A 14 anni Violette Cordery s’era messa i vestiti della nonna per sembrare più grande e prendere la patente.
Non è ancora lady Invicta, ma il futuro è un attimo.
Quattro sorelle, tutte appassionate di motori, ma Violette era quella che andava più forte di tutte. Sir Noel Campbell Macklin non ci mise molto a scoprirlo: lui era il fidanzato di Leslie, la maggiore delle sorelle e da ragazzo, nel 1901, aveva imparato a guidare la Panhard et Levassor del padre inanellando interminabili giri intorno al passaggio delle carrozze che portava al teatro londinese dell’Albert Hall. Ma la patente gliela ritirarono una mattina all’alba, quando fu visto sfrecciare a 130 all’ora lungo Kingstone Hill a bordo di una Fiat Mefistofele, un mostro da 18 mila di cilindrata costruito soltanto per la pista e i record di velocità.
La Silver Hawk
Alla fine della Grande Guerra, Noel mise a profitto la sua passione per le automobili e costruì una vetturetta sportiva. L’ambizioso programma di corse iniziò con la Targa Florio del 1919, dove ne iscrisse due di cui una non partita e una presto ritirata per la rottura dello sterzo. Esperienza preziosa che lo convinse a separare produzione di serie da quella sportiva. Nasce così la Silver Hawk, 1.500 di cilindrata, carrozzeria di alluminio e frontale ispirato a quello della Rolls Royce.
Il debutto di Violette Cordery
Nel maggio del ’19 la diciassettenne Violette Cordery e la neonata Silver Hawk debuttano insieme sul circuito di Brooklands.
È una corsa sprint riservata alle giovani guidatrici a bordo di vetture sino ai 1.500 di cilindrata. La sua entusiasmante carriera di pilota inizia con una vittoria facile facile.
Due mesi dopo Violette presentò la Silver Hawk ai nastri di partenza della corsa in salita di South Harting, nel Sussex, anche questa riservata alle ragazze. Dopo scrupolose verifiche pre-gara il team dei controllori decise che la partecipazione di Violette non sarebbe stata ufficiale perché “la sua macchina era troppo da corsa e non rientrava nella produzione normale“. Ma la presenza di una ragazza così graziosa a bordo di una simile automobile attrasse comunque l’attenzione e fu un successo.
Inizia la stagione dei record
A quel punto Violette Cordery era pronta per entrare nella storia dell’automobilismo sportivo diventando la prima donna a partecipare a un tentativo di record: il 29 ottobre lei e D.R.W. Gedge guidarono una Silver Hawk sul circuito di Brooklands e stabilirono il record sulle 250 miglia, percorse alla media di 61,09 miglia orarie. Fu un bel successo, ma il ritorno pubblicitario del record non fu sufficiente a salvare i conti traballanti dell’azienda e Macklin fu costretto a disfarsi delle sorte invendute.
Violette Cordery continuò a farsi le ossa e a mietere successi
Alla Settimana scozzese del ’22 fu l’unica donna pilota della squadra corse BSA e la prima donna di sempre a vincere una medaglia d’oro in una corsa così impegnativa, in cui autovetture leggere e motociclette affrontavano percorsi talmente aspri che persino i locali evitavano di percorrere. Nonostante una terribile stagione di nevicate, temporali e tempeste di vento, la giovanissima Cordery riuscì a finire la gara senza neppure una penalità. Nelle prove in salita otteneva tempo che nessuno dei rivali maschili riusciva a sfiorare.
Nella durissima prova di Glendoe, la ragazza dimostrò abilità impressionante e nella famosa salita di Corkscreew – mostruosa scalata sulla sabbia profonda, spazio appena sufficiente per farvi transitare una piccola vettura e sei tornanti dove era quasi impossibile non fare manovra – Violette Cordery, come scrisse The Autocare, “aveva stracciato la maggior parte degli uomini, ricorrendo solo un paio di volte alla retromarcia“.
