Il velocista sudafricano Paul Nash è uno dei tanti atleti che per motivi indipendenti dalla loro volontà (infortuni, situazioni politiche contingenti ai Paesi di loro appartenenza e altro), non è riuscito a partecipare ai Giochi Olimpici del suo tempo, una delle rare, se non l’unica, opportunità che esisteva per confrontarsi con gli atleti del resto del mondo.
È noto infatti che prima della creazione dei campionati europei, la cui prima edizione si svolse nel 1934 a Torino, i giochi olimpici erano l’unico momento di confronto dei più forti atleti del momento. Facevano eccezione i campionati inglesi open della A.A.A. ai quali però partecipavano per lo più atleti europei, qualche americano e altri esponenti di Paesi del Commonwealth, al punto che l’evento era considerato, sia pure impropriamente, una vera e propria rassegna mondiale dell’atletismo.
Vi erano poi gli incontri internazionali fra nazioni, molto frequenti fino agli anni ’70, ma il ridotto coinvolgimento di atleti (al massimo tre per specialità per ogni Paese partecipante), non era tale da far considerare l’evento come un confronto significativo a livello intercontinentale.
Le Olimpiadi degli esclusi
Restando nel settore della velocità, quello che ci è più caro, ricordiamo fra i grandi esclusi dai Giochi lo statunitense Eulace Peacock, la bestia nera di Jesse Owens sia nel salto lungo che nella velocità, al quale un infortunio ai Trials americani impedì la partecipazione ai Giochi di Berlino del 1936 dove sicuramente avrebbe dato del filo da torcere a Jesse; l’altro americano Harold Davis, primatista del mondo nei 100 metri nel 1941 tagliato fuori dai giochi dal periodo bellico, fino ad arrivare a Steve Williams, un altro dei fenomeni U.S.A. della velocità degli anni ’75, fermato da una serie di infortuni alla vigilia dei Giochi di Monaco di Baviera e di Montreal.
Paul Nash
Fra questi talenti, ai quali tuttavia l’atletica leggera riserva una nicchia speciale nella sua storia centenaria, possiamo sicuramente collocare anche Paul Nash , uno sprinter sudafricano, bloccato alla vigilia dei Giochi di Città del Messico da una risoluzione del C.I.O. che cedette alla minaccia di boicottaggio da parte di una quarantina di nazioni africane, avverse alla politica razziale (apartheid) del Sud Africa, e ritirò l’invito di partecipazione ai giochi a quel paese dell’Africa del sud, ricco di grandi tradizioni atletiche.
Paul Nash è nato a Londra il 20 gennaio 1947, durante un viaggio che i suoi genitori fecero nel Regno Unito, loro paese di origine. Paul sarà il primo di otto fratelli.
Il padre di Paul, John, era stato in gioventù in Inghilterra un discreto velocista. Naturale quindi che il ragazzo, nel 1963, quando aveva 16 anni, si avvicinasse all’atletica, attività che il padre aveva un po’ frenato in quanto voleva che il ragazzo terminasse gli studi medi presso la scuola di Michaelhouse nella provincia di KwaZulu-Natal in Sud Africa, di prima di impegnarsi nell’attività agonistica.
1963- 1964
Il ragazzo terminò la sua prima stagione agonistica con 9.8 sulle 100 yard (ventoso) e 22.0 sulle 220 yard, questa volta con vento regolare.
Nel 1964 vinse i campionati sudafricani juniores (atleti fino a 17 anni) con 9.9 sulla 100 yard e 21.5 sulle 220 y. Questi risultati gli valsero la convocazione per una tournée in Europa che portò i sudafricani a gareggiare in Inghilterra, Germania Ovest e Lussemburgo. Il 17 luglio a Wuppertal corse i 100 metri in 10.4 e si ripeté il 24 luglio in Lussemburgo.
Terminò la stagione avendo patito in patria una sola sconfitta ad opera del più esperto Edward “Judge” Barrimore Jefferys, un atleta classe 1936, che aveva preso parte ai Giochi di Roma raggiungendo i quarti di finale nei 100 e la semifinale nei 200. Con la staffetta 4×400 aveva centrato l’ingresso in finale giungendo un brillante quarto posto.
1965
I limiti stagionali di Paul del 1965 furono: 9.6 sulle 100 yards e 21.0 nell2 220 y.
Intanto il ragazzo aveva lasciato l’insegnante di educazione fisica che lo aveva seguito nei primi anni di attività e si era affidato alle cure del maggiore John Short, conosciuto durante il servizio militare prestato in aeronautica. Short, ex-recordman sudafricano di getto del peso si era ritirato dall’aviazione e a lui la S.A. Sport Foundation, la federazione sudafricana, aveva affidato il settore atletico.
1966-1967
Altro viaggio in Europa nel 1966 dove corse i 100 metri in 10.2 e i 200 in 20.6 a Kassel il 21 luglio per ripetersi sullo stesso tempo sui 100 a Mainz sette giorni dopo.
Il ragazzo ormai aveva raggiunto la maturità per entrare a far parte nel novero dei più forti velocisti del mondo.
Nel 1967 corse in 9.2 le 100 yard a Città del Capo il 25 marzo, mentre il 22 aprile a Potchefstroom ottenne un significativo 10.1 sui 100 metri partendo, dicono le cronache, in posizione eretta. In quell’anno Paul Nash frequentava il terzo anno di economia e commercio presso l’Università Witwatersrand di Johannesburg.
Prese parte anche a numerose manifestazioni negli Stati Uniti, pur gareggiando due mesi dopo la chiusura della stagione agonistica sudafricana ed ebbe modo di partecipare ai campionati nazionali della AAU Bakersfield in California dove incontrò Jim Hines e Charlie Greene.
