“Le notizie che mi pervengono da ogni zona del circuito concordano su un solo punto: Tenni sta curvando con pazzo abbandono, creando dubbi sul fatto che egli possa finire la gara tutto d’un pezzo”.
Con queste parole passate alla storia, lo speaker dell’edizione 1937 Tourist Trophy la cui voce arrivava un filo distorta dagli altoparlanti sparpagliati lungo il percorso, nasceva la leggenda di “The Black Devil”, il Diavolo Nero senza paura, Omobono Tenni, il primo pilota non inglese capace di vincere al circuito dell’Isola di Man.
Ma la fama di motociclista indomito per Tomaso Omobono Tenni, nato nella baita di un alpeggio sui monti che torreggiano sopra la città di Tirano, era iniziata a circolare almeno una dozzina di anni prima.
Era stato quando, dalla natia Valtellina la sua famiglia si era trasferita a Udine nel 1920, per poi spostarsi a Treviso appena due anni dopo.
Dalla strada alle gare
Omobono ancora diciassettenne cominciò a trasportare con un sidecar le copie del quotidiano locale Il Gazzettino, che recapitava ogni giorno a tutte le edicole poste sul tragitto partendo da Mestre e risalendo di buon passo tutta la Valsugana. Quando il fratello maggiore Carlo gli offrì di raggiungerlo in Australia dove era emigrato, lui declinò l’invito, preferendo andare a far pratica come meccanico in una officina di Treviso e poi di lì a poco aprirne una a sua volta, nella quale riparava motociclette che poi era solito provare con velocissime sgroppate su strada.
Fu proprio durante uno di questi collaudi, che le doti del giovane centauro vennero notate dal presidente del Moto Club Treviso, che decise di fornirgli una G.D. da 125 centimetri cubici, una di quelle che allora correvano nella categoria riservata alle cosiddette biciclette a motore”.
Era il 30 marzo 1924 quando il pilota ormai trevigiano di adozione fece il suo debutto al Circuito di Postumia, concludendo con un sorprendente secondo posto assoluto, primo di categoria e autore del giro più veloce. Nella stessa specialità avrebbe corso raccogliendo un considerevole numero di vittorie per altri quattro anni, ma era evidente che Omobono Tenni aspirava a mezzi capaci di ben altre prestazioni.
Moto Guzzi. Un destino
Nel 1929 con notevoli sacrifici riuscì a procurarsi prima una Norton 500 e poi una Velocette 350, con le quali ottenne diversi successi che lo posero dapprima all’attenzione della Bianchi, che gli fornì una delle sue 500 monocilindriche, e infine, circa tre anni dopo, della Moto Guzzi, che stava giusto cercando un nuovo pilota da inserire nella propria squadra ufficiale.
Da quel momento Omobono Tenni non avrebbe corso con altre marche, e anzi era solito descrivere in questo modo il rapporto speciale che lo legava alla Casa di Mandello: Qualunque cosa accada, vinca o non vinca, io sarò sempre con la Guzzi. Sono legato da ragioni sentimentali e di riconoscenza. Alla Guzzi devo la più grande soddisfazione, la vittoria al Tourist Trophy..
In gara
E dire che le prime gare con le moto lariane non furono propriamente le più fortunate: nel 1933, all’esordio nella nona edizione della Milano-Roma-Napoli, dopo un inizio arrembante deve arrendersi per un guasto meccanico.
Nel 1° Trofeo Internazionale della Velocità, che si disputa sul Circuito del Littorio, l’immenso Tenni si dimostra in tutta la sua potenza, per certi versi persino fin troppo.
Con la nuova 500 bicilindrica si porta immediatamente al comando iniziando ad accumulare un tale vantaggio sugli inseguitori che in soli due tornate sono staccati di un terzo del tempo necessario per completare un giro della pista. Incurante dei cartelli con la scritta Rallenta che gli stessi Carlo Guzzi e Giorgio Parodi, disperati, seguitano ad esporgli dai box, Omobono continua ad incrementare il ritmo.