Nella prova finale, la scalata della collina di Blackfors, “i tre piloti maschi della BSA andarono bene, ma non come miss Cordery che disponeva di una macchina identica alla loro“.
La sfida di Noel Macklin
Assaporato il piacere di costruire una macchina capace di sfidare i propri limiti, Macklin cominciò a cercare sul mercato un motore ideale per il grande pubblico degli appassionati.
La svolta, però, arrivò quando Eileeen, la moglie del suo amico Philip Lyle, gli disse che aveva sempre problema nell’usare il cambio. Punto sul vivo Macklin le promise che avrebbe costruito una macchina con la quale non avrebbe dovuto più cambiare le marce, superiore alle Bentley per prestazioni alle Rolls in qualità. Macklin si trasferisce a Cobham e impianta la sua azienda in una località chiamata Fairmile. Più che un’azienda come la possiamo immaginare oggi, una sorta di officina da gentleman con trofei di caccia che riempivano le pareti.
L’Invicta nasce qui.
1925. L’anno dell’Invicta
Il primo esemplare, spinto da un motore sei cilindri Meadows di due litri e mezzo, esce dal garage di Fairmile ai primi del 1925. Con una macchina che poteva partire da ferma e arrampicarsi sull’acciottolato ripido e scivoloso dell’High Street di Guilford rimanendo nella marcia più alta, anche Eileen si sarebbe potuta dire soddisfatta. E la motorizzazione da 3 litri avrebbe fatto ancora molto di più.
Inutile dire che le Invicta nelle mani di Violette Cordery divennero le macchine – e la pilota – da battere.
Violette Cordery e l’Invicta: l’una per l’altra
A giugno del ’25, solo per citarne una, sul circuito di Brooklands, fece mangiare polvere a nove concorrenti maschi, tra i quali c’era anche Oliver Lyle che correva con una macchina del tutto uguale alla sua.
Ma per sua ammissione l’esperienza più impegnativa fu la cena ufficiale del Racing Club di Brooklands: unica ospite femminile tra 199 uomini, come ebbe a dire “avrei preferito sfidarli tutti piuttosto che ritrovarmi seduta in mezzo a loro“
I ripetuti successi valsero a Violette Cordery il titolo di “prima ragazza al mondo nelle corse automobilistiche“.
1926. I record di Monza e di Montlhery
Nel marzo ’26 Violette fu la sola donna in una squadra di cinque piloti che, alla guida dell’Invicta sulla pista dell’autodromo di Monza, stabilì quattro nuovi record del mondo di velocità nella distanza tra i 16 e i 25 mila chilometri coperti a una media superiore ai 90 chilometri orari.
Appena qualche settimana dopo è sul circuito di Montlhery, vicino Parigi, insieme ad altri cinque piloti, per un nuovo tentativo di record. Questa volta si guida una Invicta 3 litri. “Tutti hanno guidato con turni di tre ore – fece notare The Auto -. Miss Cordery ne ha fatti almeno due più degli altri”.
Malgrado la diffusa opinione secondo la quale le donne non potevano sostenere fisicamente prove che prevedessero punte superiori ai 130 chilometri orari, Violette Cordery e i suoi co-driver stabilirono cinque nuovi record del mondo, dai 400 agli ottomila chilometri, tutti percorsi a una media superiore ai 116 chilometri orari.
Il Daily News definì Violette Cordery come “la Lenglen dei motori“, paragonandola all’affascinante tennista al tempo beniamina della stampa sportiva. I record conquistati dall’Invicta sulle piste di Monza e Montlhery, nel 1926 fecero invece guadagnare alla marca di Cobham il più prestigioso dei riconoscimenti motoristici: il Royal Automobile Club’s Dewar Throphy.
