Nel corso degli anni ’70 e ’80 del Ventesimo secolo, l’industria dell’animazione giapponese è stata particolarmente florida. Decine e decine di titoli di serie televisive a cartoni animati invasero i mercati europei, americani e arabi, creando un fenomeno di proporzioni mondiali che ha coinvolto un vasto pubblico di giovani telespettatori, ma non disdegnato anche dalle fasce di utenza più adulte. Così, solo per restare nell’ambito degli anime a tema sportivo, in quegli anni l’Italia fu travolta dalle storie de l’Uomo Tigre, di Rocky Joe, di Arrivano i Superboys, passando per il successo del più recente Holly & Benji. Qui lo sport (rispettivamente la lotta, la boxe e il calcio) funge da sfondo a storie dalle forti tinte scure, in cui personaggi dal background spesso tragico, ma dai mezzi fisici importanti e dalla volontà ferrea, lottano con lo spirito indomito dei samurai in contesti sociali difficili.
Spokon
Viene così coniato il termine spokon (スポ根, a sua volta contrazione di supōtsu e konjō, e quindi letteralmente “tenacia sportiva”, che in lingua giapponese designa un particolare genere di manga e anime in cui le storie sono ambientate nel mondo dello sport e hanno per protagonisti degli atleti. Ma la fervida immaginazione nipponica, che assorbe ogni stimolo esterno e lo filtra secondo la propria estetica per ricombinarlo e riproporlo in un prodotto talvolta ingenuo, poco aderente alla realtà e alle regole della fisica, ma fruibile, accattivante e, soprattutto, coloratissimo, ha prodotto anche un filone più demenziale, scanzonato e umoristico, nel quale lo sport funge da contorno alle imprese improponibili e surreali di personaggi lontani dai canoni classici dell’atleta, ma non per questo meno competitivi.
Gigi la trottola
È il caso, a esempio, di ダッシュ勝平, Dasshu Kappei, un manga spokon scritto e disegnato dal maestro Noboru Rokuda nel 1980, dal quale l’anno successivo venne tratta una serie televisiva in 65 episodi, trasmessa in Italia a partire dal 1983 con il titolo di Gigi la trottola. Il quindicenne Kappei Sakamoto (per noi Gigi Sullivan), pur essendo fisicamente tozzo e sgraziato (non arriva neanche al metro di altezza!) è sorprendentemente dotato di eccellenti qualità sportive. Costretto dalle regole del Liceo Seirin a scegliersi un circolo sportivo, Gigi deciderà di provare con il basket, apparentemente la disciplina meno adatta a lui. I risultati in campo, invece, sono ottimi: Gigi è il più bravo, salta fino al canestro con apparente facilità ed è sempre al centro dell’attenzione, soprattutto del pubblico femminile. Così il ragazzo si convince di essere “il numero uno della scuola” e alla fine decide di sfidare tutti i circoli del suo liceo, a cominciare da quello di ping pong, altro sport per il quale apparentemente non avrebbe le qualità fisiche necessarie.
Punto debole di Gigi sono le mutandine bianche, per lui simbolo di purezza, che riesce sempre a sbirciare sotto le gonne delle ragazze approfittando della sua statura. Per il suo comportamento indisciplinato e da pervertito, viene spesso picchiato e rimproverato dalle malcapitate. È innamorato di Akane (in Italia, Annina) e vorrebbe sposarla. Spesso, quando parla con lei, si trasforma: diventa leggermente più alto e più bello. Si tratta, in realtà, di un espediente comico utilizzato anche in altre serie animate, come per esempio nel coevo Dottor Slump e Arale.
Ugo il re del judo
Di tenore altrettanto scanzonato, umoristico e un po’ surreale è いなかっぺ大将 Inakappe taishō, conosciuto in Italia come Ugo il re del judo, una serie in 104 episodi prodotta tra il 1970 e il ’72 e arrivata da noi nel 1984. L’autore è il mangaka Noboru Kawasaki.
Protagonista è Ugo Gatto (Daizaemon Kaze in originale), un vivace e allegro ragazzino che veste gli abiti tradizionali giapponesi. Piccolo e tarchiatello proprio come Gigi la trottola, Ugo parte dalla campagna per dirigersi insieme a un gruppo di animali parlanti verso Tokyo per diventare un esperto di tecniche di judo. Si iscrive nella palestra del maestro Yagoro Ogaki, un amico del suo ormai defunto padre, e qui fa amicizia con la figlia del sensei, Kikuko (in Italia, Kiku), anch’essa esperta di judo, e con il gatto parlante Nyanko (Miao Miao), che gli insegnerà la sua mossa vincente: il triplo salto mortale del gatto. Innamorato di Kiku, Ugo ha anche una fidanzata al suo paese, Luana. Per tutta le serie cercherà di destreggiarsi tra le due ragazze, possessive e molto gelose. Ugo ha poi la divertente abitudine di ballare in perizoma ogni qual volta sente della musica. Nonostante questo aspetto giocoso e clownesco che di tanto in tanto esibisce, il giovane è sempre molto popolare tra le persone che gli stanno intorno e cresce forte e scaltro, per diventare un futuro campione di arti marziali. Per realizzare il suo sogno, seguirà il sensei in America.
Il filone demenziale
Si tratta in buona sostanza di produzioni dedicate agli spettatori più piccini, con trame esili, avventure spesso surreali e demenziali e tematiche poco impegnative, ma che contribuirono a rendere familiari gli sport minori presso il grande pubblico, tanto in Patria come all’estero, così come avevano fatto i loro predecessori più famosi, decisamente più adulti, seriosi e cupi.