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Paul Elvström. Un gigante della vela

Velista scrupoloso, campione come pochi, innovatore capace di migliorare tecnica e regole per chi è venuto dopo di lui, Paul Elvström ha spiegato le vele il 7 dicembre 2016 nella sua Hellerup in Danimarca. Alcuni giorni dopo sul Notiziario del centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale, Carlo Rolandi ne traccia in prima persona un ricordo appassionato che oggi riproponiamo.
Paul Elvström

A circa dieci anni di distanza dalla scomparsa di Tino Straulino, un altro grande Campione della Vela mondiale ci ha lasciato. Il 7 dicembre nella sua casa di Hellerup in Danimarca ha chiuso la sua vita terrena Paul Elvström, campione olimpico danese che ha segnato la storia dello yachting internazionale. Sono così scomparsi i due velici che hanno dettato legge per molti decenni nella vela mondiale. Il primo, Tino Straulino, ufficiale della Marina Militare italiana, che ha arricchito il palmares della Federazione Italiana Vela con medaglie olimpiche e titoli mondiali regatando nella Classi Olimpiche. L’altro, Paul Elvström, che ha caratterizzato la vela mondiale per tanti anni aggiudicandosi per ben quattro volte la medaglia d’oro nelle Olimpiadi disputatesi dal 1948 al 1972 e vincendo numerosi titoli mondiali in diverse Classi Internazionali riconosciute dall’allora IYRU, diventata poi ISAF ed oggi World Sailing.

Ricordi personali

Ho avuto modo di incontrare sia Paul che Tino durante i miei quasi ottanta anni dedicati allo sport della vela. Con Tino ho diviso finanche la preparazione e la partecipazione alla regata olimpica di Napoli nel 1960 nella Classe Star. Con Paul pur regatando in Classi diverse ho avuto modo di incontrarlo e familiarizzare fin dalla sua prima partecipazione ai giochi olimpici del 1948, quando a Torquay vinse la sua prima medaglia d’oro regatando nella Classe Firefly. Due caratteri diversi, due timonieri con impostazioni differenti. Tino legato alla tradizione della Marina Militare e quindi rigido nei comportamenti, Paul giovane ventenne che seguiva il suo istinto naturale: quello di diventare un velico di eccezione seguendo una rigida preparazione.

Paul, il velista

Lo ricordiamo quando veleggiava di inverno sui gelidi mari della sua Danimarca per sottoporsi a un addestramento che lo avrebbe reso meno vulnerabile durante le regate. E ancora ricordiamo i suoi momenti di depressione psichica, quando lo stress degli allenamenti e delle partecipazioni numerose alle regate gli faceva decidere di abbandonare lo sport. Un carattere volitivo, il suo, che riusciva anche a fargli superare questi momenti di stress quando riprendeva a gareggiare ai livelli più alti. Di lui molti hanno scritto dopo la sua scomparsa: una analisi puntuale e ricca di riferimenti ci viene da Gary Jobson, che aveva avuto la fortunata possibilità di seguirlo durante tutta la sua attività velica.

Paul Elvström

Paul, il campione

Il “palmares” di Paul Elvström ci fa annoverare ben quattro medaglie doro. La prima nel 1948, a Torquay, Classe Firefly, quando all’età di venti anni si aggiudicò il traguardo delle due ultime prove. La seconda a Helsinki nel 1952, questa volta nella Classe Finn. La terza a Melbourne nel 1956, quando vinse ben cinque delle otto prove disputatesi. La quarta alla regata olimpica di Napoli nel 1960, nella Classe Finn. Dopo questa regata decise di ritirarsi dall’attività velica, aveva all’epoca 32 anni, perché il suo sistema nervoso gli dava dei problemi, ma si riprese successivamente partecipando a diversi Campionati del mondo delle Classi olimpiche vincendo quello della Classe 5,50 nel 1966, quelli della Classe Star nel 1966 e 1967, della Classe Soling negli anni 1969 e 1974. In totale Paul Elvström vinse ben 11 titoli mondiali considerando anche quello della Classe 505 negli anni 1957 e 1958, della Classe Finn nel 1958 e 1959, degli Snipe ancora nel 1959 e della Classe Flying Dutchman nel 1962.

Nulla al caso

La sua preparazione tecnica era di tale livello qualitativo che gli permetteva di analizzare alla perfezione lo stato della barca sulla quale avrebbe regatato e apportare le modifiche che riteneva opportune, sempre nel rispetto delle regole di stazza della Classe. Ricordo personalmente un aneddoto di quando venne a Napoli nel 1960 per partecipare alla regata olimpica e gli fu consegnato il Finn con il quale avrebbe dovuto regatare (questa Classe veniva messa a disposizione dalla nazione ospitante che le faceva costruire con modelli standard per tutti i partecipanti). Ritenendo che lo scafo fosse troppo rigido si recò a Capo di Posillipo dove c’è uno scoglio a fior d’acqua denominato “la secca della Gaiola” e forzò lo scafo del suo Finn su questo soglio per rendere le ordinate più flessibili, ritenendo lui che così in regata avrebbe reso di più. La conquista della medaglia d’oro confermò la sua teoria.

Paul Elvström

Paul, l’innovatore

Ma Elvström non è stato soltanto uno dei più grandi regatanti del mondo: la sua esperienza pratica lo portò alla creazione di alcuni attrezzi delle barche con le quali regatava. Tra questi ricordiamo il “bailer”, che permetteva di espellere l’acqua accumulata sul fondo dello scafo utilizzando un device in acciaio inox che con la velocità dello scafo risucchiava il liquido dall’interno verso l’esterno. E ricordiamo anche le vele da lui ideate con particolare taglio ed adottate da un numero infinito di regatanti. Fondò la Elvström Sail, società che ha avuto lunghissimo apprezzamento da parte di regatanti di tutto il mondo per le diverse Classi da regata. Nel 1960 pubblicò un Regolamento di Regata corredato da commenti tecnici esplicativi ed illustrazioni che sono tornati utili per molti anni a diverse generazioni di regatanti.

Hanno detto di lui

Significativi sono i giudizi su Paul Elvström espressi da regatanti di livello mondiale: John Albrechtson disse che, senza ombra di dubbio, lo riteneva il più grande timoniere di piccole barche e che il suo apporto allo sviluppo dello Yachting nel mondo era stato molto di più di quanto altri avessero fatto. Il giornalista Bruce Kirby, timoniere olimpico canadese, affermò che il genio di Paul Elvström, timoniere mondiale di punta, derivava dalla sua attività svolta a terra paragonabile al suo modo di timonare la barca. All’età di 40 anni Paul Elvström fu definito “il Mozart della Vela” per il suo accanimento di voler raggiungere il meglio come equipaggio, ma la verità era che la pressione del suo sistema nervoso ricominciava a dare segnali negativi. Un altro appellativo che io ancora ricordo, fu dato a Paul Elvström a Napoli nel 1960 quando, durante le regate olimpiche il popolo della banchina, venuto a conoscenza della abilità e della scaltrezza di questo già multi medagliato olimpico che sullo scoglio di Pietra Salata aveva ritenuto necessario modificare la sensibilità del Finn assegnatogli, lo nominò “a zoccola c’acchiala” (ndr: il topo con gli occhiali) volendo racchiudere in questa breve definizione tutta la capacità, la furbizia e l’insuperabile bravura di questo grande campione della vela mondiale.
Addio Paul, riposa in pace!

 

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L’articolo è stata pubblicato per la prima volta sul Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche nel gennaio 2017.

 

 

Carlo Rolandi

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