All’anagrafe si chiamava Lî Xiâolóng. Tutto il mondo lo conosceva come Bruce Lee, ma per i suoi genitori fu sempre Xiao Long, piccolo drago, perché nato nell’anno cinese del drago. Questo nomignolo, oltretutto, ne sottolineava bene il carattere esuberante, che durante l’infanzia trascorsa a Hong Kong lo portava spesso a scontrarsi con la piccola criminalità giovanile dell’ex colonia britannica. Così, per necessità contingente, il giovane decise di imparare le tecniche di difesa marziali iscrivendosi alla prestigiosa scuola di Wing Chun (letteralmente, “pugilato dell’eterna primavera”) uno stile di Kung Fu, seguendo gli insegnamenti del famoso maestro Yip Man. Da allora, Bruce non abbandonò mai lo studio delle arti marziali.
Il trasferimento negli USA
Quando si trasferì in pianta stabile negli USA, lui che era nato proprio a San Francisco nel 1940 durante una tournée teatrale dei genitori, il giovane proseguì lo studio per conto suo. Naturalmente attratto dalle discipline da combattimento, Lee provò il pugilato occidentale con ottimi risultati, poi imparò i rudimenti della scherma, infine si appassionò al judo (smentendo la leggenda che odiasse la lotta corpo a corpo). Dagli sports da ring Lee mutuò l’importanza della preparazione fisica, con allenamenti che sposavano i concetti del fitness per l’incremento di forza muscolare, velocità, resistenza cardiovascolare e flessibilità. Tuttavia sottolineò sempre l’importanza della preparazione mentale e spirituale, elementi fondamentali per il successo nella pratica delle arti marziali.
Il Jeet Kune Do
Tutte queste conoscenze tecniche, unite ai suoi studi di filosofia, permisero al ventiseienne Bruce di elaborare nel 1966 il suo personale stile di combattimento, il Jeet Kune Do, letteralmente “la via del pugno che intercetta”. Un sistema in continua evoluzione, tanto da essere modificato e aggiornato in continuazione da Lee fino alla morte, avvenuta nel 1973 (in circostanze su cui si è ricamato parecchio in seguito), sempre alla ricerca della massima efficacia in combattimento, ma in contesti non sportivi, bensì nella difesa personale, anche da strada.
La testimonianza di Joe Lewis
In molti sono ancora oggi pronti ad affermare di aver sfidato Bruce Lee in risse per strada e di aver ricevuto sonore bastonate, ma una testimonianza autorevole in materia è senz’altro quella di Joe Lewis, campione americano di Karate e Kickboxing attivo proprio negli anni ’60 e ’70:
“Lo considero in assoluto il più grande. […] Per un uomo che pesava solo 62 chili, poteva colpire forte tanto quanto un peso massimo. […] Aveva una velocità impressionante, specialmente con le mani, e lo so perché mi fu davanti più volte e mi beccò più volte.”
Ci sono tutti gli elementi per desumere che Bruce Lee fosse un eccezionale combattente, anche se non ebbe una carriera agonistica, ma prevalentemente cinematografica.
L’urlo di Chen a Roma
A proposito di cinema, Bruce Lee venne a Roma nel 1972 per girare il film Way of the Dragon, conosciuto in Italia con il titolo, decisamente meno accattivante, di L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente. Si trattava dell’unico film scritto e diretto interamente da lui stesso. Per scegliere la location, come dicono quelli bene informati, il mitico attore visitò parecchie città in Europa, ma alla fine la sua scelta cadde su Roma. Lee rimase, infatti, affascinato dall’idea di girare il combattimento finale contro Chuck Norris, un altro che sarebbe diventato un mito della lotta cinematografica, dentro il Colosseo, richiamando esplicitamente i combattimenti fra gladiatori.
Una trama sottile
Yen Chen parte da Hong Kong per Roma per aiutare Lao-Shan, una lontana parente che ha aperto insieme a un gruppo di amici un ristorante cinese nella Capitale. Alcuni malavitosi intendono fare del locale una centrale di spaccio della droga. Non riuscendo a convincere i proprietari a venderglielo con le buone, i malavitosi cercano di intimidirli, ma Chen riesce a sconfiggerli facilmente. Dopo nuovi tentativi di intimidazione andati a male, l’organizzazione criminale chiama tre campioni di arti marziali: il giapponese, l’europeo e l’americano. Dopo combattimenti mozzafiato e pieni di colpi proibiti, Chen riuscirà immancabilmente a sconfiggere l’organizzazione e se ne tornerà finalmente a Hong Kong.
Punti forti e punti deboli del film
Bruce Lee era molto orgoglioso del risultato raggiunto con questo film, ma era altrettanto consapevole che presentava parecchie pecche (in particolare le sue lacune alla regia), pertanto pretese che la pellicola fosse distribuita solo in Oriente, convinto che avrebbe avuto scarsa presa presso il pubblico occidentale. Tuttavia, alla sua morte, il produttore vendette il film in tutto il globo, sfruttando la fama raggiunta da Bruce.
Il combattimento fra Bruce Lee e Chuck Norris all’interno del Colosseo è senz’altro il punto di forza del film. La sequenza richiese tre giorni di riprese e venti pagine di copione, dettagliatamente coreografate e storyboardate da Lee stesso.
Altro momento gradevole del film è la passeggiata per Roma e Tivoli con Lao-Shan. Il pubblico italiano, infatti, non avrà fatto fatica a riconoscere nelle immagini dei luoghi iconici della Città Eterna: Colosseo e Foro, Arco di Costantino, Piazza Venezia, Piazza Navona, Piazza del Popolo, Fontana di Trevi, nonché Villa d’Este a Tivoli con le sue Cento Fontane.
Edizione italiana
Una curiosità riguardo l’edizione italiana del film. Nella versione originale, il personaggio interpretato da Bruce Lee si chiama Tang Lung. In Italia fu ribattezzato Yen Chen per collegarlo ai due precedenti film Dalla Cina con furore, in cui il protagonista interpretato da Lee si chiama Chen Zhen, e Il furore della Cina colpisce ancora, in cui interpreta Chen Chao-an. Va comunque sottolineato, a onor del vero, che, anche se si trattava di tre personaggi diversi, nessuno in Italia se n’è mai accorto!