Lo stato d’animo di un popolo lo riconosci dalla musica che ascolta. Un proverbio di Confucio che esprime alla perfezione l’Italia dal 1982. Ustica, le stragi di mafia e la crisi socio-politica, nel mezzo gli spettri di un paese ostaggio del terrorismo. Lo squarcio del terremoto dell’Irpinia sembrò lacerare in maniera netta e definitiva un paese. Ma le tenebre esistono perché ritorni la luce.
Quel giorno, l’11 Luglio 1982, al Comunale di Torino i Rolling Stones in forma straordinaria rigenerarono un intero popolo. E poche ore dopo si sarebbe scritta la storia. L’Italia è Mundial.
L’inizio nero di un anno instabile
La scia sanguinosa degli anni 70 era tornata a farsi viva. Il nemico era subdolo, trasparente. La mano criminale efferata e sanguinosa, recrudescenza firmata Brigata Rosse. Il colpo alto puntava alla Nato. Il generale James Dozier, generale della Nato, rapito a Verona nel dicembre 1981. Terrore, sgomento, istituzionale e popolare. La gente rivede gli spettri del caso Moro. Torbide nuvole, intrighi oscuri, calano sulla nazione Seppur liberato Dozier nel gennaio 1982, l’Italia appare un paese disorientato all’alba del nuovo anno. A sud le faide della lotta di camorra, con oltre mille morti, l’omicidio di mafia di Pio La Torre, scuotano le coscienze, ma aumentano le ansie degli italiani. La classe socio-politica, vive lo scandalo del Banco Ambrosiano con il tragico suicidio del banchiere Roberto Calvi. L’estate è calda, torrida, sembra togliere respiro agli italiani.
Una rivoluzione del costume
Le nuove epoche televisive vedono la ribalta di un nuovo zelante imprenditore, Silvio Berlusconi. La televisione privata, visionaria, spasmodica, intuisce che bisogna fare all-in sul commercio e le pubblicità. Nasce Italia 1 e da lì l’idea della tv del marketing. Un melting-pot nuovo, che attinge da quello a stelle strisce; la leggerezza, lo show, il drive-in, tendono la mano agli italiani. La moda cavalca l’onda, insieme al mercato musicale. Le dive e modelle diventano muse per gli atelier, la centralità dell’immagine sembra esser il nuovo status-symbol. La musica si accoda ad un mercato sempre più pubblicitario, dove gli artisti diventano star da copertina o cover di un album. Michael Jackson è l’artista dell’anno, mentre i paninari di Milano vedono nascere i primi Burghy. Si va tutti al fast-food all’italiana, ma tra un Kitsch in salsa nazionale e la voglia di sorridere per davvero.
L’Italia del calcio scommesse
Nel 1980 non fu solo la terra a tremare. Ma anche un sistema che sino allora era apparso “quantomeno” sano. L’inizio del primo scandalo “totonero” macchiò l’onore e il blasone di molte squadre. L’inizio del cortocircuito partì da Roma. Da una semplice denuncia di truffa. Un castello fatto crollare per vendetta. I nomi della prima inchiesta erano Massimo Cruciani e Alvaro Trinca, il primo era un commerciante ortofrutticolo, il secondo un ristorante. I due, avendo numerose conoscenze in ambiente calcistico, soprattutto tra i calciatori della capitale, proposero ai giocatori di combinare alcune partite. La sporca ed infima proposta viene accettata subito tra alcuni sportivi di sponda laziale tra cui Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Giuseppe Wilson. La sfilza di contatti, traffici e accordi si allargò ben presto a macchia d’olio. Le combine interessarono molte più squadre professionistiche con il placet di alcuni dirigenti del calcio italiano. Il sistema, diventato sempre più incontrollabile da Cruciani e Trinca, vide incrinarsi con i primi risultati sfatati dai pronostici “sicuri”. Mentre alcune partite risultavano truccate, altre videro i due ideatori della macchina del totonero perdere centinaia di milioni. Sul concludersi del campionato di serie A del 1982, i due prendono l’incredibile decisione di denunciare dodici dirigenti di serie A per truffa. Una vendetta diretta nata per senso di ripicca e distruggere la carriera di molti giocatori e dirigenti.
