Il finire degli anni 70, verrà ricordato come l’ingresso della Lady di Ferro. Margaret Thatcher si insidia a Downing Street, instaurando una nuova epoca di lacrime e sangue. Pugno duro e tagli alla spesa pubblica alimentano la delusione della middle-class. Nei locali, nell’underground, il fuoco covava in maniera ribollente. Non solo culturalmente, ma anche stilisticamente e in maniera decisa.
Un binomio, 1976-1977, che cambierà in maniera decisa il modo di pensare, di imporsi e di proporsi di un’ampia fetta di controcultura britannica. Punk, ribellione, opposizione. Il contro-potere conia il suo manifesto simbolo: No Future. L’espressione massima è il movimento punk-rock. Il London Bridge brucia, di rabbia, di delusione, di assenza di prospettive. Un fuoco che arde. Tra White Riot, Sex Pistols e The Clash. Band, gruppi, che si racchiudono negli squat e suonano, infiammano, danno vita ad una nuova corrente di contrapposizione. La regina non è altro che un essere umano. Il simbolo viene decapitato, deposto, spazzato via.
In questo clima di new wave, fermento e rivoluzione musicale, si rinforza il legame tra l’Inghilterra e il mondo reggae. Popoli lontani geograficamente, ma che si intrecciano, scambiano, idee e percorsi interculturali.
E poi arrivano loro: i Madness.
L’arrivo della Two-Tone
Prima degli anni 40′, lo ska (o blue-beat) nasce ufficialmente in Jamaica. Le sue peculiarità sono il saper ballar e ridere, sempre. La sua anima è pero spirituale, sciamanica, spiritistica. Negli anni 60′, lo ska incarna perfettamente l’anima festaiola. A Kingstone pionieri come Prince Buster, Stranger Cole e Duke Reid, iniziano a organizzare i primi sound system. Camioncini che girano in strada e organizzano dj-set tra la gente. Con il passare del tempo, si iniziano a verificare i primi fenomeni di emigrazione. Dalla Jamaica le maggiori comunità del posto iniziano a trasferirsi in U.K. Con loro portano i ritmi, i flussi musicali, le contaminazioni del Calipso, del rocksteady, creando una miscela esplosiva tra caribe e cultura inglese. Tra i primi c’è Jerry Dammers, fondatore dei The Specials e dell’etichetta Two-Tone. È l’inizio di una corrente musicale che unirà nel sound e nelle sue line-up sia bianchi che neri, sonorità meticce e nuove sottoculture.
I Madness. I primi invasori e l’omaggio a Price Buster
Nel 1976, l’aria nei sobborghi di Londra era pesante.
Cambiamenti, rivoluzioni, malcontento. Tutto viaggiava in direzione ostinata e contraria, come direbbe Faber. Lo humor british, da Lennon in avanti, si sa, ha fatto scuola. Sopra c’era un mondo ricco di scioperi, disoccupazione, disillusione, nell’underground si formava l’alternativa. Ribelle, proletaria, ma del tutto umoristica, intrisa di una filosofia marciante tra sberleffo e militanza. Quattro giovanotti scanzonati, anarcoidi, estemporanei, corrispondenti ai nomi di Mike Barson, Chris Foreman e Lee Thompson, si fanno chiamare The Invanders e inaugurano la loro line-up ufficialmente. I loro palchi sono i pub di Camden Town, i bar fumosi e opulenti di birra, gli scantinati e i music-club. Alla allegra compagnia si uniscono due anni dopo Graham McPherson, Mark Brendford, Chas Smash e Dan Woodgate. La band decide di cambiare il nome in Morris & The Minors. Il gruppo, ha un indole ska, jamaicana, tropico-inglese. L’antagonismo si traduce nel loro suono, nel vivere la strada e anche qualche rissa con i nazi. I concerti sono occasioni per esprimere il loro credo: essere controcorrente, ma in chiave alternativa. Prince Buster, padre culturalmente putativo della band, diventa il riferimento musicale. La band ribalta il suo nome e decide di chiamarti The Madness.
