Romance. Vele di pace, venti di guerra

C'era ancora la Jugoslavia e in qualche modo - lungo la rotta - ripercorro il passato dei miei nonni, che da quelle città erano arrivati a Trieste, ben prima della Prima Guerra. L'esperienza velica si incrocia con la storia e con i miei ricordi lontani. il racconto di una regata che ci arriva dal numero di aprile 2021 del Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale
Romance

Le barche bordeggiano sotto il Faro della Vittoria attendendo il segnale di partenza. Il sole basso sull’ orizzonte e la brezza che tarda a soffiare sulle nostre vele. Siamo in tanti, almeno più del previsto per questa regata che troppi considerano ancora la regata dei s’ciavi, solo perché ad organizzarla sono due circoli nautici: il Sirena, fondato da un gruppo di diportisti sloveni di Trieste, e il Momar di Pola. Da Trieste a Brioni, arrivo al traverso di San Girolamo, isolotto dello stupendo arcipelago un tempo riservata località di villeggiatura della nobiltà austro-ungarica e poi residenza estiva di Tito. Sulla nostra testa volteggia l’elicottero della Guardia di Finanza, al largo incrociano le motovedette della Guardia Costiera e della Polizia che ci daranno assistenza, scortandoci fino al limite delle acque territoriali, così assurdamente vicine.  Poi – se si faranno vedere – saremo scortati dagli uomini della Milicja jugoslava. Già, non sappiamo ancora che tra poco più di un anno sarà tutto sconvolto e quelle nostre vele avrebbero navigato a rischio nelle stesse acque che ci accingiamo a solcare stanotte con lo spirito di una cordiale e leale amicizia sportiva.

Il primo segnale: dieci minuti al via

Paolo rassetta la cambusa e i gavoni sotto le cuccette, la sua barca è più grande, ma preferisce regatare con me. Gli impegni di lavoro ci impediscono di uscire in mare per allenarci e mettere a punto la barca, ma la passione per la vela ed il vento ci impongono di essere presenti quasi ad ogni regata nel nostro golfo. Niky, stranamente silenzioso, fuma seduto vicino a me nel pozzetto, forse pensa a Beffy, il suo Sciacchetrà che ha venduto l’inverno prima. Adriano, dopo aver controllato con la pignoleria di sempre tutta l’attrezzatura, prepara il fiocco, la randa è già a segno. Io, col timone tra le mani, ripasso con la mente le istruzioni di regata, la rotta…quella di questa nuova cavalcata notturna.

Partiremo di bolina larga, verso la costa istriana

Più tardi dividerò l’equipaggio in due squadre, ma ora – per la partenza – tutti alla manovra. La barca giuria alza il segnale dei cinque minuti. Il vento non è ancora entrato, bordiamo il genoa e ci allontaniamo lentamente dall’allineamento per prendere abbrivio e partire. Ho già scelto da dove: mi sembra convenga stare sotto costa, altri puntano al largo. Un minuto… Strambiamo!

Adriano a prua scandisce i secondi

Sardo, di poche parole, è un prodiere eccezionale. Stringo al vento, la barca carena quel tanto che basta e prende velocità. Forse siamo in anticipo, Niky lasca un pelo di randa, poi la recupera…a sinistra alcuni mostri, barche da regata pura, spartane e tecnicamente all’ avanguardia con vele da sogno, ci affiancano e ci passano senza difficoltà. Non posso competere con loro, anche se ho sbarcato ogni peso superfluo. Romance è competitiva nella sua classe, uno Sciacchetrà che ha una storia di piazzamenti di tutto riguardo, l’ho comprata da un amico, un compagno di liceo che non vedevo da anni e che si è sempre distinto in regata. Non voglio essere da meno.

Partiti!

