La seconda spedizione
L’impresa del San Giuseppe Due riscosse una vasta eco negli ambienti scientifici e trovò validi sostenitori per una sua eventuale ripetizione. Tra i più entusiasti era l’esploratore Silvio Zavatti, direttore dell’istituto Geografico Polare, il quale con la sua autorevolezza stimolò enti e associazioni ad appoggiare un tale progetto.
L’appello fu raccolto dalla Lega Navale Italiana, la cui Presidenza Nazionale decise di far svolgere la nuova impresa sotto la sua egida, dall’istituto Italiano di Navigazione, dall’istituto Universitario Navale di Napoli e dalla Marina Militare che assegnò come equipaggio – questa volta fisso – quattro sottufficiali volontari delle categorie più idonee: il 2° capo motorista Mario Camilli, il 2° capo nocchiere di porto Tito Mancini, il sergente nocchiere Giovanni Federici e il sergente Rt Giancarlo Fede. Tutti sarebbero stati sottoposti a un preventivo periodo di addestramento a terra e a bordo di piccole unità.
Gli obiettivi scientifici da conseguire potevano essere così raggruppati:
– approfondimento dei sistemi di navigazione più adatti a unità non specializzate per l’attività nei mari artici e antartici;
– osservazioni inerenti alla sopravvivenza in ambienti difficili;
– prove di comunicazioni con apparati Rt in banda laterale unica;
– prelievo di campioni di roccia e geologici.
Da Torre del Greco al Sud America
Completamente revisionato e con nuove mute di vele sempre realizzate a mano da Giovanni Ascione, il 1° luglio 1973 il San Giuseppe Due riprendeva così il mare, partendo da Torre del Greco alla volta di Gibilterra: 10 giorni di navigazione, compresa una breve sosta a La Maddalena. Varcate le Colonne d’Ercole il 13 luglio, il veliero si ormeggiava a Las Palmas (Gran Canaria) il 18 e vi restava fino al 1° agosto, data in cui salpava alla volta dell’isola del Sale e, quindi, per Recife, dove giungeva il successivo 23, al termine di un viaggio effettuato tutto a vela e a motore contemporaneamente.
Da qui ebbe inizio la “discesa” del continente sudamericano il 30 agosto, con arrivo alle Falkland/Malvinas il 26 novembre. Nel corso del lungo trasferimento erano state toccate varie località, come Montevideo, Buenos Aires, Mar del Piata e Puerto Madryn, nelle quali erano stati stabiliti rapporti di viva simpatia con le autorità locali e le comunità italiane.
A Port Stanley raggiunse la feluca il “veterano” Trentin, con il consueto entusiasmo e con un ricco corredo di macchine fotografiche, cineprese e strumenti scientifici. Anche in questa occasione, durante la sosta protrattasi per circa un mese, l’equipaggio frequentò il corso di ambientamento svolto a cura del British Antartic Survey. L’ultima sosta nel continente fu a Ushuaia, toccata la vigilia di Natale. Tutti furono ospiti del rimorchiatore militare Sobral, insieme ai rappresentanti del locale Comando Marina.
Antartide!
Ormai tutto era pronto per il balzo finale che venne affrontato a partire dall’ultimo giorno dell’anno. Così Ajmone-Cat e i suoi uomini brindarono al 1974 al traverso di Capo Horn, con condizioni meteomarine assolutamente “mediterranee”, che consentirono al San Giuseppe Due di dare fondo a Deception già il 4 gennaio.
Si dette inizio subito ai rilievi con il geoagnetometro e con lo scandaglio nella baia visitata nel 1971 e, poi, l’11 gennaio, via per la stazione americana di Palmer distante 3 giorni di navigazione (compresa una sosta a di 24 ore a Port Lockroy, un rifugio inglese dove furono controllate le scorte di viveri).
La sosta a Palmer servì non solo a stringere rapporti di cordiale amicizia con gli studiosi americani ma anche, e soprattutto, a effettuare la programmata ricerca sulla trasparenza dell’aria commissionata dall’istituto Universitario Navale di Napoli. Le tappe seguenti compresero la vicina Argentine Island, sede della base inglese Stella Creek (con trasferimento vivacizzato dall’incontro con la nave passeggeri Limblad Explorer), e la base argentina Almirante Brown, toccata il 25 gennaio. In quei giorni il tempo non si mostrò davvero generoso: fitte nebbie e continue nevicate convinsero Ajmone-Cat a lasciare quest’ultimo ormeggio e a rientrare a Deception. Qui era alla fonda il Limblad Explorer, su cui imbarcò Trentin, chiamato in Italia dai suoi impegni professionali.
