Un prodotto dei suoi fallimenti. Stuart Skinner, portiere degli Edmonton Oilers, squadra di hockey su ghiaccio canadese, non ha definizione migliore per raccontare di sé e del suo successo.
Sì perché questa, nonostante l’affermazione iniziale, è una storia di successo.
Stuart Skinner, classe 1998, non ha remore a raccontare di quando, da piccolo, non riuscisse neanche a fare dieci piegamenti senza avere giramenti di testa e stare male.
Ma allora come ha fatto a diventare uno dei giocatori di hockey più pagati delle 32 squadre americane e canadesi che si contendono il campionato della NHL?
Errori, quanti più possibili. Dai suoi errori Stuart Skinner infatti ha trovato la caparbietà per farsi spazio nel mondo dell’hockey.
Oggi portiere della sua squadra di casa, è anche uno degli elementi decisivi per aspirare alla vittoria della Stanley cup.
Da soli non si va lontano
In diverse interviste Stuart Skinner ha sottolineato come non gli piaccia essere definito “self-made” perché è consapevole di quanto siano stati importanti, nel suo percorso, vari personaggi: Dylan Wells ad esempio, anche lui portiere, attualmente in forza ai Texas stars della American Hockey League.
L’amicizia tra i due affonda radici all’Hockey Canada camp, quando erano solo due ragazzi con tanta voglia di fare e molta speranza da coltivare.
Nel 2016 Wells venne preso come portiere dagli Oilers, solo un anno prima di Skinner.
In quegli anni Wells e Skinner sono “coinquilini” nella stessa stanza d’albergo e per passare il tempo divoravano libri. Fu proprio Wells a introdurre l’amico alla lettura e, in particolare, lo fa avvicinare al lavoro di Ryan Holiday.
Uomo di marketing, stoico moderno com si definisce lui, Ryan Holiday scrive in particolare di resilienza e di come affrontare situazione avverse uscendone con successo.
Skinner, in particolare, di Holiday interiorizza il passaggio nel quale sostiene che le persone imparano dai fallimenti, ma raramente dal successo. Affermazione un po’ abusata, con un suo punto di verità che rasenta l’ovvietà, che a Skinner però non solo piace, ma è anche utile.
Crescere e capire
A lungo Skinner si è concentrato su come si giochi l’hockey e non come lui intende farlo. Il divario gli sembrava troppo ampio, incolmabile. Qualcuno però riesce a indicargli la strada: Dustin Schwartz e Rodrigue, i coach degli Oilers.
Growth, crescita. I due ripetono questo a Skinner. Crescita vuol dire certamente capire e apprezzare che il campo non è più il camp hockey per ragazzi, ma quello di una squadra professionale. Ma è anche necessario, però, mantenere uguale voglia e passione, lavorandoci sopra e facendole crescere ogni giorno.
Non è facile. Skinner ha ancora difficoltà ad accettare i suoi errori, ma i coach sono sicuri che si tratti solo di orgoglio legato all’età e che sì, di crescere e imparare non si finisce mai.
Stuart e Wells
Come nella migliore tradizione, lo sport fa crescere anche amicizie che durano nel tempo.
Stuart e Wells, sebbene giochino in squadre diverse e lontano, sono fortemente amici, si seguono, si consigliano e la crescita e il successo di uno sprona l’altro a dare il meglio. Anche questo contribuisce a fare di Skinner, già marito e padre, uno dei portieri più giovani e con il futuro più roseo di tutto il campionato.
Non male per un ragazzo che fa i conti con i suoi errori.