1968. L’anno formidabile
Nel 1968, anno olimpico, gli atleti sudafricani non presagivano certo la grande delusione che li avrebbe colpiti a pochi giorni dall’inizio dei Giochi di Città del Messico con la esclusione del loro Paese dalle Olimpiadi da parte del C.I.O.
Paul Nash quell’anno era in una forma strepitosa. A fine marzo ai campionati del Transvaal meridionale, sulla pista del Goustad Teachers College, corse le batterie dei 100 metri in 10.1 con vento a favore oltre il limite della tolleranza. C’era ancora vento (+2.8 m/s) quando venne corsa la finale che Nash si aggiudicò 10.0. Più tardi il vento si calmò e Nash si aggiudicò i 200 metri nel tempo di 20.6.
I 10 netti a Krugersdorp
La nuova occasione si presentò a Nash tre giorni dopo, il 2 aprile.
A Krugersdorp, località a 1740 metri di altitudine sul livello del mare, sulla pista dello Stadio Jan Lotz, si disputò l’annuale meeting nazionale, manifestazione fra le più importanti del paese che anche quell’anno richiamò oltre 10.000 spettatori.
La pista era considerata molto veloce, ma un violento temporale del pomeriggio l’aveva indubbiamente appesantita.
Le batterie si corsero alle 19.45 e Nash si aggiudicò la sua in 10.1 (vento nullo) uguagliando il suo primato nazionale. Alle 20.45 si corse la finale.
Nash partì fortissimo, come suo solito, e finì la gara con un tuffo sul filo di lana facendo fermare i tre cronometri a 10 secondi netti, tempo che andava ad accodarsi a quello della lista dei velocisti che detenevano il primato del mondo: Hary (1960), Jerome (1960), Esteves (1964), Hayes (1964), Hines (1967), Turner (1967), Figuerola (1967).
I 10 netti a Standerton
Quattro giorni dopo a Standerton (1000 metri su livello del mare) Paul Nash partecipò ai campionati del Transvaal orientale dove corse in 10.0 per ben due volte (in finale i cronometri segnarono: 9.9 – 10.0 – 10.0). Nonostante che il giudice arbitro dichiarasse nel suo verbale che il vento non aveva favorito i concorrenti, il primato del mondo non fu omologato.
In effetti le rilevazioni del vento furono di + 3.35 in batteria e + 2.43 m/s in finale.
Al termine della finale Nash lamentò il riacutizzarsi di un problema all’articolazione del ginocchio che gli impedì la partecipazione ai campionati sudafricani di Johannesburg.
Il nostro Carmelo Rado, che ha soggiornato a lungo in Sudafrica per lavoro, era presente quel giorno a Standerton e fece un breve resoconto della gara, magnificando le doti di Nash, concludendo che “nessun velocista ha mai corso in 10.0 strappandosi negli ultimi dieci metri”!
Rado era presente a Zurigo anche nel 1960 quando Hary fece il suo 10.0 e disse che “aveva visto all’opera il più bel ladro di partenze della storia”!
I 10 netti a Zurigo
Paul Nash si rimise in tempo per presentarsi in gran spolvero al meeting di Zurigo che si svolse il 2 luglio 1968 sulla nuovissima pista in tartan.
Nel giro di un’ora l’asso sudafricano corse i 100 metri in 10.0 rilevati elettricamente dalla Longines e i 200 in 20.1, gara nella quale fu impegnato anche il nostro Livio Berruti, miglior tempo registrato fino ad allora in Europa. Vento sempre contrario: – 0.7 e – 1.6 m/s.
La grande giornata di Sacramento
Ma ormai i 10 netti dopo quanto era successo pochi giorni prima (20 giugno) a Sacramento nel corso dei campionati A.A.U. non facevano più storia.
Charlie Greene e Ronnie Ray Smith avevano infranto il muro dei 10 netti e portato il limite mondiale a 9.9!
Paul Nash comunque, insieme a Lennox Miller furono considerati, escludendo gli statunitensi, gli atleti più veloci al mondo negli anni 1967 e 1968.
Il ritiro
La delusione per la mancata partecipazione ai Giochi messicani e una successiva diagnosi di artrite di origina reumatica posero fine alla carriera agonistica di Paul Nash. Lasciata l’atletica si laureò in economia e commercio e divenne presidente della Sable Holding Pty Limited, società che si occupava di investimenti e di management.
Ma ho voluto ricordare Nash per un altro aspetto particolare.
Dopo l’infortunio patito a Standerton, Nash consigliato da John Short, riprese ad usare un sistema di partenza in piedi, che aveva già sperimentato nei primi anni di attività e che gli era valso un eccellente 10.1.
Infatti partendo in piedi Nash, ancora convalescente, riusciva a fare 15-20 partenze senza accusare dolore alla gamba infortunata, contro le 4-5 partenze nella posizione “crouch”.
L’uso di questo sistema di partenza attraversò l’Africa e, non sappiamo da chi, fu portato anche in Europa.
In Italia la partenza in piedi fu sperimentata (e usata in gara) anche da alcuni atleti di primo livello.
In particolare fece proseliti fra le ostacoliste (Alessandra Battaglia, Tonelli, Alessandra e Luigina e Ileana Ongar) in quanto consentiva loro di presentarsi già rialzate all’attacco del primo blocco.
Fra i maschi ricordo che l’ostacolista Massimiliano Maffeis, allora della Riccardi di Milano, usava la partenza in piedi per la partenza nei 400 ostacoli.
Gli atleti però continuando ad usare i blocchi avevano problemi di stabilità al momento del “pronti” e noi, poveri starter, avevamo i nostri problemi a cercare di ottenere quella stabilità richiesta dal RTI.