Libidine! Lussuria! Alcove! Concupiscenza! Nelle edicole degli anni Sessanta era facile imbattersi in riviste con una copertina ripiegata e incollata in modo che non si potesse aprire sulla quale, oltre a questi strilli, campeggiava anche la scritta Edizione chiusa per adulti.
Insomma, roba forte.
Chi le comprava correva a casa ansioso di entrare nel mondo del peccato, ma a quel punto scopriva che dentro non c’era niente di quanto promesso.
L’inventore di quelle copertine non poteva che essere lui.
Ma lui chi?
Lui Gino Sansoni!
Un romagnolo mattoide e pirotecnico come solo certi romagnoli sanno essere.
Trasferitosi a Milano subito dopo la guerra, aveva fondato la sua casa editrice, che in realtà aveva diversi nomi: C.E.A., Gino Sansoni Editore, Istituto Librario Editoriale, Astoria, Astor e tanti altri, che venivano alternati a seconda dei momenti e dei prodotti.
Un’altra specialità della casa era quella del riciclo editoriale.
Un esempio? La prima edizione del polpettone sentimentale Pietà per i bambini grandi fu un fiasco colossale. Ricopertinato con una biondona in bikini e un nuovo titolo, Parigi nuda, senza cambiare niente altro ebbe undici edizioni.
Capito che tipo era Gino Sansoni?
Una specie di fuorilegge dell’editoria che se ne infischiava dei diritti d’autore e pubblicava quello che voleva piratandolo dalle riviste di tutto il mondo. Sfornava libercoli, fumetti e periodici di ogni tipo, con un fiuto tutto suo.
Ha fatto anche cose interessanti, per esempio riviste di astrologia e horror in anticipo sui tempi. Poi se andavano male ritornava a mettere una donna nuda in copertina, che secondo lui vendeva sempre tantissimo.
Nel passato di Sansoni, nato a Rocca San Casciano nel 1907, c’era stata anche la politica, ma sempre alla sua maniera.
Prima squadrista fascista a soli 14 anni e poi mandato al confino per contrasti con il partito. La disciplina non era il suo forte e quindi nel dopoguerra si tenne alla larga dai partiti, restando sempre fedele alle sue idee, tanto da essere soprannominato Lo sfascio littorio.
Forza Milan!
L’altra grande passione di Sansoni era il calcio.
Frequentatore del Club del giovedì che ruotava intorno a Gianni Brera, era tifosissimo del Milan, che seguiva anche nelle trasferte all’estero.
Grande amico di Gipo Viani, vulcanico direttore tecnico dei rossoneri, con il quale formava una coppia che era tutta un programma.
Nel 1960 aveva registrato al Tribunale di Milano la testata Forza Milan!.
La rivista vedrà la luce nel novembre del 1963, pochi mesi dopo lo storico trionfo dei rossoneri a Wembley contro il Benfica, e lui la considerò sempre il suo fiore all’occhiello.
Quaranta pagine al costo di duecento lire, stampata su una carta orribile.
A quel tempo però una novità assoluta per le squadre di calcio in Italia e quando nel 1969 da organo dei tifosi rossoneri diventò a tutti gli effetti l’organo ufficiale della squadra per Sansoni fu una consacrazione.
G come Ginko
Intanto nel 1946 aveva sposato Angela Giussani, molto più giovane di lui, figlia della buona borghesia milanese, bellezza eterea tanto da prestare il volto alle saponette Lux , amante degli sport e della velocità e un carattere volitivo all’avanguardia.
Lei cominciò a fare pratica nella casa editrice del marito, fino a quando decise di mettersi in proprio e, insieme alla sorella Luciana, nel 1962 diede vita a Diabolik, che fu un grande successo fin dal primo numero.
Il personaggio di Ginko prende il nome proprio dal marito, Gino con una K in mezzo, e non a caso ha sempre una cravatta rossa e nera. I due formavano una coppia improbabile anche perché il Sansoni marito assomigliava molto al Sansoni editore.
Dedicava più tempo al Milan che alla moglie e girava per Milano su una favolosa Packard decapottabile in compagnia di biondone mozzafiato.
Il matrimonio inevitabilmente fallì, ma Angela Giussani, che con Diabolik andava a gonfie vele, salvò più volte l’ex marito dal fallimento.
Una canaglia, ma almeno simpatica
Parliamoci chiaro, Sansoni conosceva tutti, era amico di tutti ma era un mezzo imbroglione, anche se di quelli simpatici. Quello che i francesi definiscono un “blagueur”.
Un personaggio da film.
Basti dire che un giorno uscendo dal suo ufficio in piazzale Cadorna sentì un ragazzo parlare del Papa. Allora si intromise come un bull dozer gridando: A me del Papa non me ne frega un cazzo!». E il ragazzo: Ah, lei offende così il Papa: dia due schiaffi a me piuttosto che offendere il Papa!.
E Sansoni gli mollò all’istante due sonori ceffoni.
Subito dopo, però, gli diede anche cinquemila lire, che a quel tempo erano un sacco di soldi.
Era fatto così.
Negli anni Settanta il declino.
Tutte le riviste della sua casa editrice chiudono e anche la salute comincia a tradirlo. Sansoni soffriva di una grave forma di diabete che nel 1980 si portò via il figlio di un’epoca irripetibile.