Altre acque
Altre acque attendevano invece il San Giuseppe Due, quelle del vasto Mare di Weddel, che si estende ad est della Penisola Antartica. Partenza il 5 febbraio alla volta delle Orcadi del Sud, situate sul 60° parallelo, e, più precisamente, dell’isola Laurie, sede della base argentina Orcades, distante una settimana di navigazione. Cinque giorni furono sufficienti per effettuare i rilievi previsti e il 17 febbraio si salpava nuovamente per l’isola Laurie, distante una settimana di navigazione, sede della base inglese King Edward.
Il San Giuseppe Due vi diede fondo il 21 febbraio, accanto alla nave da ricerche britannica Shakleton, in sosta per riparare una falla apertasi sullo scafo per urto contro ghiacci affioranti. Sarebbe stata questa l’ultima sosta operativa della feluca, che durò fino al 18 marzo. Con l’occasione il San Giuseppe Due si dimostrò anche utile per trasportare personale e viveri alla base di Husvick, rimasta isolata per indisponibilità della nave appoggio J. Biscoe, il cui arrivo era ritardato dai ghiacci.
Ormai a bordo si cominciava a respirare l’aria del ritorno
Lasciata alle spalle la Georgia Australe, il veliero puntò direttamente su Sant’Elena, dove Ajmone-Cat e il suo equipaggio il 10 aprile furono accolti con grande simpatia, e, quindi, su Ascension, poi l’isola del Sale, Nouadhibou (Mauritania) e Gibilterra, alla cui banchina la feluca si ormeggiò l’11 giugno.
Porti di casa
Il primo porto nazionale fu La Maddalena, ma le accoglienze ufficiali avvennero ad Anzio il 27 giugno. Ad attendere il San Giuseppe Due c’erano, tra le autorità, gli ammiragli Berlati, De Rosa de Leo e Di Giulio, per la Lega Navale, e Massarini e Straulino per la Marina Militare, oltre al capitano di vascello Mario Francisco, addetto navale argentino in Italia, il quale diede anche il benvenuto a nome della Marina del suo paese.
Ad Anzio imbarcò un nuovo equipaggio che condusse la feluca a Torre del Greco, arrivandovi il 30 giugno 1974, un anno esatto dopo la partenza da quel porto.
Parla Ajmone-Cat
Abbiamo rivolto al comandante Ajmone-Cat, bloccandolo tra una navigazione e l’altra del sempre efficientissimo San Giuseppe Due, soltanto una domanda: “Perché in Antartide con un piccolo motoveliero?”
“Per portare il Tricolore tra i ghiacci del Sud, non solo in omaggio alla Patria e alle sue tradizioni ma anche per aprire, a chi vive all’ombra della nostra bandiera, una finestra su un panorama che, ai tempi, era più sconosciuto di quello della luna ampiamente commentato dalla televisione. La Stella Polare del Duca degli Abruzzi si era distinta al Nord, all’inizio del secolo, ma mancava lo stesso evento al Sud. Il San Giuseppe Due, oltretutto, era un prodotto nazionale fatta eccezione per il propulsore e alcuni ausiliari. Piuttosto perché una feluca con il tradizionale armamento a vele latine? Perché la marineria è una delle arti legata più di altre alla tradizione e una simile attrezzatura, anche se rinforzata per l’occasione, si ricollega un passato molto italiano, anzi tirrenico. Inoltre, e qui chiedo perdono per il riferimento personale, la mia prima esperienza in mare si svolse, come mozzo, all’insegna della vela latina nell’esercizio della pesca e del cabotaggio. Ragioni sentimentali, dunque, ma anche di padronanza tecnica. Non guastava, poi, l’idea forse un po’ orgogliosa, di dimostrare che gli Italiani, malgrado tanti problemi nella propria Nazione, sono gente dotata di fantasia e di capacità organizzativa così da realizzare con pochi mezzi imprese che ad altri sarebbero costate molto di più.
Il sogno e la fantasia” – ha concluso il comandante Ajmone-Cat – “sono state un lievito ad approfondire curiosità scientifiche, studi su particolari tecniche di navigazione ed osservazioni sul comportamento umano in un ambiente tanto difficile e inconsueto. Tutto questo durante spedizioni vissute in un’atmosfera e con mezzi molto simili a quelli degli esploratori all’inizio del secolo, abbiamo così provato da vicino i problemi e i sentimenti di lontane tragedie e antichi successi”.
San Giuseppe Due. La scheda tecnica
Cantiere A.Palomba & Eredi
Località Torre del Greco
Anno di costruzione 1967-1968
Lunghezza (m) 15,90
Largh. al gal (m) 4,80
Immersione (m) 2,80
Stazza lorda (tsl) 44,48
Disl. (t) 39
Altezza alberi (m) 7 e 6
Superfìcie velica (mq ) 130
Motorizzazione (cv) 205