Tonya Harding non conosce mezzi misure.
Vuole il successo e lo vuole ad ogni costo, perché per ilei il successo significa riscatto.
Il prezzo sarà altissimo e la vedrà protagonista di uno scandalo sportivo probabilmente senza eguali.
Quella di Tonya Harding è una storia che a Hollywood non poteva sfuggire; con un mix di testimonianze dei protagonisti reali e ricostruzione affidata ad attori come Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney, il biopic che racconta la vicenda della pattinatrice americana è del 2017.
Una vita difficile
Tonya Harding (Margot Robbie) non è una donna semplice con una vita idilliaca alle spalle, tutt’altro.
Nasce a Portland nel 1970 da una famiglia disfunzionale, viene introdotta a soli quattro anni al pattinaggio artistico su ghiaccio dalla madre LaVona (Allison Janney), donna caratteriale, che sembra voler sfruttare il talento della figlia a proprio vantaggio, senza mai dimostrarle affetto.
Durante le gare i giudici rimangono impressionati dalle sue capacità, ma anche dal suo carattere particolarmente bellicoso e da quegli strani costumi che la fanno vedere diversa dalle altre. Sono i costumi che le cuce la madre, visto che non avevano soldi per comprarne di nuovi e sfavillanti.
Tonya è costretta anche a difendersi dalla violenza domestica del fratellastro, che la vede bella, raggiungibile e come una sorta di proprietà personale.
In questa vita, quando ha appena 15 anni, Jeff Gillooly (Sebastian Stan) entra a gamba tesa facendole credere di essere lui il futuro sognato.
I due si sposeranno poco tempo dopo, cmolto giovani, ma Tonya sente la necessità di evadere dall’ambiente tossico e violento della casa familiare.
Purtroppo però il matrimonio con Jeff non sarà quello che Tonya si aspettava.
Per lei il quotidiano è ancora fatto di violenza e abusi.
La via del riscatto per Tonya è una sola; il pattinaggio.
È brava, gareggia, ma quando scende in pista la sua storia non è solo quella della sua abilità, ma anche quella dei vestiti cuciti a mano dalla madre e del trucco pesante sul viso. Non è bello, ma è per questo che molto spesso viene giudicata, non vedendosi assegnare punti che invece meriterebbe.
Ingoia amaro Tonya, il senso di rivalsa la devasta dentro, ha bisogno di appigli, anche se uno di questi si chiama Jeff che la vessa e l’abusa in ogni modo.
Tonya non molla
Il 1991 non è un anno qualunque per il pattinaggio americano.
Seconda al mondo dopo la giapponese Midori Itō, Tonya segna una pietra miliare della sua carriera.
Ai campionati nazionali di Minneapolis Tonya completa un triplo axel, divenendo la prima americana a riuscirci ed entrando così nella storia.
Una storia che a questo punto potrebbe sembrare bella.
Potrebbe.
Nel 1992 Tonya debutta alle Olimpiadi invernali di Albertville; le sue attese sono molto alte, convinta che eseguendo il triplo axel avrebbe conquistato nuovamente i giudici.
Niente va però come dovrebbe andare; ai giochi si qualifica quarta, dietro alla sua storica rivale Nancy Kerrigan (Caitlin Carver).
In controluce nella sua vita, la pista di pattinaggio si sovrappone alle violenze che subisce in casa da Jeff.
La delusione è fortissima
Tonya abbandona il pattinaggio, cerca di lasciarsi alle spalle anche il fallimento del matrimonio e torna in Oregon dove trova lavoro come cameriera.
Ma non tutto è finito come lei pensa in quel momento.
È qui che viene rintracciata dalla sua storica allenatrice, Diane Rowlinson, che in un primo momento aveva anche licenziato e che vuole convincerla a riprovare ad allenarsi insieme in vista delle Olimpiadi del 1994.
