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Giro d’Italia 1946. Guerriglia per Trieste

Giugno 1946, la Repubblica è appena nata, il Giro d'Italia riparte ma le ferite sono ancora aperte. L'agonismo tra Coppi e Bartali tiene già banco, ma accade anche altro. Accade che per andare a Trieste si scateni la guerriglia. L'organizzazione annulla la tappa, ma qualcuno non è d'accordo. Sono i ragazzi della Wilier Triestina. Loro alla tappa di casa non rinunciano.
Wilier Triestina 1946

È nata la Repubblica” titola Il Corriere della Sera. 6 giugno 1946.
Pochi giorni dopo, uno dei quarantuno scatti della Leica del fotoreporter caposcuola, Federico Patellani, viene scelto per la copertina del settimanale Il Tempo, edito Mondadori, che insegue la tiratura e le fantasie di Life che già fa scuola come quasi tutto da oltreoceano.
Nella foto una ragazza di 24 anni, Anna Iberti, di cui si sa il nome e niente più, buca letteralmente la prima pagina del giornale di via Solferino con una faccia piena di iconica felicità.

Giro d'Italia 1946

Titolo quinto, ha ragione chi ha vinto. Il modo di dire è carino, ma non la racconta tutta
A Napoli, prima roccaforte savoiarda, l’esito del referendum viene contestato con una veemenza madre che lievita di ora in ora. La ribellione sfoga nella piazza, l’informazione latita, il bilancio è raccapricciante. Nello spazio di sei ore di scontri, 11 giugno, nove morti, cento e più feriti. Muore Ida, avvolta nel tricolore sabaudo, travolta da un’autoblindo della polizia. Con lei, in momenti diversi ma sempre a via Medina, cadono otto manifestanti decisi ad attaccare la sede di partito che festeggia la vittoria issando due bandiere sui pennoni dell’edificio: una è tricolore senza stemmi di sorta, l’altra è tutta rossa.

Napoli scontri via Medina 1946
Ida ha 19 anni. Carlo 14. Gaetano 16, gli altri 20 o giù di lì.
L’Italia della pacificazione, della normalità, del dopo, comincia anche così.
Lo sport farà la sua parte per unirla dvvero, ma il Giro d’Italia in quel giugno 1946 ha una storia tutta sua.
Una storia di guerriglia.

I 79 del Giro

A Milano, contraltare d’umore, si radunano intanto i ciclisti per il primo Giro d’Italia del dopo.
Sono 79 corridori, 13 squadre, tutti italiani. Sembra impossibile ma si riparte. Gli occhi di tutti cercano chi avrebbero cercato già prima della guerra e che ora sono alla prima grande corsa da rivali: Gino Bartali fedele alla Legnano, Fausto Coppi fresco biancoceleste con la Bianchi.
17 tappe, dal 15 giugno al 7 luglio, partenza ed arrivo nel capoluogo lombardo.

Giro d'Italia 1946

In 48 verso Trieste

Il 30 giugno, dodicesima tappa e sesto giorno rosa per Vito Ortelli, il programma prevede la Rovigo-Trieste, 48 corridori ancora al via, punzonatura all’alba, si parte alle 6.25.
Sono 228 chilometri di sostanziale pianura che comunque promette battaglia nell’ultima tappa di avvicinamento alle Dolomiti.
A 30 chilometri da Trieste, a 2 chilometri da Pieris, all’altezza di San Canzian d’Isonzo, il plotone si trova sbarrata la strada da blocchi di cemento, mentre piovono chiodi e sassi senza soluzione di continuità.
Azione ben programmata e politicamente “sponsorizzata”, ci vuole un attimo a riconoscere i burattini e quelli con i fili dietro.

