La Dinamo Rock rappresentò un piccolo sogno a spicchi, fatto di musica, rock e campi di calcio.
Erano gli epocali anni 90′, nei campi c’erano i trionfi del Milan e nei walkman le cassettine con i Blur e gli Oasis. Le fiammanti maglie della Dinamo Rock, calcarono i campi per un breve periodo di tempo, ma indimenticabile. Anche se le scopo era esclusivamente benefico, tutti i rocker videro realizzati i propri sogni: una squadra composta da miti come Piero Perù, Ligabue, Zucchero e Jovanotti. Il dio pallone aveva imbracciato, finalmente, la chitarra di Hendrix.
Gli inizi, l’erba del terreno che profuma di rock
C’è un minimo comune denominatore che unisce il calcio al rock’n’roll. Il profumo dell’erba e gli stadi. Calpestarla, viverla, sentirne l’odore. Rende unica l’esperienza. Se in un concerto ti rimane addosso quello che vivi, il tuo corpo è tutt’uno con quello con cui fisicamente hai contatto, e le emozioni ti fanno ricordare l’esatto posto in cui eri, il tempio, gli spalti o una curva, sono la cornice sacra dell’evento. Proprio come un concerto rock, dove il pubblico sulle gradinate diventa tutt’uno con il proprio artista, nel calcio i giocatori diventano tutt’uno con i propri tifosi. È il fuoco sacro che alimenta da millenni la musica e anche lo sport. Non si esce dal vortice, come diceva Pasolini, uomo ed intellettuale di estrema cultura: il calcio è l’ultima rappresentazione sacra dei nostri tempi.
Il nesso logico che lega la cultura, l’arte e quindi, anche la musica, al mondo del football è il suo spirito popolare. Non è una questione di popolarità ma bensì di aggregazione, di equità e di rapporti sociali.
I tifosi, il pubblico, la gente ha bisogno di sentirsi uguale in un modo sempre più divisorio e diviso. E sceglie e celebra i suoi momenti, i suoi spazi, e le sue emozioni in base a ciò che la rende unica. Il calcio è un fenomeno di massa, ma ciò non vuol dire che deve essere intenso come una demagogia. Il football piace perché trasforma i sogni in realtà e gli attimi in momenti indimenticabili. Proprio come un concerto. Ma non in un teatro, in un’arena, o in un palasport. Il rock’n’roll è storicamente celebrato negli stadi. Proprio perché si è uguali. Si è un unicum con il proprio artista. Si è protagonisti.
La nascita. Sogni benefici di rock’n’roll
I sogni a volte, nascono all’improvviso. Per raggiungerli ci vuole tanta volontà e autodeterminazione. La voglia e l’impegno sono come un atleta che getta il cuore oltre l’ostacolo.
Per partire dall’inizio di questa storia, facciamo un balzo a ritroso di quasi trent’anni.
La stagione del 1994 verrà ricordata come il passaggio trans generazionale verso il nuovo millennio. Gli adolescenti delle medie, rappavano tra le note di Serenata rap di Jovanotti e nelle discoteche spopolava The Rythm of Night di Corona.
Nel mondo del calcio, gli sportivi italiani piangevano ancora sul quel maledetto rigore tirato da Baggio. E la politica vedeva alla luce nuove ere e discese in campo (e non parliamo di calcio).
In un una piccola cittadina, tra la via Emilia e il West, come direbbe Guccini, inizia a muovere i passi il piccolo ma grande sogno targato Dinamo Rock. Il 3 Novembre 1994, a Correggio si radunano i piccoli e grandi gruppi rock italiani, con lo scopo di conoscersi e dar vita ad un progetto che unisca rock, calcio e beneficenza. Una sorta di Stati Generali della musica rock italiana, realizzati su un terreno di gioco. Sebbene l’altra squadra italiana, la Nazionale Cantanti Italiana, vanti oltre tre decenni di storia ed impegno nel campo della beneficenza, con nomi illustri tra le sue fila come Morandi, Ramazzotti, Mingardi e tanti altri ancora, la Dinamo Rock punta essere un autentico progetto fuori dalle righe, ma con l’intento di regalare sorrisi ai più sfortunati. Una sorta di simpatico ed epico duello, (citando la storia del rock), tra mods e rocker, dove i nostri leggendari rockers italiani mettono in campo tutta la loro tempra mista al puro spirito rock’n’roll.