Siamo arrivati all’allineamento solo qualche secondo dopo il colpo di cannone. Ora ragazzi attenzione… non vi concedo distrazioni, almeno fino a quando non si passa Salvore. La brezza sale mentre ci allunghiamo prendendo velocità…siamo ancora nel porto, sfilano le dighe sulla nostra sinistra. È il crepuscolo, le prime stelle e le luci accese sulla costa. Il faro di Punta Salvore in prua, ma ancora lontano. La chiamano bava degli orti, è la brezza di terra che devi seguire, che devi catturare per riempire la vela. Lasciamo al traverso Punta Grossa ed entriamo nel Golfo di Capodistria. Il vento sembra calare, le barche avanzano lentamente. Speriamo che nella notte che avanza, cambi e ci porti veloci verso il Canale di Fasana. Approfittiamo per dividerci: io rimango al timone almeno fino all’alba, non sono capace di perdermi una notte di mare, di stelle e di silenzio. Con me rimane Adriano, gli altri dovranno dormire almeno un po’, per darci il cambio e per essere freschi quando passeremo tra gli scogli di Punta Corrente, voglio tentare di là, senza doppiare San Giovanni in Pelago.

È buio, Salvore è sempre lontana, forse i più bravi, i più veloci si stanno già preparando a fare rotta su Umago

Noi, in un gruppetto di una decina di barche, stiamo difendendo la nostra posizione. Vediamo solo le luci di via delle altre imbarcazioni, nel silenzio solo lo sciabordio dell’acqua sotto la prua e lontano qualcuno che canta, anche questo fa parte del sogno di una notte tranquilla di tarda primavera. “Una fresca bavisela, incomincia za a sufiàr…de ponente sula vela che xe un gusto bordizàr”. Marinaresca, una bella canzone della nostra gente di mare.
Da terra il profumo della lavanda e della terra umida, siamo vicini alla costa. La luce del faro di Salvore ora è più vicina, mi allargo per evitare di finire troppo sotto, ci sono scogli che di notte non si riescono a vedere e non mi fido. Mi pare che il vento rinfreschi, anche la lancetta dell’anemometro è salita di qualche tacca. La randa e il fiocco sono a punto, una passata con un faretto portatile per controllare i filetti di lana e i segnavento, solo un attimo,non mi voglio far riconoscere: tutto ok. Mando a dormire la seconda squadra, dormiranno vestiti e pronti a saltare dalla branda, se ne avremo bisogno. Niky, che conosce meglio la barca, primo disponibile per eventuali cambi di vele.

La magia della navigazione notturna mi prende, mi affascina

Non è difficile seguire la costa, le luci mi dicono continuamente dove siamo e ora mi arriva, col vento, l’odore delle stalle. Vuol dire che la secca di Umago è già di poppa. Il vento tiene, non sento più cantare, dormiranno o saranno rimasti indietro, lontani spero, nella nostra scia. Adriano ed io ci scambiamo si e no qualche parola, non ho bisogno di dire quello che deve fare, lo sa e lo vede da solo: cazza un pelo di scotta del fiocco, poi lo lasca per seguire il vento, per far portare al meglio la vela. La mia mente vaga e si perde nei ricordi e nei rimpianti, insegue la fantasia e le speranze e la barra ruvida del timone vibra tra le mani, i riflessi e i movimenti sono istintivi. La sento quella barca, un sogno – forse l’unico di tanti – diventato realtà. Lei lo sa, lei mi ascolta e risponde pronta ad ogni mio comando.

Istria

La notte è volata e le basse colline dell’interno dell’Istria si cominciano a distinguere nel chiarore rosato che fa impallidire i fanali di Parenzo che sfilano a meno di un miglio alla nostra sinistra. Rivedo il volto di mia nonna, era arrivata a Trieste da quella splendida, elegante e minuscola cittadina, veneta nel suo impianto urbanistico, nei suoi palazzi, nel leone del suo campanile. Era arrivata prima della Grande Guerra. Parenzo, lei non l’aveva mai scordata. Mi raccontava di quando era piccola e correva con le sue cinque sorelle a piedi nudi sulla spiaggia tra le barche dei pescatori tirate a riva. Ricordi e fantasie che mi seguiranno ancora, fino al mattino…

Parenzo
(Parenzo)

Qualcuno si sta muovendo sotto coperta, mentre io cerco di ricostruire le posizioni delle altre barche. Non siamo nel gruppo dei primi, ma subito alle loro spalle e liberi da ingaggi e rifiuti, almeno per ora. Improvviso un profumo di caffè. Grazie Paolo! Sai sempre quello che ci vuole…quello del thermos è oramai una ciofeca e la moka che sbrombola sul fornello è come l’augurio di una bella giornata.

