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L’infortunio che non c’era

infortunio campetto

Iniziamo col dire che c’è stato un tempo in cui il termine infortunio non esisteva proprio. Il massimo che sul campetto potevi sentire era “A Mi’ (a me, Mister per intero non mi ha chiamato mai nessuno)…me so’ fatto male”. La risposta era quasi sempre la stessa: “gliela fai a cammina’…siii…e allora mettete all’ala destra e cerca de fa quello che poi!

Dal campetto al Mondiale

Non fraintendete. Questo fraseggio che ho riportato fedelmente non era indice di “scarsa umanità”, ma era solo figlio del suo tempo.  Fino alla metà degli anni ‘60 il regolamento non prevedeva le sostituzioni e quindi se “A Mi’me so’ fatto male” non ce la faceva nemmeno a camminare, giocavi con un uomo in meno. Questo accadeva ovunque, però. Accadeva sui miei campetti polverosi, su quelli della serie A e anche su quelli dei Mondiali, proprio come accadde a noi nel non troppo spesso ricordato aneddoto del ’66. In Inghilterra perdemmo malamente contro la Corea dl Nord, fu colpa nostra e non c’è dubbio, ma è anche vero che giocammo per diversi minuti in nove. 

 

La botta di fortuna

È anche vero, però, che qualche volta accadeva che l’improvvisata ala destra segnasse addirittura un goal. Sui campetti tutto aveva un nome, oggi abbiamo altra sensibilità, ma allora quel goal aveva un nome tutto suo. Un nome che non voleva offendere nessuno, che faceva sorridere tutti e che inorgogliva chi ci capitava. Insomma, sentirsi dire di aver segnato il “goal dello zoppo” non era un’offesa, ma un punto di merito per la tenacia, la sopportazione, il sacrificio e sì, certo, anche per la fortuna che bacia gli audaci. Altro calcio.

Infortunio serie A

Non uno, ma due

Ma torniamo ad oggi. Oggi sappiamo anche distinguere tra infortunio e infortunio.  Abbiamo l’infortunio classico, quello traumatico dello scontro o della caduta, ma anche l’infortunio tecnico, edulcorazione lessicale per addolcire l’amaro di un goal divorato a porta vuota, oppure di un passaggio indietro al portiere senza accorgersi dell’avversario e infine, mal ne incolse allo sfortunato, il grande classico dei classici, il terribile e temibile autogoal.

autogoal calafiori

 

Ecco di autogoal se ne potrebbe parlare a lungo e, tra i tanti visti e subiti, ne voglio raccontare uno in particolare

Giocavamo una partita importante per il nostro Campionato di Promozione a Corviale, campo che qualche problematica l’aveva già di suo. La partita era iniziata da una trentina di minuti quando un avversario mise “rasoterra” una palla al centro vero la nostra area. Antonio Vitelli, oggi Presidente del Real Tuscolano, nel tentativo di deviare il pallone in calcio d’angolo, entrò in scivolata, colpì male e il pallone e si infilò nella nostra rete. Mentre gli avversari tornavano a centrocampo abbracciandosi festosi, il nostro portiere, che era rimasto in piedi impietrito, si decise a guardare dove era finito il pallone per raccoglierlo. Prima guarda a terra sulla sua sinistra ma non lo vede, allora si gira sulla sua destra ma del pallone nessuna traccia, infine guarda verso Antonio ancora a terra con la gamba allungata e gli dice “Anto’… ma ‘ndo sta er pallone ??”. Antonio, di tutta risposta “...lassù… porco Giudaaa”. Ecco, lo scambio in efftti fu un po’ più colorito, ma per farla breve il pallone era rimasto incastrato tra la rete, l’incrocio dei pali e il sostegno in ferro leggermente arcuato subito sotto l’incrocio. Un goal perfetto.

 

Febbre da cavallo

L’aiuto di Mandrake e der Pomata

Tra i miei giocatori c’era scoramento e tutti guardavano Antonio in malo modo, soprattutto il portiere. Dovevo risolvere la situazione e allora con una piccola botta d’ingegno – me lo auto concedo e chiedo venia – ebbi la prontezza di pescare nella memoria e di tirare tutti su con una battuta presa in prestito da Febbre da cavallo, film che veramente al tempo conoscevamo tutti a memoria. Rividi la scena. Nella sala corse er Pomata a Mandrake dopo che la Tris de Gabriella si era rivelata vincente, ma che Mandrake convinto dar Pomata non aveva giocato, urlai al mio portiere “a Ste'(Pigiani), mica je porterai rancore !!”. Tutti risero e finì che vincemmo 3 a 1 con Marco (Cannata) che la rete la sfondò davvero e con Lenti e Radatti che completarono l’opera. Quella fu una grande squadra fatta da persone vere e ottimi giocatori che vinse il campionato e fece una semifinale di Coppa Lazio.
Oggi, quasi 25 anni dopo, nessuno di noi ha dimenticato.
Oggi, quasi 25 anni dopo, quei giorni sono ancora i nostri giorni.

 

 

Nello Panzini nasce a Roma l'8 agosto del 1947, oggi pensionato Telecom con "buona memoria", si diverte a raccontare lo sport di una volta ed il contesto storico nel quale si praticava. Tuttora tesserato con il Real Tuscolano nel quale, vista l'età, fa quello che può.

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