Stadio Nazionale PNF, Colombes*, Bernabeu, Olympiastadion.
La Storia con la maiuscola del nostro calcio è stata scritta in quattro stadi del vecchio continente. Tre vittorie ed una conferma, Colombes, cinque miglia dalla torre Eiffel. L’Italia ribadisce la supremazia planetaria, solo il Brasile ci riuscirà più avanti. Era domenica il 19 giugno 1938, 4-2 ai magiari, Vittorio Pozzo ed i suoi ragazzi entrano definitivamente nella leggenda.
Prima di loro, però, al Colombes c’era stata un’altra finale, una finale con l’Italia che tifava il rossoblu del Bologna.
Una finale dimenticata.
L’altra finale
Un anno e tredici giorni prima, il Colombes ospita un’altra finale, tutta da raccontare.
In campo italiani ed inglesi per l’ultimo atto del Trofeo dell’Esposizione Internazionale di Parigi (“Arts et techniques dans la Vie moderne“).
L’Italia onora l’Expo – che apre al calcio, ma è soprattutto altro – come meglio può.
L’architetto Giuseppe Pagano coordina la nostra partecipazione, Marcello Piacentini disegna il padiglione esterno, Mario Sironi ed Arturo Martini presentano lavori che raccontano il paese mediterraneamente vibrante di sole ed idee. Nel foot, come lo chiamano i cugini, rispondiamo all’invito con la nostra squadra migliore, il Bologna FC, fresco scudettato per la quarta volta, lo squadrone che fa tremare il mondo**, Parigi compresa.
Con i rossoblu, sette sorelle dell’aristocrazia del calcio europeo: Austria Wien (Coppa Europa Centrale ’36), Slavia Praha (Campione nazionale ’37), OM (Campione nazionale ’37), Sochaux (Coppa di Francia ’37), Leipzig (Coppa di Germania 1936), Phoebus Budapest (4′ nel campionato ungherese ’37) e soprattutto perché raro incontrarli fuori dai propri confini, i rappresentanti del calcio inglese, i londinesi del Chelsea.
Il torneo è compresso tra il 30 maggio ed il 6 giugno, si gioca a Parigi, Le Havre, Strasburgo, Antibes e Lille.
Come costantemente accade per l’Italia, il Bologna non riceve i favori del pronostico che si dividono fra gli austriaci di Sindelar e l’incognita albionica. I dodicimila del Colombes, fomentati dalla stampa locale, immaginano il Sochaux in grado di imporsi anche con margine.
Sorride in tribuna il presidente federale Giorgio Vaccaro, e la sua non è arroganza. Da prima di subito i rossoblu dimostrano una superiorità tecnica e tattica, primi sulla palla, ordinati, incisivi. Il pubblico apprezza ed applaude, conta la parte ma di più la cavalleria.
La sequenza delle reti: Busoni, due volte Schiavio, rigore francese, e Sansone per il definitivo 4-1.
Musica diversa in semifinale.
C’è il viaggio in treno fino a Lille, ma soprattutto un avversario più ostico e determinato. La partenza razzo dei cechi dello Slavia costringe l’undici di Arpad Weisz a ridosso della propria area, sono almeno tre gli interventi decisivi di Carlo “saracinesca” Ceresoli.
Il Bologna tiene botta, conservando preziose energie per la seconda parte della partita quando l’uno due Reguzzoni-Busoni decide.
Dall’altra parte del tabellone bravi e fortunati gli inglesi, prima a piegare Marsiglia con il sorteggio e poi la corazzata austriaca con due goal a cui i viennesi avevano risposto solo con tante mazzate sugli stinchi, ma zero palloni alle spalle di John Jackson, keeper della nazionale scozzese.
Domenica 6 giugno 1937
La partita decisiva è talmente bella da meritare la menzione degli interpreti: Ceresoli; Fiorini, Gasperi; Montesanto, Andreolo, Corsi; Busoni, Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni. Loro con Jackson; Barkas, Barber; Mitchell, Craig, Weaver; Spence, Argue, Bambrick, Gibson, Reid. La Francia in finale c’è con l’arbitro Leclercq.
Andre’ Reichel racconta la partita dalle pagine de Le Figaro.