Sono stanco, ma non voglio mollare

Adriano va a dormire, mentre dal tambugio si affaccia la seconda squadra. Buon giorno ragazzi! Li aggiorno sulla situazione. Il sole è ancora basso e crea strani giochi di luce sul mare. Un guizzo, una gobba lucida e scura, un altro, un altro ancora, al largo di Orsera ci attraversano la rotta i delfini. Saltano fuori dall’acqua a pochi metri da noi… fratelli, come i gabbiani, fratelli di chi va per mare! Si allontanano, tornano, giocano nella nostra scia, poi spariscono e restiamo soli di nuovo, mentre il vento gira in prua e rinforza ancora. Le prime “pecorelle” di schiuma sulla cresta delle onde, e gli spruzzi sul viso. Mi piace, chiudo gli occhi che mi bruciano per il sale e per il vento, ma è quello che voglio, è quello che cerco.
Ancora assonnato Niky si siede sopra vento con le gambe fuori della falchetta, Paolo traffica tra i fornelli. Careniamo sotto raffiche sempre più forti. Romance fila via veloce, il solcometro dà punte oltre i 5 nodi, per una barchetta di meno di otto metri è una buona velocità. Niky controlla tutta l’attrezzatura e mette le cime in chiaro e poi, con la scotta della randa in mano, mi segue tra continue orzate e puggiate per tenere quel vento che salta. Col sole – spero – si stabilizzerà, cosi quando punteremo verso il Canale di Fasana sarà bolina stretta, bordeggeremo con gli altri fino alla boa di disimpegno, quella che si deve lasciare a dritta per puntare all’arrivo. Siamo al limite, lascio sfileggiare un po’ di randa già scarrellata. A prua il genoa leggero soffre, chiedo uno sforzo al mio equipaggio, si cambia fiocco, non ho rolla fiocchi, un peeling da manuale e via il leggero, bordiamo il genoa pesante che è anche più magro. Non serve terzarolare, per ora, più avanti vedremo.

Rovigno
(Rovigno)

Intanto Niki appiattisce la randa

La barca risponde meglio…docile, careniamo di meno, che la falchetta in acqua rallenta e noi stiamo attenti per non perdere metri. Alle nostre spalle altre barche, che di notte avevamo lasciato indietro, si avvicinano, più grandi, più veloci, magari anche più bravo il timoniere, ma non ci penso! Anche Paolo ora è seduto sopravento per bilanciare la barca e Adriano ha rinunciato al meritato riposo. La prua si infila nelle onde e solleva spruzzi che ci prendono a schiaffi. Le cerate gialle, gli stivaloni di gomma, il mare verde, il cielo di azzurro intenso sotto il sole del mattino. Uno spettacolo di colori anche in terra; stiamo passando al largo della bella Rovigno. 

Faccio il punto

Rilevo Sant’Eufemia col suo campanile, scoglio Baniole e San Giovanni. Stiamo camminando veloci e tra poco imboccheremo lo stretto canale tra Punta Corrente e l’isola di Sant’Andrea, paradiso estivo dei nudisti e d’inverno di stormi di gabbiani. È un passaggio che non conosco, breve ma pieno di scogli e il fondale è basso, ma se ci si tiene al centro qualcuno mi ha detto che si passa sicuri. Il fatto è che dovremo bolinare e quindi rapidità e precisione sono indispensabili, non possiamo mancare nessuna virata. Lo dico e lo ripeto a tutti: ognuno ha il suo compito, il suo posto di manovra.

Andiamo!

