Federico Ferrari Orsi. Il generale e il pallone

Nella notte stellata del deserto africano Federico torna ragazzo per sognare un altro goal al derby
Fedrico Ferrari Orsi

Si avvicinano i giorni decisivi per la campagna del Nord Africa. L’operazione Lightfoot che scatena la seconda battaglia di El Alamein porta la data del 23 ottobre 1942. Cinque giorni prima l’Italia perde il comandante del X Corpo d’armata impegnato da due mesi di fuoco sul più difficile degli scenari di guerra.  È il generale Federico Ferrari Orsi, 56 anni a dicembre. È un maledetto pomeriggio di calma piatta, c’è da ispezionare un campo abbandonato dagli inglesi, località Deir el Munassib che da lì a poco sarà teatro di scontri durissimi. Il generale salta su una mina, i due ufficiali della Folgore che lo accompagnano la scampano per puro caso. La sua prima divisa, dopo l’accademia di Modena, è di sottotenente con i lancieri di Mantova nel 1909. Libia, Anatolia, ancora Cirenaica, Jugoslavia, ma anche anni importanti di comando di scuole militari (Pinerolo, Civitavecchia). L’Africa ultima dimora come per tanti, troppi di noi: più di diciassettemila tra truppe italiane e coloniali. 

Federico Ferrari Orsi
(1907. Torino-Juventus. Il primo derby)

Il fondatore

Ne parlava quasi mai, ma il generale aveva indossato un’altra divisa in gioventù, meno austera ma, per certi versi, non meno nobile. Ad animarlo sempre la passione, forte fortissima ma smorzata dalla vita nuova, dall’ardore per qualcosa di più forte, l’amor di patria. Il generale amava studiare, amava i classici, i brillanti risultati liceali ed universitari lo indirizzano verso una carriera di avvocato per l’orgoglio di papà Enrico e mamma Sabina, piemontesi doc di Rivoli, città sabauda nella storia e nei modi. Federico studia, ma con gli amici si ritrova sempre più spesso a parlare di grandi progetti, con i più fraterni condivide l’altra passione: il calcio. Questo gioco che se ti prende non ti molla più, è divertente, liberatorio, per tutti. L’idea prende forma, Federico sa come avvicinare alcuni imprenditori locali per sostenere il sogno. Con i suoi amici il Torino Football Club diventa una realtà, ci si coalizza con la FC Torinese e alcuni dissidenti del FC Juventus (che ha vinto il suo primo titolo nazionale) con un incontro presso la birreria Voigt la sera del 3 dicembre 1906. La prima presidenza va al baffuto Hans Schoenbrod, svizzero e tifoso del Servette, è lui ad insistere per sostituire i colori giallo e neri con la divisa granata dei ginevrini, anche se un’altra versione racconta che il colore onora la brigata Savoia che 200 anni prima aveva liberato Torino dai francesi. 

Il calciatore

Federico Ferrari Orsi gioca cinque partite nella prima stagione del nuovo club, sono le sue uniche presenze prima di scegliere l’altra strada ancora più sterrata. Lega il suo nome al primo derby disputato, il primo di una meravigliosa, sportiva rivalità. È il 13 gennaio 1907, è soprattutto la prima partita ufficiale del Torino, è l’andata delle eliminatorie regionali del campionato nazionale di prima categoria. Il velodromo Umberto I, quartiere Crocetta, è il punto di riferimento, non solo cittadino, per i pionieri del football importato da oltre Manica con un successo che ancora si intravede appena. Il passaparola porta centinaia di persone a circondare il rettangolo di gioco, il Torino sorprendentemente la spunta 2-1. Dopo 20′ è proprio Federico Ferrari Orsi ad aprire lo score: angolo e deviazione vincente di testa, Durante non ci può arrivare. Il raddoppio in avvio di ripresa (60′) con l’attaccante svizzero Hans Kampfer più lesto di tutti all’interno dell’area avversaria. Vantaggio dimezzato solo nelle battute finali (89′) con il rigore concesso dall’arbitro genovese Pasteur e trasformato da Ernesto Borel per la Juventus. Il Torino vince anche la sfida di ritorno per poi cedere solo al Milan campione d’Italia per la terza volta. Ci sono le premesse per continuare a fare bene, ma la federazione decide di escludere gli stranieri dal campionato provocando la reazione di diversi club, il Torino tra questi, che rifiutano l’iscrizione al torneo 1908. Federico è già tra banchi di scuola ed esercitazioni militari. 

Federico Ferrari Orsi
(Federico Ferrari Orsi)

Il destino

Il calcio è solo un gioco e dovrà restare tale. Federico Ferrari Orsi ha altri progetti, servire la Nazione dove serve, come meglio possibile per sua gratificazione e riconoscenza. Saranno anni duri, di crescita e di continue sfide fino al giorno nel deserto che non doveva arrivare. 

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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