Nella California degli anni cinquanta poteva accadere – e accadeva – di tutto.
Dici California e ti vengono in mente onde lunghe da cavalcare, mareggiate da sognare e aspettare. Mentre aspetti, però che fai? Prendi il surf, te lo guardi, te lo accarezzi, poi ti viene un’idea di quelle che aspettavano solo uno spazio di noia per venire fuori.
Prendi la tavola, ci metti quattro rotelline e inizi ad andare.
Lo skateboard, più o meno, nasce così.
Cultura da strada e da museo
Cultura spontanea che poi non è più fermata ma, anzi, ha fatto proseliti, si è perfezionata ed ha fatto diventare lo skateboard un simbolo a tutto tondo delle culture giovanili. Non solo in California, ma in tutto il mondo. L’esordio nelle discipline olimpiche di Tokyo 2020 è solo una conferma. Viene solo il dubbio se, per caso, qualcuno di quei surfisti pionieri non fosse sbarcato in divisa a Salerno nel ’43 e, prima di risalire la penisola, non gli sia capitato di vedere la corsa dei carruoccioli che si buttavano giù dal Vomero.
Comunque sia andata, oggi lo skateboard, con la sua storia e la sua influenza sulle culture giovanili, ha trovato casa al Design Museum di Londra. Almeno fino al 2 giugno del 2024 salvo proroghe, in ogni caso abbastanza per sdoganare definitivamente lo skateboard – se ma ce ne fosse stato bisogno – come icona del secolo scorso capace di proiettarsi al futuro.
Londra. Sempre avanti
Grande crogiuolo Londra, da sempre custode di memorie e artefice di immaginari che non subiscono le mode, semmai le dettano. Una sorta di stargate Londra, dove le connessioni spazio-temporali sembrano seguire traiettorie diverse e originali; God save the Queen e a volte anche the King, grandi musei, polmoni verdi, the Tube, black cab carissimi, cabine rosse come pietre miliari, fusioni culturali e fiumi di turisti che sciamano con buona pace della Brexit.
Il 26 luglio, però, agli osservatori non sfugge un annuncio: il Design Museum avrebbe ospitato una mostra sullo skateboard e la sua storia. Puntuale come il tè delle cinque, il 20 ottobre scorso, la mostra ha aperto i battenti.
La grande mostra
Il curatore della mostra, Jonathan Olivares, artista e skater lui stesso, racconta che la mostra ripercorre la storia di questo sport dagli anni Cinquanta del secolo scorso, quando è stato presentato per la prima volta come “surf da marciapiede”. 90 le tavole esposte, alcune appartenenti al campione americano Tony Hawk, ma un paio anche della giovanissima inglese Sky Brown, oggi quindicenne che già conta un bronzo olimpico a Tokyo 2020, firmando con il suo successo personale l’esordio olimpico dello skateboard
La metà delle tavole provengono dallo Skateboarding Hall of Fame Museum di Simi Valley, California ça va san dire; aperto nel 1997 e primo museo al mondo completamente dedicato agli skateboard. Vale la pena di ricordare che è proprio nel 1977 che lo skateboard, grazie a un servizio su Odeon, seguitissimo e allora innovativo rotocalco serale ideato da Brando Giordani, irrompe anche in Italia.
La mostra presenta altri oggetti iconici: singoli componenti delle tavole, le rotelle, mai scelte a caso dagli atleti, e poi cassette, DVD e giornali che guidano il visitatore in un percorso immersivo nell’immaginario e della realtà di una disciplina capace di elaborare cultura e dialettica.
Mai rimanere fermi
Skateboard racconta anche come sono cambiate le tavole nel corso del tempo e come queste diventino un tutt’uno con la prestazione dell’atleta. Le kicktails, ad esempio, con le punte verso l’alto delle tavole, arrivano vent’anni dopo la prima apparizione degli skaters. Un’innovazione, quella delle “punte”, capace di far guadagnare una spinta più aerodinamica e di marcare una differenza estetica e funzionale – al di là delle misure, ovviamente, con il surf, i suoi movimenti e il suo equilibrio.
Una vita difficile
Non tutto è stato facile per lo skateboard e per gli skaters, però. Oggi può sembrare incredibile, eppure per una ventina d’anni dal suo esordio californiano, lo skateboard non sempre era ben accetto. Negli anni sessanta, ad esempio, alcune città americane ne vietarono l’uso, considerato troppo rischioso per gli atleti, ma anche per chi gli passava vicino. È negli anni settanta che la cultura degli skater e l’industria collegata ad essa diventa effettivamente una realtà. In quegli stessi anni inoltre arriva a brevetto il primo skateboard professionale per una donna, basato sull’esperienza e il talento dell’allora bambina prodigio Laura Thornill. Per inciso, un suo skateboard in legno e autografato è esposto al National Museum of Natural History di Washington.
Un salto a Londra
Insomma, sportivi, appassionati o semplici curiosi che possiate essere, Skateboard, la mostra, vale la pena di un salto a Londra, magari tentando di schivare per quanto possibile il caro sterlina. Capire dal vivo quanto un pezzo di legno e quattro rotelline siano stati capaci di influenzare modi, mode e culture giovanili è un’esperienza che può servire a tutti. E se mai foste nuovi di questo mondo e vi venisse la voglia di provare, calzate caschetto e para-ginocchia e andate. La libertà ha sempre mille strade. A volte, anche una tavola.