L’acqua è verde, trasparente, si vedono i sassi e gli scogli del fondo, la corrente in prua è forte, ma siamo veloci e il primo bordo, corto, cortissimo riesce. Viro ancora, tutti attenti e precisi. Siamo…sono, un equipaggio coi fiocchi! Pronti a virare, vado… lascia fin che porta, prendi a collo, dai e ora cazza, cazza, cazza! Cantano i winch. Ok, ripetiamo la manovra ancora tre volte, quattro volte…Bravissimi, siamo quasi fuori e un ultimo bordo mi serve per portarmi verso l’esterno per lasciare a sinistra gli isolotti di Pirozzi. Mi allontano dalla costa istriana, soffriremo per le onde, ma potrò sfruttare meglio un vento sempre più impetuoso, mentre vedo le basse isole di Brioni ancora lontane.

La bolina ci porta all’ingaggio con altre barche

È una emozione ad ogni incrocio: mure a dritta…Acqua! Sfiliamo sotto una barca più grande che ci ha dovuto dare la precedenza, ora un’altra, ma è più veloce e passiamo a un filo dalla sua poppa, poi viriamo per il prossimo incrocio e avanti così: adrenalina per più di due ore, verso Sud Est scansando le Due Sorelle e Scoglio Gustigna.

Imbocchiamo il Canale di Fasana

Ora le Brioni ci coprono dalle onde. Ogni tanto lo sguardo si distrae tra le pinete e i prati verdi delle isole. Il vento consiglia di terzarolare e magari di cambiare ancora fiocco…abbiamo troppa vela? Forse sì, ma perderemmo velocità e tempo. Un consulto tra tutti: rischiamo, scarrelliamo ancora la randa, tutti fuori, anch’io mi siedo sulla falchetta con la prolunga del timone tra le mani. Si tratta di meno di un miglio. Passata la boetta arancione del cancello. Puggio! Lasca! Romance scatta, è quasi un traverso, una galoppata da sogno verso il traguardo, se fosse un lato più lungo forse potrei dare fuori lo spi.

Isole Brioni
(Le isole Brioni)

Sentiamo il segnale della sirena che annuncia il nostro arrivo, non sappiamo come ci siamo piazzati, ma siamo felici: “drogati dal sale, dal sole e dal vento”. Abbiamo ancora un bel po’ di navigazione per arrivare al Marina di Veruda, dove è previsto l’ormeggio e dove passeremo la notte prima di ritornare a casa, domani. Riduciamo la vela, ora sì, inutile sforzare e rischiare danni. Vassoi e bicchieri, piatti e bottiglie di vino compaiono per magia nel pozzetto, è già ora di pranzo e comunque abbiamo una fame da lupi di mare!

Pola

Romance, affidata al timone automatico, costeggia le dighe del porto di Pola, “…presso del Camaro, ch’Italia chiude e i suoi termini bagna”. Quanta storia tra quei moli e quelle banchine che si intravedono appena, lontane…il Kaiser di Tegethoff disalberato dopo lo scontro di Lissa, i MAS italiani di Gortan e Ciano – nel buio – all’assalto con siluri che colpiscono ma non esplodono, il grillo di Paolucci e Rossetti che supera le reti e le ostruzioni ed affonda la Viribus Unitis dopo aver fatto sbarcare l’equipaggio nemico. Scoglio Ulivi, il cantiere navale, il silurificio e la Scuola sommergibilisti. Impianti difesi sino all’ ultimo dai marò della Decima.

Pola
(Pola)

