Il rettangolo è verde. Il colore della calma, della natura e del destino, almeno così diciamo nella nostra parte del mondo occidentale. A Roma in una mattinata di settembre di quelle che solo Roma, per qualche ora, solo per qualche ora, il calcio ha fatto quello che sa far meglio: divertire, stare insieme, abbattere mura e steccati. Sudando perché, se è’ metafora della vita, sa esserlo fino in fondo. Il carcere femminile di Rebibbia ha ospitato la terza edizione del torneo di calcio a cinque “A Rebibbia, scendiamo in campo per la pace“. Senza la pretesa di cambiare il mondo, ma per divertirsi prendendo a calci la palla, ma anche indifferenza e pregiudizi.
Il torneo
Il triangolare ha visto sfidarsi l’Atletico Diritti, la nazionale Sacerdoti e gli Educatori di Rebibbia. A rafforzare le formazioni tre ambasciatori del gioco più bello del mondo quando si ricorda di essere semplice, sano. Vincent Candela, Fabio Petruzzi e Gioia Masia: della AS Roma, maschile e femminile, hanno scritto storie importanti tra la bolgia della Curva Sud ed i campi sterrati di periferia al tempo dell’olio canforato. Qualche altro VIP, affidato a Giuseppe Fiorello il calcio d’inizio, è rimasto a bordo campo, ma con pari, solidale calore.
Le squadre
L’Atletico Diritti è la squadra delle detenute e si tifa per loro, non ce ne voglia il buon Moreno Buccianti, “deux ex machina” delle nazionali preti e suore, un’intuizione geniale di qualche anno fa che ora lo porta a girare l’Italia per, diciamo così, predicare a modo loro. Squadre benedette dal Santo Padre a cui Moreno, decine di anni tra i dilettanti prima giocatore poi scout poi mister, ha promesso di presentarsi a breve con la nazionale Chierichetti.
Gli artefici
A promuovere il torneo è stata l’Associazione Prison Fellowship Italia onlus, dal 2009 in prima linea per l’impegno nel mondo carcerario. Stretti e decisivi collaboratori dell’evento, oltre alle squadre partecipanti, la SS Lazio, la AS Tifosi Roma, Sport & Smile (organizzazione eventi nel sociale) e Manalive, l’organizzazione no profit autentica fucina di iniziative a supporto di emarginati e dimenticati dall’Italia all’Albania, Armenia, Burkina Faso, Liberia, Togo ed ovunque si possa allungare una mano per rialzarsi da terra così come accade su un campo di calcio, così come accade dopo una brutta esperienza.
Sette e più camicie
Hanno vinto le ragazze, ne siamo felici, ma conta poco. Conta che il carcere non è quello che dovrebbe essere, che decreti e politici sembrano solo pronti a non cambiare nulla, che dire “entri con un raffreddore ed esci con la polmonite” è una verità incontrovertibile, che la gestione è fallimentare, che siamo in caduta libera in termini di sicurezza sociale (decoro, rispetto, crescita del bene comune) e costi economici, che forse per migliorare qualcosa il cambiamento deve iniziare da dentro di noi. Sudiamo queste sette bibliche camicie cominciando dal monito di madre Teresa, la santa della piccola goccia che non aveva paura di tirare calci.
Post Scriptum
Gocce su gocce come quelle del sistema di gestione idrica con pompa elettrica ad alimentazione solare che porterà l’acqua potabile al villaggio di Manga, Burkina Faso – la nazione di Thomas Sankara – grazie al contributo fondamentale dei ragazzi di Manalive. Terreni finalmente coltivabili anche nella stagione secca. Terreni affidati, per lo più, alle donne del villaggio finalmente protagoniste. Belle come un goal all’incrocio dei pali.