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Gegè Munari, ala sinistra e ambidestro della batteria

Il nostro viaggio non convenzionale tra jazz e sport continua con un artista assoluto, un maestro della batteria che tutti i più grandi del jazz hanno voluto accanto, Gegè Munari che ci racconta la sua musica e le sue passioni, tra jazz, calcio e Napoli di Maradona.
MUNARI COVER

Gegè, oggi non parliamo come facciamo sempre di jazz, oggi ti porto in un territorio di confine, in quello delle passioni. La domanda è diretta e senza convenevoli:  hai mai giocato a calcio?

Certo che sì. Ho giocato a calcio con la Frattese, l’Afragolese e altre squadre in lega giovanile e poi in lega regionale, subito, a 16 anni, in quarta serie e diciamo con giocavo fantasia. Ero ala sinistra, ruolo che oggi sembra svanito dal lessico calcistico, ed ero ambidestro, fantasia nei piedi appunto. Calciavo bene, o almeno dicevano che Gegè Munari giocava benino.

Fantasia fa rima con indipendenza, libertà di uscire dagli schemi e di avventurarsi in campo libero. C’è anche la tua batteria in questo?

La batteria è anima, la stessa che devi mettere quando scendi in campo per giocare la tua partita, in qualche modo anche quella una drum session dove tutto è ritmo, alternanza, sonorità. Facevo la step dance anche in campo perché la batteria ce l’ho dentro, lo swing ce l’ho dentro, e tutto questo è passione. Ed è solo questa che muove l’anima, in campo, su un palco o in un locale.

Il tuo cuore batte Napoli. Avete appena ingaggiato Spalletti come allenatore, cosa ne pensi?

Sì, sono un grandissimo tifoso e guardo al futuro con ottimismo

Qual è il miglior Napoli che ti ricordi?

Quello con Bruscolotti, e ovviamente, con Maradona

Gegè Munari ed Eugenio Rubei

Da quando segui la squadra? E dove affonda il tuo primo ricordo del Napoli?

Beh ero piccolino, venivano a fare le amichevoli con noi, c’era Luis Vinicio che allora giocava e che poi avremmo avuto anche come allenatore.  Mi ricordo anche Cesare Franchini, un bel centrale. Era il Napoli di Achille Lauro presidente e io avevo 16 o 17 anni.

E il Napoli più forte che ricordi?

Senza dubbio quello di Maradona, credo che nessuno abbia lasciato un segno come lui nel Napoli. Dal mio punto di vista un marziano che, peraltro, ho avuto anche la possibilità di conoscere personalmente.  

Che tipo era Maradona?

Era il tipo di persona che tutti conosciamo e ci ha fatto sognare tutti. Maradona io l’ho conosciuto tramite Salvatore Carmando che era il massaggiatore, un amico che un giorno mi dice Gegè vieni, e io mi sono messo in macchina e sono andato al centro Paradiso di Napoli dove si allenavano i giocatori. È stata una bella esperienza, un ricordo che mi fa piacere avere.

L’incrocio tra la musica e lo sport è quindi il calcio per te. Secondo te come si riflettono le due cose?

Come dicevamo prima, forse allenarmi come ambidestro può avermi dato qualcosa in più, anche se la batteria mi è sempre stata dentro a prescindere da qualunque altra cosa.

Cosa ti aspetti dal Napoli del prossimo campionato?

Spero in una proficua e serena convivenza tra Spalletti e De Laurentis, due caratteri forti, dote che a me non dispiace negli uomini. Insieme sono convinto che possano fare ottime cose.  

Lo scorso campionato immagino non sia stato come te lo aspettavi. Una squadra, e un allenatore, che perdono all’ultima giornata in casa con il Verona non è proprio una bella performance

I ragazzi se la sono fatta addosso, non è possibile sbagliare passaggi e appoggi a due metri in quei modi, non è possibile e di solito non sbagliano mai. Sono ragazzi in gamba grintosi, sono molto concentrati, ma in quella partita hanno avuto paura.

E Gattuso? Anche lui, tutta grinta, tutta grinta, e poi?  

Io penso che Gattuso, come allenatore, pecchi un po’ nei cambi e sulle decisioni sul campo.

A proposito di grinta. Vuoi ricordare quanti anni ha Gegè Munari?

86, il 4 luglio ne compio 87. Con grinta e con gioia.

Gegè Munari è sempre pronto a spingere lo sguardo avanti a sé, con grinta e con gioia, e se dovessi definire io in breve la sua vita, non troverei definizione migliore.

 Gegè visto che siamo in vena di guardare avanti, quale pronostico fai per l’Europeo?

Abbiamo una bella squadra, ragazzi intelligenti e bravi, giovani e questo è un punto a favore perché corrono molto di più. Possiamo vincere anche su squadre forti, abbiamo una bella spinta positiva. Secondo me stiamo messi abbastanza ben e ho grande fiducia nella nostra Nazionale.

Eppure abbiamo un campionato che fatica in mezzo ai grandi campionati europei.  Liga spagnola, Premier League, Erste Bundesliga esprimono un calcio migliore del nostro. Ho visto la Lazio nel suo momento migliore giocare con il Salisburgo, giocatori che correvano come razzi e che la Lazio non l’hanno neanche vista.
Il patrimonio in un’orchestra sono i musicisti, come in una squadra di calcio sono i calciatori.

Certo in campo sono i calciatori come sul palco i musicisti. La squadra è fondamentale, come è fondamentale lo spirito che deve essere sempre positivo e credere nella buona riuscita della partita o dell’esibizione che sia. Dedizione e passione fanno sempre la differenza, in una partita o in un concerto.

E adesso, dopo questa chiacchierata, Gegè Munari sale sul palco con la gioia di vivere e la disponibilità che lo distingue sempre e io, con lo stesso spirito, mi preparo ad ascoltare il nostro migliore ambidestro.

Eugenio Rubei, imprenditore culturale e direttore artistico dell'Alexanderplatz Club, ha respirato jazz sin dall'apertura del locale nel 1984, seguendone la programmazione e tutte le tappe importanti, come il Villa Celimontana Jazz Festival (1994-2015), i Jazz Festival a New York, in Cina e a Londra (2004-2017) e lanciando manifestazioni come il Jazz Isole Pontine (2013), l'Orbetello Jazz Festival (2017) e l'Aquila Jazz Festival (2020-2021). Nel 2019 ha lanciato Alexanderplatz Belgio.

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