre: la Football Association (F.A.).
Pochi anni dopo, precisamente nel 1871, un altro gruppo di squadre stabilì le regole di uno sport alquanto simile al calcio che era in voga al college di Rugby e prevedeva, come è facile intuire, la possibilità di usare le mani per toccare il pallone.
A questo punto esistevano ben due versioni distinte del football: quello dell’Association e quello di Rugby. Per brevità, quest’ultimo veniva indicato con la parola rugger, dalle iniziali di Rugby. Per simmetria, l’altro fu chiamato soccer, dal soc di Association.

rugby sport
La parola soccer, infine, si diffuse negli Stati Uniti, dove veniva usata per distinguere il football inglese da un altro sport molto popolare, cioè quell’ibrido tra rugby e calcio che oggi chiamiamo football americano. Dopo un periodo di convivenza delle due parole, per una sorta di reazione snobistica, gli inglesi, sempre molto orgogliosi della propria lingua, lasciarono agli americani il soccer e si riappropriarono del football.

Il Tennis

Un altro sport che presenta simpatiche curiosità etimologiche è il tennis, nato in Francia attorno al XII secolo. All’epoca si chiamava schiaffo palla, perché per colpire la palla si usavano le mani e non le racchette. Quando servivano, i giocatori gridavano tenez!, imperativo del verbo tenir, “tenere”, che valeva quindi “acchiappate, tenete”. La tradizione di esortare l’avversario a raccogliere la battuta si mantenne anche quando il gioco varcò il Canale della Manica. Solo che gli inglesi pronunciavano tenez come tennis, e così fu conosciuto il gioco nel resto del pianeta. Anzi, divenne tanto popolare che, per poterlo giocare anche d’inverno al chiuso e in spazi angusti, nel 1884 qualcuno si inventò addirittura il tennis da tavolo, conosciuto meglio come ping pong, nome che non è altro che l’onomatopea che riproduce il suono della pallina di plastica che sballonzola da una parte all’altra del tavolo.

tennis

C’è da rimarcare che in principio il gioco aveva anche altri nomi, sempre di natura onomatopeica: whiff waff, pom-pom, pim-pam. Sempre a proposito di tennis, è sicuramente curioso il modo di indicare lo zero nei punteggi con love, cioè “amore” in inglese. L’arcano si svela ricordando che in principio gli inventori transalpini del gioco usavano scherzosamente la parola l’oeuf, cioè “l’uovo”, che ha appunto la forma di uno zero. Nella pronuncia inglese, l’oeuf diventò love. E già che ci siamo, la parola deuce, che indica il punteggio di quaranta pari, non vuol dire “parità” come spesso si crede, bensì “due”, come i punti che servono al giocatore per portare a casa il gioco!

Le arti marziali orientali

Molto popolari sono anche le arti marziali di origine asiatica. I nomi di alcune discipline presentano risvolti interessanti dal punto di vista etimologico. Per esempio, il ju jitsu, come lo conosciamo noi in Occidente, in Giappone è in realtà il jujutsu, unione delle parole , “flessibile, adattabile” e jutsu “arte, tecnica, pratica”. Suo derivato diretto è il judo, unione delle parole , “arte” e , “gentilezza”, parola attestata in Europa attorno al 1935. Sempre dal paese del Sol Levante viene il karate, dall’accostamento di te, “mano”, e kara “vuota”.

ju jitsu

Da notare che quest’ultima è presente anche nella parola karaoke, che vale letteralmente “orchestra vuota”. Dalla Cina, invece, arriva il kung fu, in cui fu identifica semplicemente “l’uomo adulto”, mentre kung vale “abilità raggiunta in un determinato campo”. Quindi, il cinese gōngfu, significa letteralmente “abilità raggiunta da un uomo adulto in una particolare attività”. È coreano, infine, il taekwondo, che si compone di tre sillabe: tae, “colpire, spezzare con i piedi”, kwon, “colpire con il pugno”, e do, “arte, disciplina, metodo, cammino”. Perciò, taekwondo può essere tradotto come “l’arte dei calci e dei pugni”. La nostra boxe, molto più banalmente, significa “colpo”, dall’adattamento francese della parola inglese box.