Conferma che tre quarti degli addetti ai lavori vedeva gli inglesi favoriti, ma che il feroce desiderio di vincere degli italiani ha fatto la differenza. Come si può ancora negare le qualità del calcio italiano?
La domanda, in effetti, doveva essere come mai ci si fa la domanda.
Il Chelsea – per evitare confusione ma soprattutto per attirare i favori del pubblico – gioca con la maglia azzurro bianca del Racing – parte forte, Bologna si chiude e riparte, e quando riparte fa male.
Tre reti nei primi 45: Reguzzoni sfrutta un’indecisione di Barkas (14′), poi Busoni (22′), poi ancora implacabile Reguzzoni assistito da Schiavio (30′). Ripresa di marca inglese con Ceresoli e Gasperi sugli scudi. Reguzzoni arrotonda (65′) prima del 4-1 finale dopo spunto personale di Weaver, l’ultimo ad arrendersi.
I migliori? Ceresoli, Reguzzoni, Sansone, Andreolo e Fedullo.
Al cronista non sfugge che gli ultimi tre sono di scuola sudamericana.
Si rimarca altresì la correttezza degli italiani – sconosciuta ai più, maestri inglesi compresi – che, vista la malaparata, non avevano esitato ad andar giù pesante.
Paris Soir, a denti stretti, evidenzia che meglio del Bologna, c’è forse ma solo forse l’altra squadra londinese, l’Arsenal, vista di recente in azione dalle quelle parti.
Busoni a destra, Reguzzoni a sinistra sono due martelli.
Dai piedi educati di Schiavio partono cannonate. Le parate in tuffo di Ceresoli sono efficaci ma strizzano l’occhio anche allo spettacolo come è giusto che sia. Andreolo, al centro della mediana, è avanti di chissà quanti anni: copre e riparte, gioca semplice, fa giocare bene i laterali. Ma a vincere è soprattutto il WM, il modulo 3-2-2-3, l’abito disegnato su misura da Weisz per i suoi ragazzi.
La Coppa di Angelo Schiavio
Capitan Schiavio alza il trofeo tra gli applausi di un pubblico ancora sportivissimo e sinceramente ammirato.
Schiavio che aveva già annunciato il ritiro, ma che il presidentissimo Renato Dall’Ara aveva insistito per vedere in campo.
“Questa Coppa ti appartiene” non è solo un modo di omaggiare una volta di più l’Angiolino, artefice delle più belle vittorie della squadra che fa tremare il mondo, ma è proprio il desiderio di tutta una città.
Schiavio si porta a casa la Coppa che, dopo essere stata data per smarrita, torna meravigliosamente alla luce nel 2009 durante i lavori di preparazione per il centenario del club.
Andreolo e Ceresoli sono nella spedizione azzurra che si ritrova a Colombes per difendere la Rimet solo una manciata di mesi dopo. Andreolo, l’uruguagio con radici campane, da incontrastato dominatore del mezzocampo. Ceresoli, infortunato, da primo tifoso a bordo campo per sostenere Aldo Olivieri che difende i nostri pali.
Intanto, a Bologna, la stella di Schiavio non si è spenta, ma si chiama Amedeo Biavati. È lui a completare l’attacco dei sogni azzurri con Meazza, Piola e Colaussi.
I più forti
1930 Coppa Internazionale, Italia; 1932 Coppa Europa Centrale, Bologna; 1934, Coppa Rimet, Italia e Coppa Europa Centrale, Bologna; 1935 Coppa Internazionale, Italia; 1936, Olimpiadi, Italia; 1938, Coppa Rimet, Italia.
Nessuno ci diceva di essere i più forti e, chissà quanti di questi straordinari successi sono arrivati anche per la consapevolezza che quello che conta davvero è battersi.
Generazione Highbury.
* Il Colombes è dedicato alla memoria del mediano di apertura della nazionale francese di rugby, Yves du Manoir, scomparso in un incidente aereo all’età di 24 anni
**Lo squadrone che tremare il mondo fa, come viene battezzato il Bologna nella prima metà del secolo scorso, è parte dell’inno composto nel 1912 dai giovani del bar Libertas di via Ugo Bassi