Il 1979 è l’anno cardine per i ragazzacci di Camden
La Stiff Record pubblica il singolo One Step Beyond. Il primo album omonimo porta la firma di Clive Langer e Alan Winstanley. Una ballad ribelle, marcia ritmica ska, da ballare all’unisono, tutti compatti, aperta e condotta dal sax di Lee Thompson risuona e indica lo street-sound.
L’urlo “One step beyond” entra nella storia del genere two-tone e lo trasformerà per sempre in un movimento. Culturalmente ispirato al punk/pub, i Madness arricchirono la formula aggiungendo reggae e pop. Suggs era il nutty-boy della band, mentre Lee era il leader sarcastico. Tutto il movimento punk viaggiava da una parte, mentre loro avevano capito la formula vincente, sempre un passo in avanti.
One Step Beyond. Un calcio ai nazisti, risse, spalti e tanta birra.
Loro sono gli inventori. Del football. Dalla loro hanno la storia, il culto, il tifo. Ma soprattutto il concetto di amore e passione per il calcio.
Il cuoio è dedizione, cura, un legame atavico che si ripete ogni giorno festivo. Come una messa celebrata, che ha le sue funzioni, da secoli. Aggregazione, birra, divertimento. E infine quei 90′ minuti, in cui l’universo ruota solo intorno a quel prato verde. Tutto si ferma. Si blocca. Il cuore, la voce, il corpo diventa tutt’uno con lo stadio. Come in una trasformazione mistica, un karma, una elevazione dello spirito.
La storia si fonda sul passato. Senza non potremmo scriverne pagine memorabili. E già lì, che quel rito si fa collettivo. Come una tribù, che difende le sue radici e i suoi valori. Tutti insieme, intorno al sacro rito della pelota. Si sa, gli inglesi sono contrapponenti. Nello stile, nella cultura, nel differenziarsi. Ma nel football, sin da bambini, gli viene trasmessa una sorta di venerazione.
Il calcio è un totem a cui portare follia, ma anche rispetto.
Stamford Stadium
Londra, Chelsea. Il leggendario London Bridge. Un ponte, che storia. E fa a gomito, con la casa dei leoni. Lo Stamford. Nella sua costruzione c’è la storia. Negli spalti la sua anima. Un’icona di aggregazione, culto ed emozioni. Costruito nel 1877, divenne la casa blues dei leoni. Successivamente al trasferimento del Fulham. Negli anni 30′, contava già 41.841 posti a sedere. Il decimo stadio più grande della premiere. Imponente quanto maestoso.
È da lì che da oltre 150 anni, la Shed End osanna i suoi campioni. L’aria del prato frizzante si mescola ai fumi di Londra, tra birra, e il gelido clima inglese. Andare alla partita assume per gli inglesi una sorta di collettività. Talvolta rumorosa, chiassosa, ineducata. Ma ciò aiuta ad esprimere il concetto di stadio.
Ancora un passo avanti
F.A Cup, Premier, non importa. In quei novanta minuti si eleva un unico suono e vagito inequivocabile. Come una nascita, rappresenta la partenza di una nuova esperienza. Quel grido, emergenziale, di ribellione, nel 1976, porta il nome di One Step Beyond. Si va tutti all’unisono, nel segno dello ska-punk. Unione, una valente parola per esprimere anche il concetto di stile, sia politico che culturale.
La politica, a quei tempi, era anche un fenomeno di massa, inteso come punto di riferimento per le masse. In quel contesto di lotte e diseguaglianze, nell’underground londinese si formarono i movimenti skinhead antirazzisti. Un concetto suburbano, proletariato, di battaglia al razzismo e al classismo. Le risse, con i “nazi”, erano all’ordine quotidiano. In quel movimento urban, operaio, controculturale, i Madness erano gli artefici delle linee guida.
Rude Boy, ragazzacci rudi, ma con il cuore interazziale, tropical.
Quella miscela, ancor oggi vincente, è l’eco di una delle curve più importanti d’Europa.
Ancora un passo avanti, sempre.