E ancora i ricordi dei miei vecchi, di quella casa di Pola mai vista, sentita raccontare mille volte da mia madre. Là vicino alla spiaggia della Marina, diceva. Chissà dove, non lo so, non saprei distinguerla tra tante nuove, brutte costruzioni, alberghi, residence, villette a schiera e palazzoni. La mamma di mia nonna, troppo vecchia per partire, rimasta con la figlia zitella a ricamare tovaglie per l’altare della chiesa quando tutti scappavano e i preti istriani si dovevano nascondere per non finire deportati o massacrati, in odium fidei. I suoi figli maschi, a guerra finita, uno ufficiale dell’Esercito Italiano e l’altro nell’Armata Jugoslava. Le foto trovate nei vecchi album di famiglia, ingiallite, ma ancora piene della antica giovanile bellezza di quelle donne di cui conosco solo il nome. Mio nonno, con una divisa che non sapeva nemmeno lui quale fosse, zocolista diceva, ma mi sembra si trattasse di una associazione culturale e sportiva, covo di nazionalisti croati. E lui – fiero italiano di Fiume – che ci faceva con quella divisa? Segreti di famiglia, misteri di una terra di confine tra due guerre.
Mentre questi e tanti altri pensieri mi tornano alla mente, mentre col binocolo esploro ogni anfratto di quella costa alta, rocciosa dove le onde frangono e nel sole creano piccoli arcobaleni, mentre cerco ancora, purtroppo invano, perché voglio raccontare a mia madre che ho trovato quella casa della sua infanzia, della sua giovinezza, quella dove non ha mai più voluto tornare. Mentre tutto questo, alla nostra sinistra si apre l’ampia e profonda insenatura di Veruda.
Accostiamo e prima di entrare nel Marina, un giro in Val Cagoia, l’acqua verde e i rami dei pini che accarezzano il mare. Ci fermiamo all’ancora per un poco, rassettiamo la barca nel frinire delle cicale, poi andiamo all’ormeggio e ci concediamo qualche ora di sonno!

Si fa sera, la premiazione e la cena sono state organizzate su un grande barcone che fa da ristorante galleggiante

Arriviamo ed è un’orgia di calamari, papaline e pedoci annaffiati da malvasia istriana e zilavka, il vino di Mostar. Siamo stanchi, ma tra tanti amici l’allegria vince ogni stanchezza, è un brusio che ti assorda, cento voci, tante lingue, risate, grida e canzoni. Qualcuno con un fischio chiede un momento di attenzione, non capisco una parola di croato, ma è chiaro, stanno per comunicare l’ordine d’arrivo e premiare i migliori. Categoria per categoria: il nome di una barca, il nome di un timoniere,gli applausi con la coppa tra le mani e avanti.

Quarta categoria, la nostra

terzo classificato: Sweet Charm, bravo Gino, un amico, bravo timoniere un po’ matto, forse più matto di me! Secondo classificato: Topkapi, Pulcini arriva sempre davanti a me… penso, comunque applaudo. Una pausa, poi: primo classificato Romance, un’omonimia? No, sento anche il mio nome, non ci credo ancora. In tempo reale Gino era prima di noi, lo ho visto già a secco di vele quando siamo arrivati, ma in tempo compensato, non so se per rating o abbuono per età…abbiamo vinto!

Ho tra le mani quella coppa insperata e inattesa

La aggiungerò alle altre, ancora poche, sopra una mensola del salotto. È piena di sampanjca offerta dagli amici croati, fredda e frizzante, quando passa di mano in mano e di bocca in bocca, mentre siamo seduti sul pontile tra bitte e sacchi delle vele e ascoltiamo racconti e malinconiche canzoni. Non manca mai una chitarra e i racconti sono sempre gli stessi: di vele, di vento e di burrasche ogni anno più violente di quelle stesse, ma raccontate l’anno prima. Avventure vissute o forse sognate, ma raccontate come le sanno sognare e raccontare solo i marinai!

L’ultima volta

Eravamo ancora là l’anno dopo, con la barca di Paolo, un bel half-tonner, anche lui è ritornato a casa con una coppa, sotto una pioggia insistente e dopo una dura notte in mare sotto spinnaker, tra tuoni, lampi e groppi di vento… è stata l’ultima volta. La nostra ultima Trieste-Brioni. Poi le violenze nel mattatoio balcanico tra croati e serbi, tra serbi e bosniaci, tra bosniaci e croati e persino tra serbi e sloveni ci hanno sconsigliato di partecipare all’edizione successiva e ci è rimasto nel cuore il ricordo di quelle nostre vele di pace, mentre riprendevano a soffiare di nuovo, forti e gelidi i venti di guerra.

 

Sergio Bisiani ingegnere triestino, ex Ufficiale della Marina Militare e velista dello S.V.M.M

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