23 aprile, quarantatreesima Maratona di Londra. Migliaia di persone – atleti, appassionati e semplici entusiasti – danno fiato e cuore all’edizione con il maggior numero di partecipanti di sempre. Il clima è quello delle grandi maratone, con quel po’ di magia che ognuna lascia dentro a chiunque ci corra dentro.
Questa volta non vogliamo parlare dei risultati dei “grandi”, anche se il record stabilito dal primo arrivato, il ventitreenne Kelvin Kimptum, merita una menzione speciale: due ore, un minuto e venticinque secondi che gli sono bastati per completare la gara con il miglior tempo mai registrato prima.
Questa volta infatti l’eroe è un uomo anonimo, misterioso, un semplice puntino su un grande schermo a cui ancora adesso è impossibile dare un nome.
Il runner anonimo
Come lo conosciamo? È diventato protagonista, forse a sua insaputa, di uno dei momenti più iconici, divertenti e incredibilmente umani di tutta la gara.
Il video che lo riprende è sgranato, con una visuale dall’alto che rende quasi impossibile riconoscerlo nell’immensa folla ai blocchi di partenza. Più che un maratoneta, la sua figura compare e scompare come potrebbe fare giusto il più provetto mostro di Lochness.
La particolarità del runner sconosciuto sta nel distaccarsi quasi subito dalla folla e scattare in avanti a un ritmo folle da pensare di poterlo mantenere per la gara. A lui, però, basta arrivare lì dove gli atleti agonistici corrono, lontani dal resto dei partecipanti che “tanto uno fra di loro la vince sicuramente”.
È lì che lui arriva veloce, con una forza nelle gambe che ricorda quella di un bambino mentre gioca. Non c’è tecnica o particolare eleganza nella falcata, quanto la voglia di fare un’entrata con stile e di tornare a casa o magari anche andare al pub e poter dire “ad un certo punto sono stato in cima alla fila”.
Dieci secondi dieci
Andy Wharol parlava di come ognuno di noi avrebbe la possibilità di ottenere, nel corso della propria vita, circa quindici minuti di celebrità sotto i riflettori. Questo misterioso eroe moderno, nel suo essere così semplicemente umano, ha vissuto il suo momento per dieci secondi.
Dieci secondi per diventare l’idolo del web che ha visto in lui una leggenda, “un tipo qualunque che ha emozionato la folla per i dieci secondi in cui è stato in cima a tutti” dicono su Twitter.
La scena è divertente, ma ci lascia stupiti nel chiederci se anche noi avremmo fatto lo stesso, lasciando semplicemente che le gambe andassero veloci, senza alcuna preoccupazione di sembrare sciocchi o ridicoli nell’inseguire un desiderio così comune come quello di vincere una gara di corsa.
Some guy. Or not?
Lo scorso anno era già successo. Richard Lee-Wright, un runner 38enne aveva bruciato tutti in partenza e mantenuto la testa per quasi un chilometro. Una scommesa con gli amici, la sua.
Il nostro invece, al momento, è ancora uno sconosciuto, probabilmente rimarrà some guy, un tipo qualunque e ben presto il mondo sconfinato e vorace di notizie del web si sarà scordato di lui. Nel vedere il video della sua (micro) impresa non si può che ringraziarlo per averci ricordato che in un mondo grigio (nel caso di Londra soprattutto piovoso) è compito nostro trovare momenti di sciocca felicità e andare a prenderci quei dieci secondi che ci spettano.
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