Utah, 13 settembre 1948. C’è fermento sulle Bonneville Salt Flats.
Ci sono fotografi che piazzano cavalletti telescopici in legno e altri che studiano la posizione migliore per scattare, ci sono meccanici, furgoni d’appoggio, macchine e poi c’è un uomo che si aggira indossando un giubbotto sopra un costume da bagno e che si ferma a parlottare un po’ con tutti.
L’uomo in questione è Roland “Rollie” Free e sta per fare qualcosa di straordinario.
Roland “Rollie” Free
Ormai è vicino alla cinquantina – è nato nel 1900 -, ma i suoi trascorsi parlano per lui. “Rollie” Free nella vita ha fatto diverse cose; ha venduto motociclette ad esempio, ma soprattutto ha corso spingendo le moto al limite estremo della velocità.
Tra gli anni ’20 e ’40 ha corso soprattutto su Indian in gare di durata e lunga distanza, stabilendo diversi record nella classe C dell’American Motorcyclist Association. Ad esempio quello registrato alla seconda edizione della 200 Miglia di Daytona del 1938, quando spinge la sua Indian Chief a 179,52 km/h.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale “Rollie” Free si arruola in aeronautica, non vola, ma si occupa della manutenzione degli aerei nella base di Hill Field nello Utah. Una parentesi, ma non del tutto. È in questi anni che inizia a prendere confidenza con le Bonneville Salt Flats, un deserto di sale completamente piatto che si estende per oltre 250 km2 nel nord dello Stato.
Quando la guerra finisce “Rollie” Free si congeda e torna alla vita di sempre, ovvero corse e motociclette. Indian, forse le preferite, ma anche Triumph che monta in gare di dirt track.
La mattina del 13 settembre, però, sulle Bonneville Salt Flats “Rollie” Free è con una Vincent HRD, moto inglese che per un ventennio agiterà i sogni di tanti motociclisti e che oggi è un lussuosissimo oggetto di culto.
Una moto con una storia
Quella Vincent HRD ha una sua storia. Una storia che nasce dall’incontro tra John Edgar, ricco sportivo appassionato di motori, e Philip Vincent, arrivato dall’Inghilterra in California per presentare, appunto, le sue motociclette.
John Edgar dice a Vincent che avrebbe voluto una moto in grado di battere il record di velocità stabilito da Joe Petrali che a Daytona, nel 1937, lo aveva fissato in 219 km/h correndo su Harley Davidson.
Philip Vincent sa quanto valgono le sue moto, non si lascia intimorire dalle sfide e, anzi, rilancia. Con rande tranquillità dice a Edgar che la sua Black Shadow già di serie raggiungeva i 200 km/h e che, se ben preparata e guidata, non avrebbe avuto alcun problema a battere il record di Joe Petrali.
John Edgar non ci pensa sopra, i due sono d’accordo, la sfida è lanciata.
Nasce così la Vincent HRD Black Lightining, anche nota come John Edgar Lightining, con un telaio più leggero, uno speciale ammortizzatore posteriore, carburatori allargati montati orizzontalmente, gomme da corsa e 25 cv di spinta maggiorata.
Finito l’allestimento in Inghilterra la John Edgar Lightining viene spedita negli Stati Uniti, dove arriva dopo tre settimane di navigazione e, a quel punto, passa nelle mani di “Rollie” Free che, sulla base della sua esperienza di corsa, la personalizza ulteriormente.
Il nemico da abbattere
È così che si arriva al 13 settembre.
Quel giorno “Rollie” Free corre contro l’avversario assoluto. Non uomini, non moto; quel giorno lui corre contro il tempo. Lo sa bene perché è lì. Lo sa bene perché è stato scelto e sa bene che non può tradire la sua fama di pilota ingordo di velocità. Quel giorno tutti si aspettano una sola cosa da lui: battere il record di velocità motociclistico su strada per moto di classe A.
In effetti la moto preparata per John Edgar e messa nelle mani di “Rollie” Free va e va anche molto bene.
Il problema è un altro, però. Ai primi tentativi “Rollie” Free veste una tuta da motociclista che lui stesso ha disegnata. Peccato che quando tocca i 237 km/h la tuta vada in brandelli, strappata dalla velocità. Il record è già battuto, ma quei due, la moto e l’uomo, possono fare meglio.
È per questo che adesso “Rollie” Free gironzola indossando un giubbotto, un costume da bagno, delle scarpe da ginnastica e in mano tiene stretta una cuffia da piscina.
Potrebbe sembrare il vezzo di un pilota eccentrico, non lo è, ma soprattutto, potrebbe non essere l’unico.
Il record e il costume
Quando “Rollie” Free sale in moto per spostare ancora più avanti il record di velocità, si calza la cuffia in testa, lancia via il giubbotto e rimane solo in costume e scarpe.
Inusuale avrà pensato qualcuno vedendolo. Inusuale penserete voi leggendo. Lo straordinario, però, deve ancora arrivare. “Rollie” Fee non ha pensato di vestirsi in modo bizzarro per un qualche vezzo; lui ha in mente altro. Lui sfiderà il tempo, l’aerodinamica e anche il buon senso; non solo correrà in costume e con una calottina in testa, ma correrà disteso sulla moto.
È così che sale in moto, parte, si distende e con la moto diventa un tutt’uno. È così che sfiora i 242 km/h, anzi 150,310 miglia orarie per l’esattezza, e stabilisce il record statunitense di velocità con moto su strada.
Quello che rimane
Della mattina dei record rimane la leggenda della Vincent HDR John Edgar Lightining – un modello simile, non uguale, appartenuto al pilota australiano Jack Ehret è stato battuto in asta nel 2018 per 929.000 dollari – e rimangono delle foto straordinarie che non smettono di stupire. Tra queste la Bathing Suit Bike, a buon titolo entrata nella storia del motociclismo.
Roland “Rollie” Free vivrà di corse ancora per qualche anno, poi ne uscirà e si metterà a lavorare come meccanico di auto. Morirà nel 1984. Tardivamente, solo nel 1998, a ricordo della sua impresa l’American Motorcycle Association lo ha inserito nella Motorcycle Hall of Fame.
Una scortesia, una banale dimenticanza, un puro caso? Tutto può essere, ma non è importante.
All’uomo che ha conquistato un record di velocità correndo a 242 chilometri all’ora in costume di bagno disteso su una moto, cosa volete che potesse importare.