Gli sport nordici

E facciamo, adesso, un salto nella fredda Norvegia, dove la parola skīth, letteralmente “pezzo di legno”, ci ha dato il nome per lo sci. Ha medesima nazionalità anche slalom, combinazione delle parole sla, “piegato”, e låm, “sentiero”, che indica, quindi, un percorso a zig-zag.
Provenienza scozzese ha, invece, il curling. Pare, infatti, che questo simpatico gioco invernale simile alle bocce nostrane fosse praticato già nel Medioevo, sicuramente prima del 1565, epoca in cui il grande pittore Pieter Bruegel il Vecchio ritrasse dei contadini olandesi che praticavano il curling, che deriva dall’inglese to curl, “far muovere a spirale”, ricordando l’effetto che i giocatori imprimono alle stones per ottenere una traiettoria curvilinea. In effetti, Paesi Bassi e Scozia avevano frequenti contatti commerciali e culturali a quell’epoca, come dimostra anche la storia del golf, che risulta invenzione dei contadini scozzesi del tardo Medioevo, anche se ne esisteva una versione olandese attestata alla fine del XIII secolo. Il gioco era praticato con una stecca e una palla di cuoio. Vinceva chi lanciava la palla entro un bersaglio distante diverse centinaia di metri con il minor numero di colpi. Anche il nome golf deriverebbe dall’olandese kolf, che indicava “mazza, stecca”, sebbene gli studiosi non siano tutti concordi. Di certo, tuttavia, è un falso la leggenda che vuole che il termine golf sia l’acronimo dell’inglese Gentlemen Only, Ladies Forbidden, cioè “Solo gentiluomini, proibito alle signore”.

Canottaggio & Ciclismo

Pur essendo discipline relativamente recenti, Canottaggio e ciclismo hanno in comune l’aver trovato il nome da lingue antiche. Il caribico canaua, filtrato attraverso lo spagnolo dei conquistadores, diventò canoa e raggiunse l’Europa. In Francia canot, derivato di canoa, passò a designare una piccola imbarcazione a remi o a motore, e da lì canotage diventò il nome della pratica sportiva del remo. La bicicletta, invece, è un’invenzione del XIX secolo, ma la disciplina sportiva a essa collegata mutuò il nome dalla parola greca κύκλος, “cerchio”, diventando cyclisme in francese già nel 1897.

canottaggio

Bisogna metterci l’anima!

E restiamo nell’antica Grecia per concludere questo breve ma denso excursus sull’origine e sui significati dei nomi delle varie discipline sportive. Il luogo di elezione di allenamento fisico e di apprendimento della disciplina era, come tutt’oggi, la palestra, parola che deriva da παλαίω, “io lotto”. La palestra, quindi, era vista come luogo di lotta, o meglio di competizione tra atleti. I greci, e i romani successivamente, ritenevano fondamentale preparare i giovani alla vita militare, come futuri soldati. Per questo, accanto a filosofia e matematica, particolare attenzione era dedicata alla ginnastica, per esercitare e migliorare la forza, l’elasticità e la coordinazione. Del resto, lo abbiamo detto fin da subito che lo sport nasce per migliorare le chances di sopravvivenza! Ebbene, γυμναστική τέχνη, cioè “l’arte della ginnastica”, ha una etimologia interessante. Deriva, infatti, da γυμνός, che valeva “nudo”. Eh già, l’esercizio fisico presso i greci si praticava da nudi. E non era solo un fatto di comodità. Per gli antichi padri della cultura occidentale, mostrare il corpo nudo, sia nell’arte che nello sport, aveva un valore trascendente. Le vesti, infatti, simbolizzavano il corpo fisico, mentre la nudità simbolizzava la potenza incorporea, quella che prescinde dal corpo. Noi la chiameremmo “forza interiore”, “spirito” o “anima”. In un certo senso, i greci in palestra mettevano a nudo la propria anima.   
Sarà per questo che, per eccellere in una disciplina sportiva, o in una qualunque attività umana, è essenziale metterci l’anima.

 

 

Davide Zingone Napoletano classe ‘73, vive a Roma dove dirige l’agenzia letteraria Babylon Café. Laureato con lode in Lingue e Letterature Straniere e in Scienze Turistiche, parla correntemente sei lingue. È autore della raccolta di racconti umoristici "Storie di ordinaria Kazzimma", Echos Edizioni, 2021; del saggio “Si ‘sta voce…”, Storie, curiosità e aneddoti sulle più famose canzoni classiche napoletane da Michelemmà a Malafemmena, Tabula Fati, 2022; e di “Tre saggi sull’Esperanto”, Echos Edizioni, 2022.

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