Search
Close this search box.

Il mio Tredici da informatico

Il Totocalcio, ovvero il concorso a pronostico più popolare e più amato dagli italiani che, per decenni , si sono messi in fila davanti alle ricevitorie per tentare la fortuna giocando una schedina. Qualcuno, però, la fortuna ha provato ad aiutarla. Questa è la storia di chi ci è riuscito.
Totocalcio cover

Agli inizi anni 80 lavoravo, come ingegnere elettronico, in una società italiana del comparto Difesa e Spazio. Realizzavamo sistemi d’arma, missili antiaerei ed antinave, e lo facevamo da leader indiscussi nel settore.
Durante il corso di laurea mi ero indirizzato in maniera decisa verso la disciplina emergente, l’elaborazione automatica dei dati, e dunque mi trovai a far parte del gruppo che si occupava dello sviluppo di modelli di simulazione di sistemi. In particolare uno dei filoni di studio era quello indirizzato alla valutazione della efficacia di determinati apparati di difesa a fronte di potenziali minacce esterne. Senza entrare in troppi dettagli tecnici, si trattava in fondo di una sorta di videogioco ante-litteram, se vogliamo dello sviluppo automatico di una trama, in cui tutti i diversi elementi (per esempio aerei nemici che attaccano, radar che li scoprono, batterie di missili attivate, missili in volo, impatto con il bersaglio, ecc.) sono rappresentati da una serie di relazioni matematiche che poi, tradotte in un programma di calcolo,  vengono lasciate evolvere nel tempo nel mondo artificiale del computer.
Cosa c’entra questo con il Totocalcio e il mio Tredici, adesso lo vedremo.

La simulazione informatica

Questa tecnica di simulazione si definisce Simulazione ad Eventi e si sviluppa nel tempo in modo discontinuo, saltando da un evento a un altro, ciascuno determinato causalmente – programmato – dal precedente. Ad esempio, l’evento scansione del radar, causerà (con una certa probabilità) l’avvistamento di un velivolo ostile, scatenando una serie di eventi conseguenti, fino a giungere al possibile impatto con il target. Ai diversi e successivi eventi in gioco è quasi sempre associata una specifica probabilità che essi abbiano un determinato esito tra quelli possibili, che condizionerà poi in un verso o nell’altro lo sviluppo della intera sequenza. Ad esempio, quando il missile raggiunge il bersaglio non è detto che effettivamente lo inabiliti, quello che si può dare è semplicemente una probabilità stimata a priori che questo accada, probabilità magari elevata ma comunque inferiore ad uno. Se l’ingaggio non è riuscito, si è sprecato un missile, l’aggressore è più vicino e minaccioso, la storia nel suo insieme prende una piega diversa. Si può anche dire che ad ogni evento di tipo probabilistico si genera una biforcazione della storia complessiva, generando così una sorta di multi-storia.

Il Metodo Montecarlo

Allora, per avere una misura attendibile  di quanto il nostro sistema di difesa aerea sia davvero efficace, in un contesto generale che può condurre ad esiti estremamente intricati e imprevedibili, si fa ricorso ad una particolare tecnica, il cosiddetto Metodo Montecarlo,  denominazione non casuale.  È possibile, tramite alcuni artifizi matematici, simulare l’esito di azioni legate al caso, come ad esempio l’estrazione di palline colorate da un vaso. Se metto nel vaso 80 palline rosse e 20 nere, quando il bambino bendato ne estrae una, la probabilità che sia rossa è naturalmente l’80%. Questa è appunto una estrazione casuale (random in inglese) e può essere usata per rappresentare molteplici eventi della vita reale, per esempio la probabilità di contrarre il COVID in una festa nuziale, e tante altre cose.
Cosa si fa a questo punto nel nostro caso? Si lascia evolvere il gioco di guerra lasciando che ad ogni biforcazione esso segua il corso stabilito da una estrazione random. Alla fine si appuntano i risultati, per esempio quanti degli aerei attaccanti hanno raggiunto il loro obiettivo. Si ripete per tante volte la simulazione, ogni volta verranno fuori esiti diversi, ed alla fine si traggono le conclusioni, analizzando con tecniche statistiche l’insieme dei risultati ottenuti (ad esempio, nel 60% dei casi il nostro sistema di difesa è stato in grado di neutralizzare completamente l’attacco, e così via).