La polizia in campo
Il mondo del tifo scoprì in maniera diretta e palese il cuore malvagio del calcio italiano. Il buon Paolo Valenti, tra gli storici fondatori di 90° Minuto, rimane l’indelebile volto che annuncia l’ingresso in campo delle camionette della polizia, in quello storico e drammatico 23 marzo 1982. Nello scandalo e tra gli indagati figuravano nomi di spicco del calcio italiano, come Giuseppe Savoldi, Giancarlo Antognoni (poi assolto) e il futuro eroe Mundial Pablito Rossi.
La posizione più compromessa fu quella del dirigente del Milan, Felice Colombo, tra i più attivi nel calcio scommesse. La mano pesante della giustizia sportiva sanzionò le società di Bologna, Avellino e Perugia con 5 punti di penalizzazione (dal nuovo campionato), mentre per Lazio e Milan (tra le società maggiormente coinvolte), ci fu la retrocessione diretta nella serie cadetta. Tra i calciatori le condanne furono altrettanto pesanti: tre mesi per il partenopeo Oscar Damiani, 6 anni per l’avellinese Stefano Pellegrini. Tra i nomi più noti: a Paolo Rossi furono dati 2 anni, Wilson 3 anni, Giordano e Manfredonia 3 anni e per Felice Colombo fu disposta la radiazione dal calcio. Il totonero svelò agli italiani il marcio dello sport, mondo sino allora coperto – o sommerso – dal suo aspetto candido e pulito. La storia di alcune società si macchiò in maniera incontrovertibile. La scia di un contesto sociale e politico oscuro si era riflessa anche nel calcio, mai come prima lo sport e la società si ritrovarono parallelamente a mostrare il loro subdolo e putrido legame, fatto di instabilità, malavita e malcostume.
Da Vigo con Sodoma e Gomorra, allo scopone in aereo insieme a Sandro Pertini.
Messico e nuvole, avrebbe cantato Jannacci, ma questo Mundial si giocava in terra caliente, spagnola. Il cielo era ben poco azzurro sulla nostra amata nazionale di calcio, si sa l’Italia è un popolo di allenatori, santi e anche accusatori. Tutti sempre pronti a puntare il dito nel più allegorico bar dello sport e, su tutti, ci finì Paolo Rossi.
Il figlio del totonero, sulla bocca di tutti, pronto ad esser issato in croce, magari a Coverciano. Il clima era pessimo, e il buon vecio Bearzot inaugurò la spedizione battibeccando con una tifosa che gli rimproverò di non aver convocato il buon Evaristo Beccalossi, dell’Inter. Finì con l’arzilla tifosa urlante il celebre epiteto di scimmia all’allenatore con la pipa, che di risposta gli rifilò un bel ceffone.
A dirla tutta, non si poteva iniziare in maniera peggiore
Il clima era teso, gli animi molto caldi, ma si sa, siamo italiani e viviamo alla giornata. Il girone ci propone Polonia, Perù e Camerun. Tre pareggini, a salvarci la differenza reti. Una sola rete in più, i mugugni della stampa e del popolo pallonaro sono impetuosi. Graziani e Conti, si salvano in due. Dalle nebbie torride, si vola alla seconda fase. Gruppo C, si vola nelle infernali temperature di Barcellona.
Argentina, Brasile e poi Polonia
L’osso è durissimo, duro da digerire: la Selecciòn.