GIRO D’ITLIA 1946Giro d'Italia 1946

Guerriglia al Giro

Egidio Marangoni, gregario di Bartali, è centrato appena sopra l’occhio e dice cose in bergamasco. Lui non bestemmia dice cose.
La polizia della Venezia Giulia composta da militari americani arriva tardi, reagisce, manganella, ma alla fine riempie l’ambulanza con due dei suoi colpiti, fortunatamente non a morte, da colpi di arma da fuoco.
La carovana, riparata nei campi, assiste alle scene di guerriglia: chi allibito, chi infuriato, qualcuno rilancia i sassi al mittente. Urlano parole al vetriolo contro il Giro, “momento di italianità, subdolo strumento per rivendicare Trieste all’Italia, quando è ovvio (sic) la città vuole essere slava“.
Parlano come mangiano, dialetto locale. La provocazione dei girini è ignobile, il volantino ricorda che “le conseguenze non sono prevedibili, ma chi non rispetta la volontà del proletariato (sic sic) deve pagare”.
C’è chi tira sassi, chi sbraita e chi spara.

Giro d'Italia 1946
(Giro d’Italia 1946. Egidio Marangoni)

La lezione della sera prima qualcosa ha purtroppo insegnato

Stessa filastrocca del “non s’ha da fare“, ma per il concerto italiano nella piazza simbolo di Trieste che balla, canta ed aspetta il Giro. Ai rosso vermiglio stellati la festa non piace, parte una rissa di dimensioni epocali. Mazzate, polenta e baccalà, l’orchestra che non smette di suonare, la MP che arriva a babbo morto, ma in tempo utile per trascinare in infermeria otto disturbatori, mentre altri due curano le ferite con l’acqua salata dopo un bel tuffo non proprio volontario.

Trieste, tappa chiusa

Il patron Armando Cougnet si arrende giocoforza e dichiara chiusa – neutralizzata, nel gergo – la tappa. Appuntamento ad Udine per riprendere la corsa senza dare troppa enfasi all’accaduto.
Le squadre dei due big sono d’accordo, ma c’è chi non accetta la resa e non ci pensa a darla vinta ai violenti, agli anti-italiani, agli odiatori.

C’è chi dice no

Sono soprattutto quelli della Wilier Triestina, biciclette dal 1906, anche perché “questa tappa è la nostra tappa“. E il capitano, Giordano Cottur, prima maglia rosa di questa edizione numero ventinove, è triestino purosangue, conosce a memoria il dedalo di strade prima dell’arrivo.
Gli americani, sollecitati dagli organizzatori (“chi vuole continuare è padrone di farlo, ma non ci sara’ nessuna ripercussione sulla classifica“), caricano Cottur e gli altri 15 sulle camionette, breve sosta all’Excelsior di Barcola e via di nuovo, pedalando, fino a una Trieste più fremente (pensare solo un momento di esserci…) che mai.
Lo sprint è senza storia. Giordano prende dieci metri ad Antonio Bevilacqua, velocista puro ma… veneto. Giordano deve vincere e vince per il tripudio di un popolo, sì, che lo porta in trionfo. Nessuno sporca la festa, anche il ladruncolo d’occasione restituisce la bici del vincitore prima del buio. Mezzanotte, quella notte, non arriva.

Giro d'Italia 1946
(Giro d’Italia 1946. Giordano Cottur)

Il Giro riparte con altre pagine di storia da scrivere, è il suo destino

L’airone torna lui, vince due volte sulle Dolomiti e vince pure l’ultima volata all’Arena, ma viene declassato per una irregolarità. Ci prova insomma, non sarebbe il campionissimo, fino all’ultimo metro, ma diavolo di un Ginaccio non molla un metro. Presa la maglia ad Auronzo di Cadore, mostro di regolarità, chiude con 47″ di vantaggio e il primo posto degli scalatori. Ha 32 anni ed è il suo terzo Giro, ancora due anni e scriverà le pagine eroiche del Tour ’48 che ai francesi..sì quello, bravi.

Giro d'Italia 1946
(Gino Bartali vince il Giro d’Italia 1946)

Cottur chiude ottavo, l’albo d’oro dice una vittoria di tappa ma, noi si sa, sono due. Anzi una e due!
Nono, un minutino dietro, Alfredo Martini e qui tolleranza zero con chi non sa chi è.
Due belle foto, Anna e Giordano. Due storie dietro.
Una più conosciuta. Una più vera.

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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