Tonya cerca di rimettere insieme i pezzi della sua vita e di ricostruire anche un rapporto con la madre che, però, non solo di lei non vuole sapere nulla, ma le rinfaccia che proprio il suo hard love l’avrebbe resa la campionessa che sarebbe potuta diventare.
Un destino rovinato solo da Jeff, il vero colpevole del suo destino capovolto.
In questo disastro affettivo è evidente come nella vita di Tonya Harding l’unica ad avere a cuore gli interessi dell’atleta sia l’allenatrice, che forse per prima riuscì a vedere il potenziale inespresso dove gli altri, i giudici soprattutto, vedevano solo una ragazza con il vestito di gara troppo corto e il trucco esagerato. L’unica a saper maneggiare il carattere di Tonya smussandone gli angoli.
Tornare sui propri passi spesso aiuta a capire dove abbiamo sbagliato e a farci riprendere in mano le redini di situazioni perse, ma l’amore ha regole tutte sue e questa, spesso, in amore non vale.
Tonya lo scopre a sue spese quando si riavvicina a Jeff e crede alle sue promesse che, però, ancora una volta si riveleranno drammaticamente solo parole al vento.
Il giorno del destino.
C’è un giorno però in cui il destino mischia ancora le sue carte.
È il giorno in cui, durante un allenamento, Tonya riceve una lettera minatoria.
Ha una reazione umana, si spaventa, ma è la sola.
Jeff, invece, è folgorato; vede la reazione di Tonya e pensa a quale potrebbe essere la reazione della Kerrigan davanti a una situazione del genere.
Il piano è banale: spaventare la più temibile avversaria di Tonya.
Spaventare, o forse anche di più.
Qui entra in scena un complice, un amico di Jeff, Shawn Eckhardt (Paul Walter Hauser), un inetto in cerca della svolta che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Shawn ci mette del suo; è lui che contatta e ingaggia Shane Stant.
Il 6 gennaio del 1994, a margine di una seduta di allenamento, sarà lui ad aggredire Nancy Kerrigan così da impedirle di gareggiare negli imminenti campionati nazionali.
A vincerli sarà Tonya, che si qualifica anche per andare alle Olimpiadi invernali di Lillehammer, previsti dal 12 al 27 febbraio seguenti.
L’aggressione riesce, ma quasi subito Shane Stant è preso dalla polizia.
Il gioco è finito
Da Shane a Shawn il passo è breve e lui, ovviamente, fa subito il nome di Jeff e di conseguenza quello di Tonya.
Lo scandalo è enorme, ma non basterà a impedire la partecipazione di Tonya alle Olimpiadi. Il processo contro di lei viene infatti rimandato a dopo i giochi olimpici.
La scossa emotiva è però fortissima, la partecipazione olimpica un disatro; arriva solamente ottava, mentre la Kerrigan avrà l’argento.
Il peggio, in qualche modo, deve ancora venire.
A giochi conclusi Tonya paga una multa che le evita il processo, ma non l’essere messa al bando dalla Federazione statunitense di pattinaggio che le revoca anche il titolo nazionale vinto un paio di mesi prima.
In pratica, dal punto di vista atletico, una condanna all’ergastolo.
Tra fiction e realtà
Nelle interviste raccolte per il film Jeff ammette di aver infranto la carriera di Tonya e lei stessa aggiunge come l’averlo incontrato sia stata la sua vera rovina.
Il biopic ha il merito di ricostruire la vita dell’atleta in tutte le sue sfaccettature, di metterne in mostra la sua personalità esuberante e la sua disperata ricerca di trovare in tutti i modi un posto nel mondo, uscendo a spintoni dal destino di una vita che tutto sembrava tranne che sorriderle.
È una storia triste quella di Tonya Harding, ma anche terribilmente umana.
Il film finisce e a noi, da lontano, lascia il silenzio.
Quello che serve per lasciare un giudizio in sospeso quando le vite degli altri sono maglie troppo strette da indossare.