Capita non di rado che i calciatori stranieri si integrino talmente bene nella città dove giocano, da diventare parte integrante della comunità, condividendone le tradizioni, gli ideali, e combattendone le battaglie politiche, se necessario. Questo accadde anche al campione Johan Cruijff che, innamoratosi della Catalogna, decise di chiamare il figlio Jordi, andando contro le leggi franchiste.
La diada de Sant Jordi
Il 23 aprile è un giorno speciale per Barcellona e per tutta la Catalogna. La città si colora del rosso delle rose e dovunque, dalle ramblas al Passeig de Gràcia, da Les Corts al Montjuic, appaiono bancarelle che vendono libri. E già, perché da secoli è tradizione in terra catalana festeggiare insieme il santo patrono, Sant Jordi, e gli innamorati. Uno scambio di libri e di rose, simboli della cultura e dell’amore, nonché della libera circolazione delle idee, che prosegue per tutta la giornata, diventato ormai una manifestazione di orgoglio nazionale.
San Giorgio e il drago
Vissuto a cavallo tra II e III secolo d.C., sono molte le leggende intorno alla figura del megalomartire Giorgio. Nato in Cappadocia e trasferitosi in Palestina, si arruolò nell’esercito dell’imperatore romano Diocleziano, dove si fece valere come abile guerriero. Tuttavia, essendo stato educato dai genitori alla fede cristiana, si rifiutò di rendere omaggio agli dei, e così fu sottoposto a martirii indicibili.
Tra le gesta del giovane cavaliere, risalta l’uccisione di un drago che terrorizzava la popolazione di Silena, città dell’attuale Libia. Il culto del santo risale al V secolo d.C.
La versione catalana
In Catalogna adattarono le vicende umane di San Giorgio (Sant Jordi in lingua locale) trasportandole a Montblanc, comune della provincia di Tarragona. Anche qui c’era un terribile drago, al quale, per placarne la furia, veniva sacrificata una persona al giorno. Quando fu il turno della figlia del re di essere data in pasto alla feroce belva, Jordi intervenne e uccise il mostro, con la sua spada guidata da Dio. Dalla ferita del drago uscì un copioso rivolo di sangue che si trasformò in un roseto, dal quale sbocciavano rose dal colore intenso. Jordi ne regalò una alla principessa ormai salva.
Johan Cruijff approda a Barcellona
Nell’agosto del 1973 Johan Cruijff approdò in blaugrana, dopo un’estenuante trattativa (l’Ajax, in realtà, intendeva venderlo al Real Madrid). A 26 anni, il campione olandese era già considerato uno dei più forti calciatori mai esistiti. Accolto dal popolo del Barça come un messia, il “Pelè bianco” trasformò il Barcellona, all’epoca oppresso dallo strapotere madrileno, costruendo una egemonia di gioco, di stile e di vittorie. Ma anche la città di Barcellona riuscì a trasformare Johan, rendendolo di fatto un “olandese catalano”.
Si chiamerà Jordi!
Era talmente integrato e innamorato di Barcellona, infatti, che quando arrivò il suo terzo pargolo, il 9 febbraio 1974, il primo maschietto dopo Chantal e Susila, insieme a sua moglie Danny decise che l’erede si sarebbe chiamato Jordi, come il santo patrono della terra che li ospitava. Ma, una volta presentatosi all’anagrafe per registrare il bambino, Johan si scontrò con la dura realtà della dittatura franchista: il castigliano era l’unica lingua ammessa, impossibile attribuire ai neonati un nome che ricordasse il nazionalismo catalano.
“Se vuole, può cambiarlo in Jorge”, gli dissero i funzionari, “è l’unica variante che possiamo accettare.”
Il campione insistette, non era disposto ad accettare quella legge che reputava ingiusta:
“Questi sono i documenti olandesi, con il nome Jordi, che vi piaccia o no. Fatevi una fotocopia. Se le persone mi dicono che non possono fare qualcosa, voglio almeno che sia giusto.”
Alla fine fu Cruijff ad averla vinta. Un atto deciso, forte del fatto che Jordi era nato e registrato in Olanda, che per i catalani aveva il sapore di un gol al regime spagnolo, tanto ostile al Barça e alla Catalogna.
Racconta Jordi
“Credo che dandomi questo nome, mio padre abbia voluto ringraziare i catalani per l’accoglienza che gli avevano riservato. Che io sia nato in Olanda è dovuto solo al fatto che mia madre voleva partorire nello stesso ospedale in cui sono nate le mie sorelle, ma dopo la nascita mi hanno immediatamente portato a Barcellona e ho sempre la sensazione che quello sia il mio luogo natale. La Catalogna mi ha dato le mie radici e questo è qualcosa che ho sempre sentito.”
La vittoria contro il Real
Una settimana dopo la nascita di Jordi, era in programma el clàsico Real Madrid-Barcellona. I blaugrana si imposero per 5 reti a 0. Johan, assoluto mattatore dell’incontro, segnò anche un gol che dedicò al nuovo arrivato. Dopo quell’incontro, il New York Times scrisse: “Per lo spirito della nazione catalana, ha fatto più lui in quei 90 minuti che tanti politici prima di lui.”
Jordi Cruijff, un’eredità pesante
I catalani amarono subito il pargolo figlio del campione, e qualche anno dopo, precisamente nel biennio 1994-’96, se lo ritrovarono in maglia blaugrana, con la quale il fantasista segnò 11 reti in 41 presenze. Un giocatore dalle indubbie qualità, ma dalla carriera altalenante. Troppo pesante quel nome sulle spalle, troppo ingombrante l’aspettativa su un giocatore forte, ma che non possedeva il genio e le qualità atletiche del padre. Oggi Jordi è tornato al Barcellona in qualità di direttore sportivo. Nella sua terra d’elezione ha cominciato una nuova carriera e una nuova vita.