Ed è così che al terzo giro, alla curva chiamata del raccordo, cade a circa centoottanta chilometri orari.
Pesto e indolenzito però non si arrende e ripresa la moto prova a ripartire, ma la rottura del comando dell’acceleratore lo mette fuori gara.
Il Diavolo Nero vince!
L’incidente dovuto ad evidente eccesso di fegato non demoralizzò comunque i responsabili della squadra e tantomeno il pilota.
Da quel momento Tenni iniziò ad accumulare affermazioni in gare sempre più prestigiose, ottenendo la sua definitiva consacrazione nel 1935, nella XI Coppa del Mare, quando sempre con la sua potente Guzzi 500 bicilindrica inflisse addirittura dieci minuti al secondo classificato Giordano Aldrighetti e quindici a Terzo Bandini.
Laconico e spiritoso fu in quell’occasione il suo commento: sono contento di essere arrivato primo, ma un’altra volta spero di fare di più.
La sua ascesa è incontenibile, con vittorie e una sequela di primati sul giro al Gran Premio d’Italia, al Circuito della Maddalena, la sospirata vittoria alla Milano-Roma-Napoli che per una volta gli aveva detto male, e quella nel campionato italiano nella classe 500 che si aggiudica sia nel 1934 che nella stagione successiva, mentre nel 1937, nella classe 250 si aggiudica anche il campionato europeo,
Tante vittorie, per la precisione ben 239 in ventuno anni di carriera, con altri ottimi piazzamenti, che però sono anche inframmezzate da diversi gravi incidenti sia in gara che in allenamento, perché Tenni in ogni caso non ha mezze misure: per lui il gas deve essere sempre spalancato al massimo possibile, e se capita anche un po’ di più.
Una sfida continua
Lo stoicismo e persino la noncuranza con cui Tenni era capace di sopportare traumi che avrebbero dissuaso molti anche solo dal risalire un’altra volta in moto per un giretto turistico, assurge quasi a leggenda.
Al netto dei dettagli più o meno coloriti dal racconto, resta il fatto che ad esempio, nel marzo del 1937, mentre stavano provando le loro Moto Guzzi su strada, lui e il compagno di squadra Aldo Pigorini, vengono coinvolti in un incidente. Presso Beverate di Brivio, nelle vicinanze di Lecco, un autocarro svolta senza segnalare la cosa ai due piloti che sopraggiungono a forte velocità. Pigorini ne esce praticamente illeso, mentre Tenni rimedia un forte contusione alla testa e nell’urto si trancia due dita del piede che secondo alcuni cronisti avvolge in un fazzoletto per poi chiedere inutilmente ai medici di riattaccargliele.
Nel luglio di due anni dopo, sta provando il Circuito del Lario, quando nella discesa che da Malgreglio scende a Barni, improvvisamente un carretto trainato da un asino che non è stato notato dai commissari di percorso gli si para improvvisamente di fronte, l’urto è tremendo. Dopo aver cozzato contro la ruota del carro ferendosi gravemente alla gamba e al braccio destro, Tenni cade nella scarpata. Sulle prime i sanitari pensano di amputargli la gamba perché le condizioni dell’arto sono tali da far temere una cancrena o una embolia, ma lui si oppone categoricamente.
Circa due mesi dopo riesce a lasciare sulle sue gambe l’ospedale di Como, lasciando senza parole i sanitari, il 7 settembre del 1939, ed anche questa è storia e non leggenda.
Tourist Trophy 1935
Bisogna però dire che, Tenni nella leggenda, a modo suo c’era già entrato al debutto al Tourist Trophy nel 1935, già all’epoca considerato la più famosa ma anche la più pericolosa gara di moto del mondo.
Il 19 maggio, quando prende il via nella 250 con la rinnovata Moto Guzzi, sul tratto montagnoso dello Snaeffels, sono annunciati banchi di nebbia e una visibilità ridotta. Tenni non si scoraggia e parte con il consueto slancio, ma al quinto giro la visibilità è talmente calata che un corvo impatta sul casco in piena velocità, facendolo cadere.