Bearzot si affida alla linea di un centrocampo “mastino”, con Oriali e Tardelli. El pide de oro, in fase di debutto è già un fuoriclasse. Gentile gli affida una marcatura francobollata. Estenuante, asfissiante, fisica al punto giusto. Gli argentini incespicano nel loro calcio troppo sofista, ne approfittiamo, risoluti e compatti con Cabrini e Conti che ci portano ai temuti Verdeoro. L’aria è più leggera, tra gli azzurri campeggia un’idea folle, quella di arrivare sino in fondo. Il Brasile dei maestri del football ha tre colossi: Cerezo, Falcao e Junior. Senza dimenticare l’estro rivoluzionario di Socrates. Telè Santana ha un centrocampo stellare, ma una difesa poco brillante. La tattica del vecio Bearzot si dimostra efficace. Ancora una volta, i mastini italiani, Cabrini e Gentile confezionano una marcatura a uomo senza precedenti. Pablito Rossi è l’uomo della provvidenza. Scaltro, agile, sempre al posto giusto nel momento giusto. Di testa, insacca il vantaggio. Gli italiani vedono un’altra Nazionale. Combattiva, onesta, viva. A Pablito risponde Socrates, ma di nuovo la furbizia italica ad inventare la rete. Il buon Ciccio Graziani, giocatore d’attacco ma di pressing, spinge i verdeoro all’errore. Pablito intercetta e ruba il tempo come un ladro d’epoca ed insacca. Falcao, brasiliano della capitale, porta il Brasile al pareggio, complice una sfortunata deviazione di un giovanissimo Beppe Bergomi. Ma nel destino c’era ancora Pablito. Un calciatore che cogli sempre il suo appuntamento con il destino. Sfrutta un tiro di Tardelli e insacca per il controsorpasso. Gli italiani sono in visibilio e nel finale Zoff, il buon vecchio Dino, salva partita e patria con una parata miracolo in due tempi.
La semifinale ci vede dinanzi alla Polonia. L’energia, l’alchimia è stata ricreata. Lontane le nuvole dell’Italia senza gioco e delle critiche, ora l’azzurro è Mundial. Pablito è elevato ad eroe nazionale e come direbbe Guccini, anche giovane e belli. Al Santiago Bernabeu, in finale con la Germania Ovest ci porta ancora lui. Un’altra doppietta, ormai Rossi hai in pugno il destino di una squadra e un popolo.
11 Luglio 1982
Il giorno che tutti gli italiani aspettano da ben quarantaquattro anni. Un’infinità per i tifosi che sognano un riscatto. Quella rivincita gli si pone finalmente dinanzi in una calda estate di luglio, tra caldo e zanzare, crisi politiche e instabilità, come nel migliore dei film all’italiana.
La Nazione sogna, è appesa ad una notte di speranza.
I Panzer sono battibili, ma ci conoscono bene grazie a Briegel e Rumenigge.
Il Bernabeu è un muro azzurro dipinto di sogni.
Cuore e voci, anime e battiti, soprattutto degli emigranti. La loro notte è la più attesa. La prima emozione storica, il cuore in gola. A metà del primo tempo, la dea bendata offre l’occasione a Cabrini. Dal dischetto il giocatore della Juvesbaglia. Ma la rabbia si trasforma positività.
Ancora una volta, l’ennesima, la storia è incisa nel nome di Paolo Rossi. Gentile crossa e Pablito insacca. Ma l’estasi è alle porte. È Marco Tardelli a raddoppiare su assist di Scirea. Un capolavoro di arte contemporanea impressa in urlo. Un’immagine da consegnare al Museo del Prado. In quella incredulità, in quello stupore ci sono gli occhi di milioni di italiani, che per un attimo si sentono liberi di evadere, da tutto. A suggellare il trionfo è Spillo Altobelli, a nulla servirà il goal di Breitner.
Migliaia di italiani, guardano solo il cronometro e quando l’arbitro raccoglie il pallone è finita. Nando Martellini è il Virgilio che ci porta in Paradiso facendoci da Cicerone. Sandro Pertini, il presidente del popolo, è la fotografia di come è bello esser italiani. In tribuna è un bambino che esulta dopo un rigore segnato. Gli occhi del mondo ammirano il riscatto di undici ragazzi, partiti in un’avventura contro tutto e tutti.
