Prendi un adolescente, alto, bello ma timido e riservato. Fallo nascere a Bologna nella culla delle tifoserie del basket. Dagli la caparbietà e il senso del gioco. Mischia il tutto e il nome che ne esce può essere solo Davide Bonora.
L’ex stella della pallacanestro rivela “fin da giovane coltivavo l’arte del dubbio, nel senso che ero sempre pronto a mettermi in discussione per capire se andavo nella direzione giusta. Alcune volte, forse, ero fin troppo severo con me stesso. Quando entravo in campo, però, le perplessità del quotidiano sparivano”.
Marcelletti, D’Antoni, Williams: le persone indimenticabili
Il primo del tris di nomi è Franco Marcelletti (allora allenatore della Scaligera), che ne intuì la potenzialità da titolare di Serie A. “Ci ha creduto prima lui di me”, dichiara Bonora.
Segue Mike D’Antoni (a suo tempo allenatore del Treviso), definito dal cestista “un Carlo Ancelotti del basket”.
Ultimo solo per chiudere con la dovuta rilevanza, l’amico Henry WIlliams, compagno di squadra, venuto a mancare nel 2018, con cui il Campione d’Europa ha condiviso “6 anni e mezzo di intesa dentro e fuori dal campo”. Noto a tutti con l’appellativo “Hi Fly”, la Guardia di Indianapolis era per Bonora “il compagno del cuore, un secondo fratello”.
Sogno di playmaker sul tetto d’Europa
Le due medaglie continentali, un argento e un oro, rispettivamente nel ’97 e nel ’99 (mai più replicate dalla Nazionale Italiana) hanno ricevuto il contributo di Davide Bonora.
“Personalmente, ci ero arrivato con una consapevolezza già consolidata con la vittoria nella finale scudetto del ’97 (Pall. Treviso-Fortitudo Bologna, 3-2, ndr). Mi ero reso conto di essere diventato quello che sognavo da bambino”.
Davide Bonora era arrivato fin lì spinto da sogno e passione, riflettendo solo sulle sue doti per potenziarle al meglio. “In una pallacanestro come quella degli anni’90 – spiega – ove la componente fisica rispecchiava solo il 40% delle caratteristiche dei giocatori, io sapevo di essere circondato da compagni più “atleti naturali” di me. Una consapevolezza che mi ha motivato a puntare sulla strategia del gioco, prediligendo la squadra alle soluzioni individuali. In poche parole, favorivo compagni che avevano facilmente, e più frequentemente di me, 20 punti nelle mani“.
Insonnia d’amore
“Posso perdere il conto delle mie notti insonni prepartita – rivela – perché non ero freddo come si diceva. Sentivo molto la tensione. Ho cominciato a dormire meglio quando sono diventato consapevole dei miei mezzi, per poi tornare ad essere più nervoso quando mi sono reso conto di non essere più un giocatore affidabile come prima”.
Il basket secondo Bonora
“Il basket mi ha trasmesso delle sicurezze anche nella vita. Ho cominciato accettandomi per quello che ero: timido con le ragazze, mai al passo con la mondanità, felice con poco. Diciamo che questo sport ha messo d’accordo il cestista e l’uomo. Anche se coltivo un nuovo amore, quello del padel, il basket è parte di me e nulla colmerà la sua mancanza. Purtroppo ho commesso errori, ho fatto scelte sbagliate e gestito male alcuni aspetti del mio post carriera. Il mio addio alla pallacanestro è con riserva, ma senza speranze”.