Dopo una rapida occhiata alla moto parte in tromba deciso a recuperare, ma l’ha fatto talmente in fretta da non accorgersi che la ruota posteriore, seriamente danneggiata, sta progressivamente andando in pezzi.
Cederà di schianto pochi chilometri dopo, proiettando Tenni nella vetrata di un ristorante, dalla quale uscirà con un paio di costole rotte e diverse ammaccature, non sufficienti ad intaccare la sua determinazione ma a fargli saltare la gara della 500 prevista per il giorno dopo.
L’attacco al predominio inglese sul circuito di casa è solamente rimandato.
Tourist Trophy 1937
Tenni torna alla carica nel 1937, la sua gara venne finalmente coronata dalla vittoria, ma non fu comunque una passeggiata.
Accolto da grandi aspettative e con la stampa inglese che lo salutava come L’Uomo che viene dalla terra dei Cesari, non poteva certo correre sperando in eventuali defaillances degli avversari.
Il 16 giugno, nella Lightweight 250 si porta immediatamente in testa, ma sul finire del primo giro, la moto gli parte in curva e cade perdendo ben trentacinque secondi.
Riparte inferocito e da quel momento la sua rimonta ha qualcosa di epico: le postazioni dei cronometristi sparsi lungo il percorso annunciano che il distacco dagli avversari continua a calare, anche se l’impresa appare disperata.
Al famoso salto di Ballaugh Brigde spicca più volte balzi incredibili e i tipici muretti in pietra che costeggiano le strade dell’isola vengono puntualmente spazzolati con la spalla anche nei punti più pericolosi.
Al terzo giro il gap è dimezzato.
Tre giri dopo Tenni è nuovamente primo, ma non è ancora finita: al settimo e ultimo giro, un problema alla candela lo costringe a una seconda sosta fuori programma ed una ulteriore, furibonda rimonta.
Incurante di ogni ostacolo, conclude in prima posizione con un vantaggio di trentasette secondi sul primo degli inseguitori e ben quattro minuti e mezzo sul terzo classificato.
Omobono Tenni e Achille Varzi. Destini fatali.
Il triste epilogo, per un pilota considerato invulnerabile, dopo la forzata parentesi bellica e un breve intermezzo con una auto da corsa della Maserati, arriva sul circuito svizzero di Bremgarten, il primo luglio del 1948, dopo aver collaudato con ottimi risultati il prototipo della nuova Moto Guzzi bicilindrica da un quarto di litro che avrebbe dovuto portare al debutto solo due giorni dopo.
Per fare un confronto, Tenni vuole provare con la sua vecchia e maneggevole Albatros.
Più o meno a metà del tracciato che pure conosceva molto bene, alla seconda delle due curve di Eymatt, la pedana si impunta nell’asfalto e lui scivola.
Sembra una caduta come tante, ma sulla sua traiettoria incontra un albero, morendo praticamente sul colpo.
Lo stesso giorno, appena quattro ore dopo, a un centinaio di metri dalle curve di Eymatt, e sempre nel corso di prove non ufficiali per il Gran Premio, perderà la vita anche un altro cavaliere senza paura, Achille Varzi, ma con la sua Alfa Romeo.
L’onore delle Ali
Gli onori a Omobono Tenni saranno resi nella camera ardente allestita negli stabilimenti della Moto Guzzi a Mandello sul Lario, per lui un luogo dell’anima.
Il funerale si svolge a Treviso il 4 luglio, ma per il Diavolo Nero non poteva essere un funerale qualunque.
Omobono sarà portato a Treviso su un camion della Moto Guzzi e mentre migliaia di persone ne salutano il passaggio e lo accolgono in città, nella migliore tradizione delle Ali della Guzzi, quelle che unirono i fondatori e che ne rappresentano lo spirito, gli aerei dell’Aero Club di Treviso sorvolano il corteo funebre e lanciano petali di rosa.
Ventitré giorni dopo, Omobono Tenni avrebbe festeggiato il suo quarantatreesimo compleanno.