È così difficile, ma fantastico essere italiani
Eterni e simpatici mascalzoni che vivono alla giornata, ma che nelle difficoltà sanno dare il loro meglio. E il cerchio si chiude, come in un bar, in un circolo dello sport. Causio, Bearzot, Pertini e Zoff, in uno scopone scientifico, si sfidano in aereo, con una bella e lustrissima moglie, la Coppa del Mondo.
Quel sabato era italiano, per sempre.
Lo Stadio Comunale, Claudio Gentile e la magia dei Rolling Stones
I Rolling Stones mancavano dall’Italia da 12 anni. Jagger e soci avevano fatta tappa a Milano a Roma nel 1970 all’interno del The Rolling Stones European Tour. Le doppie date torinesi del 1982, prevedevano concerti l’11 e 12 Luglio. Consci di essere già delle leggende del rock a metà del guado (Jagger e Richards avevano 40 anni all’epoca), si calarono nella alchemica città della Mole in un pomeriggio di caldo infernale.
Il fato, complice le temperature e l’emozione, alimentava i sogni degli spettatori che nel pomeriggio – il concerto era previsto alle ore 15,00 -, avrebbero ammirato la più grande rock’n’roll band di tutti e tempi e la sera – alle ore 20,00 – il calcio di inizio di una finale dei mondiali storica.
Gli ormoni, il batticuore, le ansie di chi visse quell’esperienza probabilmente sopravviveranno per sempre.
È come se in un torrido pomeriggio d’estate si incarnassero due figure mitologiche, che di lì a qualche ora avrebbero realizzato la più grande impresa che un adolescente potesse immaginare.
Un caldo maledetto nella prima data, che riempì il Comunale con ben 60 mila presenze.
Altre epoche musicali, altri tempi. Le pagine e gli eroi degli anni 80, portavano i nomi di Paolo, Antonio, Spillo e nelle camerette si ascoltava (I’ Can’t Get No) Satisfaction, rigorosamente in vinile.
La band, visto il concomitare del grand match decise di chiudere con la scaletta alle ore 18.30.
I biglietti, manco a dirlo erano oro. I bagarini tra qualche falsa promessa li smerciavano a 15 mila lire. Torino era una citta deserta, i viali e le strade in silenzio. L’unico grido era quello di Gentile che dinanzi ad un pubblico capace di inebriarsi di colori, speranze, sudore e rock’n’roll annunciò “signori e signore, volevo presentarvi, qui a Torino, i Rolling Stones”.
Uno sciame emozionale, dai 15 a 40 anni, voglioso in ogni singola persona di rubare un infinitesimale attimo di storia.
E dal backstage, come autentiche divinità del sacro rock, con i volti scolpiti dalla storia e dal fisico immortale esplodono nella bolgia ad orologeria con brani di apertura impressi in Under My Thumb, When The Whip Comes Down e Let’s Spend The Night Together.
La pazza gioia viene sciorinata nella esplosività dei glimmer-twins, artefici di un mondo ribelle, profano, sessuale. Le sacre diavolerie del hot lips si riversano in preghiere e ballate come Miss You, Brown Sugar, Honky Tonk Woman e tante altre. La chiusura sarà una ballata con il diavolo nei riff di Star me Up e (I’Can’t Get No) Satisfaction.
Quel pomeriggio si concluse con la consapevolezza di aver assistito a un epico e storico concerto, tra i più vividi nella memoria dei Rolling Stones in Italia. Le pietre rotolanti insegnarono a generazioni che la passione, la follia e la trasgressione, fanno sempre parte noi.
Ognuno si era sentito campione del mondo. Di li a poche ore, lo sarebbe diventato davvero.