La grande sfida: il giro del mondo
L’anno seguente Violette Cordery, appena guarita da un attacco di paratifo, annuncia un’altra corsa di lunga durata che lei definì “quasi uno scherzo“: un giro del mondo, ufficialmente controllato, “per mostrare alla gente che si può andare in macchina attraverso il mondo intero in maniera più confortevole e meno dispendiosa del treno. E in modo molto più interessante!“. Ovviamente il tutto con un’Invicta praticamente di serie, con l’aggiunta di un tettuccio fisso. I sedili reclinati formavano due cuccette mentre i predellini potevano aprirsi all’infuori da entrambi i lati e ospitare altre due cuccette, coperte da una tenda che partiva dal tettuccio.
L’equipaggio
Altri membri dell’equipaggio, miss E. Simpson, amica di Violette e infermiera diplomata, il meccanico Hernest Hatcher e R.W.Sprague rappresentante del Royal Automobile Club.
Nutrita la dotazione al seguito chiusa nei box metallici sistemati sui predellini: una cucina da campo, pentole, piatti, bollitori, due fornelli a olio, riserve di cibo, thermos, una cassetta da pronto soccorso, attrezzi e ricambi, oltre naturalmente al bagaglio personale dei quattro e a una specie di grande sacco dentro cui la macchina veniva sigillata per impedire ogni intrusione notturna.
Il tutto per un peso superiore alle due tonnellate, 400 chili oltre il limite di garanzia.
L’incidente in nord Africa
Il percorso copriva 17 mila chilometri su cinque continenti e prevedeva ogni tipo di strade. Il RAC le classificò “di prima categoria al 60%, di seconda al 10% e davvero pessime le rimanenti“.
Dopo aver attraversato la Francia da nord a sud l’Invicta fu caricata in nave a Marsiglia e sbarcata ad Algeri con l’intenzione di puntare verso il confine egiziano. L’avventura nordafricana durò però poco, bruscamente interrotta da un deragliamento di tram che finì contro l’Invicta parcheggiata trascinandola per un lungo tratto e danneggiandola al punto che dovette essere riportata a Marsiglia.
Una volta fatte le riparazioni, da Marsiglia s’imbarcarono per Bombay e fu proprio in India che Violette Cordery andò incontro alla sua peggiore esperienza di viaggio.
Passaggio in India
“Arrivammo a Benares in un giorno di festa in cui le donne debbono rimanere a casa. I locali erano fuori di testa per le bevute, le facce dipinte di bianco e di rosso, ripugnanti nelle loro pagliacciate. Ne fummo atterrite e felici di rifugiarci al sicuro in albergo. L’India fu molto impegnativa. L’incapacità di parlare la loro lingua, la mancanza di segnali stradali, eserciti di carretti, mandrie di pecore sulla strada, rospi enormi e cani ululanti di notte, la paura dei serpenti…fu molto stancante. Molti dei ponti sui quali dovevamo transitare erano in rovina, se vi fossi passata troppo veloce li avrei mandati in pezzi e noi saremmo precipitati nel fiume“.
In Australia da star
Dall’India la macchina fu trasportata in Australia, al porto di Fremantle, dove partì ai primi del ’27 diretta a Kalgoorlie. Disse Violette “I 650 chilometri da Perth a Kalgoorlie furono la parte peggiore del nostro viaggio per quel che concerne la situazione delle strade. Ci capitò di arrivarci proprio dopo alcuni terribili temporali con piogge che da anni non si vedevano in quelle zone dell’Australia occidentale. Dopo i primi 350 chilometri pensammo che per il nostro viaggio stesse arrivando la parola fine.”
Non andò così, il viaggio continuò. In Australia prima – con accoglienza da star a Sidney e a Melbourne -, poi in nave verso Vancouver e da qui in direzione New York.
L’incubo americano e il trionfo a Londra
Un tragitto, quello attraverso Canada e Stati Uniti quasi senza storia fatta eccezione per un incubo lungo i 500 chilometri che erano stati inondati dalle piene del Missouri e del Mississippi: “Un giorno riuscimmo a percorrere soltanto una sessantina di chilometri in nove ore e mezzo: le strade erano in una condizione tale che la macchina slittò in continuazione, dalla partenza all’arrivo“.
