No, non parlo del beach football che in Top Gun Maverick avete visto giocare da Tom Cruise e dai suoi piloti su una spiaggia della Miramar Naval Air Station di San Diego.
Parlo di altro.
Quanti anni avevate nel 1986?
Diciamo che se state leggendo questo articolo, probabile che ne avevate tra i 20 e 25.
Qualcuno studiava, qualcuno lavorava, qualcuno faceva tutte e due le cose e, se maschi, quasi tutti avevate già fatto il militare.
Quasi un bel posto l’Italia degli anni ’80, rampante, vanziniania, vedute larghe e così poco ortodosse che a vederle oggi sembrano un futuro distopico più che un passato recente, inflazione galoppante, ma nessuno se ne curava troppo.
La barca andava, non proprio come negli anni ’60, ma tutti navigavano sotto uno stellone che sembrava imperituro.
Negli Stati Uniti quelli sono gli anni di Ronald Reagan. Bel viso cinematografico, apprezzato attore di genere, già governatore della California, sarà un presidente che segnerà non solo la storia a stelle e strisce, ma anche l’immaginario. Sarà lui, infatti, non solo a cavalcare un modello economico che avrà il suo nome – la cosiddetta reaganomics -, ma anche a riprendere in mano un orgoglio americano quantomeno acciaccato.
Le scene impietose dell’abbandono di Saigon nell’aprile del 1975 e del fallimento dell’operazione di recupero degli ostaggi americani in Iran nell’aprile 1979 erano recenti, bruciavano e avevano lasciato segni profondi.
Hollywood fa la sua parte
Il cinema come sempre, quando non lo anticipa, si impossessa del mainstream.
È di questi anni un filone narrativo che va da Taxi Driver (1976) a Il Cacciatore (1978) sino a Rambo (1982), che vede il cinema dare al tema dei reduci letture varie e diverse tra loro.
Ma questi sono anche gli anni della guerra cruda raccontata da Apocalypse Now (1979) e del glamour in divisa di Ufficiale e gentiluomo (1982).
In questo contesto, nel 1986, arriva Top Gun, commedia d’azione che con la mano di Tony Scott lancia definitivamente nel firmamento hollywoodiano un attor giovane, bello e di belle speranze: Tom Cruise.
Tom Cruise
Thomas Cruise Mapother IV, in arte Tom Cruise, poco più che adolescente aveva già deciso che il cinema sarebbe stata la sua vita.
Scuola serale di recitazione, qualche particina insignificante, ma anche qualcuna d’autore. Tra queste Amore senza fine di Zeffirelli (1981) e I ragazzi della 56ª strada di Coppola (1983). Poi una buona parte da protagonista in Risky Business – Fuori i vecchi…ii figli ballano (1983) che lo avvicina di molto al successo e due film al tempo considerati minori, ma che diventeranno dei cult e che vale la pena ricordare.
Il primo è il generazionale Taps. Squilli di rivolta (1981) di Harold Becker, che lo vede insieme a George C. Scott e ai giovanissimi Timothy Hutton e Sean Penn. Il secondo è l’onirico Legend (1985) dove Ridley Scott ripercorre gli archetipi del Mito, del Bene, del Male e della perdita dell’innocenza.
Quello che Tom Cruise diventerà dopo e che lo porterà ad essere oggi, a 60 anni compiuti il 3 luglio, idolo ed eterno ragazzo hollywoodiano, è noto a tutti.
Top Gun
L’epopea dei piloti della US Navy irrompe nelle sale nel 1986, in Italia il 18 settembre.
Commedia d’azione in puro stile a stelle e strisce, condensa valori fondanti come il coraggio, l’onore, l’amicizia e l’amore, ma anche tutte le traversie delle vite che si mettono in gioco indossando una divisa. Vite che a volte finiscono con medaglie alla memoria e bandiere ripiegate consegnate a genitori, mogli e figli.
Fatto è che il Top Gun del 1986 è un successo straordinario.
Campione d’incassi, fa vestire i ragazzi con giubbotti Schott e gli fa indossare Ray-Ban Aviator. Soprattutto fa registrare una punta di arruolamenti in Marina che non si vedeva dai tempi dell’orgoglio ferito a Pearl Harbour, 45 anni prima.
Top Gun Maverick del 2022 non è da meno.
Sequel a lungo atteso, ritardato per le vicende pandemiche, è già campione d’incassi e ha riportato molti al cinema.
In particolare moltissimi ragazzi di ieri.
I vituperati boomer che al tempo si erano persi tra duelli aerei e Kelly Mc Gillis oggi sorridono alla descrizione della rischiosa, ma non improbabile, missione contro uno Stato canaglia e rimangono incollati ai sorrisi senza tempo della fascinosissima Jennifer Connelly e di un Tom Cruise in forma campionato.
Thomas prima di Tom Cruise
Noto alla cronaca per girare scene rinunciando spesso alla controfigura, Tom Cruise impersona l’eccellenza dell’attore che diventa il personaggio che interpreta.
Tecnicamente basso con il suo 1,70- ma forse anche 1,68 – di altezza, Tom Cruise ha dimostrato, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che non esistono limiti alla costruzione e all’educazione sportiva di un qualunque fisico.
Delle sue esperienze sportive si è raccontato abbastanza; dalla passione giovanile per il wrestling sino a una vita improntata all’allenamento continuo che lo vede praticare dal kayak all’arrampicata, dalla corsa al nuoto, dai pesi al trekking.
Meno nota invece è la sua declinazione calcistica.
Quando Top Gun giocava al calcio
Nato nel 1962 a Syracuse, nello Stato di New York, Tom al tempo Thomas ha una normale adolescenza americana. Un trasferimento in Canada per seguire il lavoro del padre, genitori che divorziano quando aveva 11 anni e i college, ovvero scuole dove lo sport non è un accessorio, ma un pilastro della formazione e della crescita talentuosa dei ragazzi.
Ebbene, al college Tom Cruise giocava a calcio, a soccer. Non avrà fatto solo quello, ma giocare a soccer nella metà degli ’70 a latitudini nordamericane non era proprio scontato.
Le foto ce lo restituiscono giovane e imberbe mentre gioca e mentre è in posa con la sua squadra. Anche lui, come tutti noi da questa parte di mondo, ha inseguito e rubato i suoi palloni, ha dato e preso calci alle caviglie, ha sgomitato per liberarsi di una marcatura e si è sbucciato gomiti e ginocchia.
Una passione comune
Tutto questo ce lo fa essere ancora più familiare e ci lascia pensare, o magari illudere, che in quel viso da eterno ragazzo ci siamo un po’ tutti noi.
Certo, qualcuno ricorderà i pubblici auguri che Tom Cruise volle fare alla nazionale inglese prima della finale di Euro 2020. Possiamo perdonarglieli, in fondo ha parlato da tifoso e questo significa che quelle partite al college hanno lasciato il segno nella memoria e alimentato passione.
Comunque abbiamo vinto noi, quindi va bene così.