Il mondo è un campo da corsa immenso, con infiniti blocchi di partenza e corsie parallele che, solo se siamo fortunati, ci permettono di condividere una parte di percorso con qualcuno, magari con il ragazzo della vita accanto.
Franco e Federico, protagonisti del romanzo di Anna Chiara Giordani Il ragazzo della vita accanto, hanno vissuto le loro personali gare distanti l’uno dall’altro.
Franco viene presentato al lettore per la prima volta mentre si trova solo all’inizio di quella che dovrebbe essere una luminosa carriera calcistica per la Roma degli anni ’60.
Federico, invece, si rivolge al lettore tra un respiro profondo e l’altro prima di iniziare quella che dovrebbe essere la gara di nuoto più importante della sua carriera.
Entrambi questi, apparentemente, luminosi futuri sportivi però avranno vita corta.
Così, i due protagonisti de Il ragazzo della vita accanto si ritrovano a dover ricominciare da zero, a reinventarsi una vita che sembrava già scritta per loro e rimodellare quei sogni che li avevano accompagnati per tanto tempo. Subito ci si rende conto che lo sport assume un valore profondamente diverso per entrambi: Franco è animato da una fame di vita e di riscatto che quasi non gli permettono di aspettare in attesa del suo futuro; Federico invece vive una profonda scissione fra i desideri apprensivi di un padre poco affettuoso e la pura e assoluta rabbia caratteristica dei diciotto anni.
L’autrice descrive le vite di due uomini comuni, persone che si potrebbero incontrare allo stadio, scambiarsi un paio di battute sulla partita e proseguire tranquilli con le loro esistenze; ma è proprio in questa leggerezza e quotidianità che risiede il fascino delicato di questo testo.
I capitoli si accavallano veloci, colmi di aneddoti e ricordi che si potrebbero sentire durante una chiacchierata durante una calda serata estiva: feste di carnevale imbarazzanti, storie di cuori giovanili spezzati o di primi viaggi da soli in macchina. Tutto prosegue con il normale proseguire degli anni e così come con i momenti felici, anche quelli tristi arrivano, si osservano, si vivono e si lasciano andare.
Perché in realtà il grande elemento che lega queste due figure finisce sempre per essere uno dei più grandi maestri di vita che sia mai esistito: lo sport.
Franco è un calciatore che non può giocare e Federico è un nuotatore che deve cercare la sua strada fuori dall’acqua. Nello sport trovano delusioni ma è proprio lì che trovano il propellente giusto per andare avanti e trovare la forza per potersi muovere con destrezza nel dedalo di vie della vita. Le loro vite sono delimitate da una fisicità e una ricerca di contatto che non gli permette di trovare un senso nelle mondanità qualsiasi, loro sono (o almeno sono stati) atleti e come tali sono stati plasmati per possedere una mentalità di un certo tipo.
Nessuno dei due si lascia andare a lunghe recriminazioni per il futuro che potevano avere ma, proprio come atleti con l’A maiuscola farebbero, si gettano di nuovo nella mischia e vanno avanti per il loro percorso.
Questi due uomini comuni sembrano incarnare alla perfezione ciò che ogni singola persona che almeno una volta ha gareggiato, si è sbucciata le gambe o ha pianto per la rabbia di uno scontro perso ha tentato di essere: sostenitori di una mentalità corretta e portatori di valori nobili.
Né Franco né Federico ottengono, durante il corso dell’opera, riconoscimenti o premi per le loro prestazioni atletiche ma subito si comprende che non sono i titoli a renderli “grandi”; entrambi portano il campo dentro di sé e come tali sembrano sempre muoversi secondo le regole ben precise del gioco più affascinante e complesso di tutti: la vita.
Franco e Federico, in maniera ufficiale, non si sono mai incontrati ma il loro essere accumunati da uno schema di valori più alto li rende compagni di squadra, sostenitore l’uno dell’altro, mai avversari.
Il ragazzo della vita accanto è una lettera d’amore alla profonda umanità che lega ognuno di noi, lo scambio di sguardi che passa tra due sconosciuti e il decidere di offrire un sorriso invece che un’offesa.
L’uomo si riconosce solo nello specchiarsi in un suo simile e lo riconosce come tale senza pensarci troppo, realizza di avere bisogno di contatti e di speranza per affrontare ciò che il domani riserverà.
Perché è questo che lo sport ci insegna: non importa quante volte cadremo, ci sarà sempre la possibilità di trovare nuova speranza da qualche parte, per quanto buio sia.
Franco e Federico, con i loro dubbi e sogni, sono uguali a tutti noi, pronti a reinventarsi e carichi di quella stupenda speranza che ci spinge ad andare avanti ogni giorno sicuri che, dietro ogni fallo e squalifica, la vittoria è sempre più vicina.
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