La filosofia
La Dinamo Rock parte con una filosofia ben precisa: “In rock’n’roll we trust”. Con questo spirito, in soli 8 giorni si forma il primo direttivo composto da: Tolmino Menozzi (Presidente), Cavalli Cocchi (vice), Filipazzi (dei Ritmo tribale consigliere), Paolo Bruni (dei Negrita, consigliere) e Ulderico Zanni (dei Rats, consigliere).
Un calcio al pallone ed uno alla chitarra
Ed è una vita da mediano quella dei rocker. Stare nel mezzo, come cantava Ligabue. Sempre lì, finché ce ne hai. Con i polmoni e la chitarra sempre accordata. Sono i versi congiungenti che legano l’amore per il cuoio al mondo del rock’n’roll.
Le prime uscite sono sui campi piccolissimi, come quello di Crema. Le prime maglie, gialle e verdi (le fiamme arriveranno in secondo momento), indossate dai primi componenti e giocatori, tra i tanti: Ulderico Wilko Zanni e Lorenzo Lunati (Rats), Scaglia (Ritmo Tribale), Gianfranco Fornaciari (Clandestino), Fabrizio Tavernelli, Drigo (Negrita ), Omar Pedrini e Enrico Samuele Ghedi (Timoria), Feiez alias Paolo Panigada (Elio e Le Storie Tese), Max Cottafavi (Clandestino e Ligabue), Pau (Negrita).
Perché questo era lo spirito della Dinamo Rock: l’aggregazione, la passione, l’amicizia
Pensata e strutturata come il senso della musica e la vita: da soli non si va da nessuna parte. Tra scarpette e divertimento il progetto dal 95 al 1999 cresce sempre maggiormente, insieme alle tante operazioni benefiche portate in campo, è proprio il caso di dirlo, dal coinvolgente e trascinante collettivo foot-rock.
I nomi delle mission portate a termine portano i nomi di Progetto Libellula, Operazione Tibet e tanti altri ancora. Le sfide sono “epiche” e gli avversari i più variegati e disparati. Si va dalla Nazionale Tibetana, alla Nazionale Italiana Magistrati. Un condensato di allegria e amore per il calcio. Senza vincoli e senza frontiere. Lo scopo è sempre e solo unico: aiutare chi è in difficoltà.
Proprio come fa un testo rock, un album o una canzone: porgerti una mano nei momenti più bui della vita. E non importa chi è il destinatario. L’importante è farlo. Alle soglie degli anni 2000, i giocatori ruotano. Cambiano i nomi. Un po’ come il mercato delle grandi squadre, ma senza soldi o contrattazioni.
Il calcio, i sogni, il rock e la democrazia
Diciamoci la verità, assistere ad un concerto rock o una partita di calcio, ci regala le stesse emozioni.
L’enfasi si trasforma in sogno e il coinvolgimento ci rende tutti democraticamente uguali. Non c’è nulla di artefatto, ma bensì spontaneo. Il rapporto è viscerale, autentico, di fratellanza. Un artista, una band, un musicista diventa per un determinato arco temporale, un nostro padre, una sorella, un gemello mai avuto. E poi c’è l’altra faccia, quella dei sogni, dell”utopia, della fantastica chimera. È quello il senso incarnato dalla Dinamo Rock. Una favola, una meteora musico-calcistica che ci ha fatto sognare. Sempre con il sorriso e l’allegria.
Come direbbe lo scrittore Nick Hornby, il maestro che con la sua penna ha unito meglio di chiunque altro il calcio, il rock e la musica: …Vorrei essere nei miei sogni, come Bruce Springsteen prima di un concerto. Perché l’intesa tra pubblico e fans, intesi anche come appassionati di football, è totale, chimica allo stato puro. Non c’è nulla di più meraviglioso di sognare attraverso gli occhi dei propri idoli. È quello che ha incarnato la pelle, il sudore, e la passione della Dinamo Rock. Proprio come in un riff di chitarra, un assolo di batteria, ma mai senza il supporto del pubblico. E non c’è nulla di male se il tutto è durato 90 minuti, o 180.
La Dinamo Rock è stata la rappresentazione popolare ed artistica di un football ad “alto voltaggio”, oppure, per ricordare Hornby, ad alta fedeltà.