Non sono uguali tutte le domeniche, così come non sono uguali tutte le partite.
Roma – Empoli, nella cappa di una sera di settembre gonfia di caldo umido, non è stata una partita come tante. Lo spettacolo dello stadio si è ancora una volta superato tra cori, bandiere e sciarpate. Questa, però, non è più una notizia; lo spettacolo del tifo si rinnova e si supera ogni settimana. È accaduto altro e quello che è accaduto lo leggiamo come una serie di segni che fanno la differenza, che marcano il tempo e lo fanno per rimanerci.
Settanta volte sette
Il risultato, anzitutto. Sette volte a rete, con gli esordi del goal in maglia giallorossa di Lukaku e Renato Sanches, la doppietta di Paulo Dybala, il ritorno di Brian Cristante e di Gianluca Mancini. Diciamo che tutti quelli che lo stadio si aspettava che segnassero, lo hanno fatto. La squadra ha girato, le fasce si sono allungate, il gioco è stato fluido, veloce, convincente e, ovviamente, vincente.
Il sette per la Roma è un numero che si porta dietro l’eco di sonore sconfitte: il Manchester United nel 2017, il Bayern nel 2014, la Fiorentina nel 2019, prima ancora la Juventus nel 1932 e il Torino, quello Grande, nel 1947. Da ieri il sette è il numero di una vittoria, una vittoria che serviva a tutti, squadra, società e tifosi. Una vittoria arrivata al momento giusto e nel momento giusto. È un bel segno, il primo di quelli che vogliamo sottolineare. E allora ci piace fare peccato veniale, prendere in prestito il “settanta volte sette” del vangelo di Matteo e mutuarlo nel destino di questa squadra. Un destino che ci piace pensare con settanta vittorie con sette reti di scarto.
Roma. L’inno dei segni
Questa volta parliamo veramente di segni e non soltanto di suggestioni.
Grazie Roma è un momento corale della partita, di ogni partita. Da quando poi è il pubblico a cantarlo per buona parte da solo, lo è ancora di più.
Da ieri, grazie alla sensibilità dell’AS Roma, l’inno è veramente per tutti, anche per coloro che non possono sentirlo. Per loro, dai due grandi schermi, una ragazza in maglia giallorossa ha cantato l’inno nel linguaggio dei segni. Lo ha fatto per loro, per chi non sente, ma anche per noi che vediamo e sentiamo. Per noi che da questa sensibilità messa in campo dall’AS Roma, possiamo solo imparare.
Gruppo Quadraro
È stato un attimo. Il fragore della Curva Sud ha aggiunto decibel ai decibel. Levo gli occhi dal campo e guardo. In alto sulla sinistra nel fumo giallorosso si scorge uno striscione bianco. Signa inferre recita. Signa Inferre non è uno slogan qualunque, è un grido di Roma, Fuori le insegne significa. Tutta la curva guarda lì, guarda verso un posto che anche quello non è un posto qualunque. Quello è il posto dei Fedayn, tifo storico, pelle e cuore. La vicenda dell’aguato e del furto delle “pezze” è nota, inutile tornarci sopra. Alla curva si aggiunge tutto lo stadio; tanti, tantissimi, sono in piedi e applaudono. In quel momento l’insegna esce. Gruppo Quadraro, la “pezza” è fuori, la nuova anima si presenta al mondo. Lo stadio è unito e sincero. Applaudono tutti. Applaudiamo tutti.
Anche questo è un segno. Un nuovo inizio, continuità e tradizione che si affacciano al futuro.
La Roma, squadra e comunità, da ieri è più forte anche per questo.