Roma, oggi e ieri
Olimpiadi Tokio 2020, mi sono goduta la staffetta 4×100!
La gara è terminata, l’Italia ha conquistato l’oro diventando la Nazione della velocità mondiale.
L’emozione è stata enorme, la commozione anche.
I miei 75 anni sono diventati 14.
Nel 1960 era la mia età.
L’Italia, Roma in particolare, sta vivendo il fermento, la gioia, la speranza delle Olimpiadi; la prima, e finora, unica estiva in Italia, a Roma.
Un mio cuginone, giudice di nuoto, conoscendo la mia passione per lo sport mi procura un biglietto per l’atletica.
Roma 1960
È Settembre, il 3, non so esattamente che gare ci saranno, l’ora fissata è per le 14,30.
Già dopo aver stretto il biglietto il cuore impazzisce, non pranzo, so a malapena che autobus devo prendere per raggiungere lo stadio.
Il mio primo viaggio da sola, Roma è calda, ricordo che presi tre autobus (forse anche un tram).
Davanti al cancello dello stadio Olimpico, un signore gentile, stupito che non fossi accompagnata, mi porta al posto designato.
Mi siedo e credo di svenire tanto era corto il respiro.
Davanti a me tutti adulti e quando si alza qualcuno, io, pure in piedi, vedo poco ma quel poco, per me, è una regalo enorme.
Sono lì a sentire gli incitamenti e gli applausi.
Nel pomeriggio, improvvisamente, scende in pista Berruti, Livio Berruti.
Tutti in piedi (io finalmente sulla sedia o panca), vedo l’impossibile: un paio di occhiali neri che vanno come il vento sul viso di un atleta asciutto e veloce come non mai.
Poi l’urlo, gli abbracci con chiunque, i salti e tutti, giornalisti e spettatori, che gridano: Oro! Oro! Oro! Oro!
Nessuno pensa di smettere.
Io rompo un anellino (d’argento? legno?), tanto forte batto le mani. Poi la premiazione, il pianto liberatorio.
Felice, torno a casa che è orami sera. Non ceno, sono sazia. Quella notte non ho dormito.
Non credo che nessuno mai possa aver affrontato un’avventura simile e aver provato un turbinio di sensazioni così forti e positive tutte in un giorno solo.
Le Olimpiadi romatiche tra Jesse Owens e Abebe Bikila
Oggi sono tornata a quel settembre del 1960 a quelle Olimpiadi piene di calore, alla vittoria, non solo di Livio Berruti ma anche a quella di Wilma Rudolph che gareggiò lo stesso giorno di Berruti.
Per la loro storia d’amore le Olimpiadi di Roma furono denominate definitivamente come le Olimpiadi romantiche.
Il cuginone che mi procurò il biglietto, durante la cena di fine Olimpiade Roma ’60, incontrò un anziano Jesse Owens, lo riconobbe ed emozionato, gli chiese un autografo.
Aveva in mano l’invito alla serata e Jesse Owens, il trionfatore delle Olimpiadi di Berlino del 1936, glielo fece sull’invito.
Jesse Owens, velocista e lunghista, aveva attirato le ire di Hitler, che gli rivolse solo un saluto durante la cerimonia di premiazione. La leggenda narra che successivamente si incontrarono.
A conclusione di una estate indimenticabile andai assieme ad un’amica e al padre al Colosseo per applaudire Abebe Bikila.
Mi pare fosse il 9 o 10 settembre.
Purtroppo c’era veramente tanta gente e vidi poco ma era la finale delle Olimpiadi romane, non potevo perderla!