Fu il piroscafo Aquitania della Canard Line a riportare Violette Cordery, il suo equipaggio e l’Invicta a Southampton dove furono accolti come eroi prima di terminare il viaggio con un ricevimento ufficiale a Londra.
Il resoconto ufficiale di Sprague sul giro del mondo fu estremamente dettagliato: “…il motore è stato acceso 1,059 volte con il solo starter, due volte con l’aiuto dello starter a mano e 17 volte solo a mano…”.
Forse l’elemento più rimarchevole fu che l’acqua del radiatore bollì una sola volta lungo i 16.426 chilometri. E questo accadde durante la stagione più calda in India, quando la temperatura esterna toccava i 50 gradi.
I record con la Invicta 4,5 litri
Due anni dopo Violette Cordery partì per l’ultima delle sue maratone, ma senza allontanarsi molto da casa.
Insieme alla diciottenne Evelyn, la più piccola delle sorelle, in qualità di co-driver, guido un’Invicta 4,5 litri sulla pista Brooklands per 30.000 miglia in 30.000 minuti (48.000 chilometri in 500 ore). Dal momento che a Brooklands non si poteva guidare di notte, la prova richiese 48 giorni. Fu tenuta la media di 61,57 miglia orarie (98,5 chilometri l’ora). Per questo exploit a Violette fu nuovamente assegnato il Deware Trophy, cosa avvenuta una sola volta prima e, naturalmente, a un pilota maschio.
Londa-Edimburgo-Londra in retromarcia!
Nel 1930 Violette Cordery s’impegnò nuovamente in una prova di lunga distanza utilizzando la stessa vettura dell’ultimo record di Brooklands. Stavolta si trattò di percorrere un test di circa 7.500 chilometri utilizzando sempre una stessa marcia per mettere alla prova la flessibilità del cambio. Cominciò guidando per una settimana dentro la congestionata City di Londra, percorrendo 50 volte un itinerario cittadino di 17,5 chilometri con il cambio sempre nella marcia più alta (dovette ripartire da ferma 852 volte a causa del traffico). Quindi Londra-Montecarlo e ritorno, sempre in terza. Poi da Londra sino a John O’Groats, limite estremo della Scozia, e ritorno utilizzando sempre e solo la seconda marcia.
Completò la prova guidando da Londra a Edimburgo e ritorno in retromarcia! Concluse la sessione dei record con una prova di accelerazione e un test in salita.
Non se la sentì, giustamente, di raccogliere l’ultima sfida: correre in circuito 40.000 chilometri, sempre a marcia indietro.
I motori e la vita
Nel settembre 1931 Violette Cordery si sposò con John Hindmarsh, affascinante ufficiale distaccato al Royal Air Force College di Cranwell. Lei smise di correre e stabilire record, ma non perse mai il suo amore per il volante. Anche John era un abile pilota e aveva corso con la squadra della Talbot per la scuderia Fox and Nicholl e nel giugno 1935, assieme al ricco brasiliano Luis Fontes come co-driver, vinse la 24 Ore di le Mans su una Lagonda della scuderia a 124 di media oraria. Sventuratamente rimase ucciso il 6 settembre 1938 quando il prototipo del caccia Hawker Hurricane che stava collaudando si schiantò a St. George’s Hill, alla periferia di Brooklands, non molto lontano da casa.
Tuttavia questa sciagura non significò la fine della passione per i motori in famiglia: Susan, l’altra figlia di Violette, si sposò con Roy Salvadori, uno dei maggiori piloti inglesi degli anni ’50.
Poco prima della sua morte, la notte del 29 dicembre 1983 a Oxshott nel Surrey, Violette fu invitata a un programma televisivo che raccontava imprese straordinarie compiute da gente normale. Declinò l’invito rispondendo: “Correre è stato qualcosa che ho fatto per me stessa, quando ero giovane e sciocca“.