Il Totocalcio dell’informatico

Una lunga premessa informatica per spiegare come a noi venne l’idea di applicare queste logiche al Totocalcio.
Presa in esame una certa giornata di campionato, si assegnava ad ogni partita la terna di probabilità corrispondente ai tre esiti possibili (per es. 1:70%, X:20%, 2:10%). Facevamo quindi correre il programma per le 13 partite, memorizzando la colonna generata.
Si ripeteva poi l’elaborazione per il numero di volte corrispondente al numero di colonne che avevamo pianificato di giocare. Viene da sé che all’aumentare delle colonne aumenta la probabilità di vincere, ma anche il costo, che purtroppo è certo, della giocata cresce.
Tale approccio godeva secondo noi di importanti pregi rispetto agli usuali sistemi allora in voga. In particolare non escludeva mai a priori l’evento “impossibile” (la Juve che perde in casa con la Samp, senza offesa), quello che di solito genera le vincite milionarie; aveva una certa eleganza concettuale, legata alla adozione dell’approccio simulativo; utilizzava, fattodi per sé accattivante, una tecnologia innovativa come il calcolatore elettronico.
Il processo tuttavia presentava un grosso punto critico, l’assegnazione iniziale delle probabilità alle singole partite.
Tentammo diversi approcci: quello democratico (1 vale 1), facendo la media dei pareri degli appartenenti al gruppo; l’utilizzo delle tabelle di probabilità pubblicate sui giornali sportivi, il picchetto; l’analisi statistica sulla propensione storica a vincere delle diverse squadre in casa e fuori casa; il mix dei precedenti.

Il Totocalcio dell’arbitro

Qualche successo riuscimmo anche ad ottenerlo, diversi dodici, ma poca cosa. Finché un giorno intervenne il fattore umano.
Uno dei nostri si ricordò di conoscere abbastanza bene un ex arbitro di serie A e gli chiese consiglio.
Molto gentilmente la persona si rese disponibile a esaminare e, se del caso, rielaborare le previsioni che noi avevamo proposto.
Fu la svolta; prima diversi altri dodici poi, finalmente, anche un discreto tredici.
La competenza ha sempre il suo peso!
Ma la vita andò avanti, la collaborazione con il nostro consulente si interruppe, alcuni del gruppo presero altre strade, il gioco era diventato quasi un secondo lavoro e a casa si mugugnava…

Resta però il ricordo molto bello di una delle prime applicazioni dual use (come oggi si direbbe) della tecnologia informatica, che contribuì ad ampliare i miei orizzonti di interesse, la curiosità per ogni tecnologia emergente e a farmi fare un tredici al Totocalcio che non mi cambiò la vita, ma che mi fece molto piacere.

Al mio gruppo di allora (Bruno, Peppe, Maurizio, Alessandro, Gastone)

Uno di quelli che...la tesi di laurea era qualche Kg di schede perforate

ARTICOLI CORRELATI

boxe

Boxe, giornali e ragazzini

Una fotografia del 1908 ci racconta una storia. Non solo la storia apparente di due ragazzini che sotto gli occhi di altri tirano di boxe. Questa è una storia di un altro secolo e di un altro mondo. Una storia di cui abbiamo seguito le tracce che lo sguardo della fotografia sociale di Lewis Wickes Hine ci ha lasciato. Lo ha fatto affinché non dimenticassimo e noi, oggi, gli rendiamo omaggio.

Leggi tutto »
Piero Schiavazzi

Piero Schiavazzi. L’Oltretevere giallorosso

Piero Schiavazzi, cavaliere della Roma, giornalista, vaticanista, ci svela il tratto dell’Oltrevere giallorosso, quello che spesso si è affiancato e sovrapposto con il suo lavoro. Come la sera del terzo scudetto, ad esempio. Ma soprattutto raccoglie e rilancia una suggestione. È tempo di invitare il Papa al derby?

Leggi tutto »
wimbledon

Wimbledon, lecito sperare

Wimbledon è il tennis perché tutto il resto è arrivato dopo. Per questo non possiamo non guardare all’erba inglese come a una grande rappresentazione, un palcoscenico dove i protagonisti entrano in scena con ruoli e aspettative precise, quelle assegnate dal ranking internazionale, ma dove nulla, proprio nulla, sfugge alla regola dell’erba che non perdona leggerezze e distrazioni.

Leggi tutto »
Calcio periferia

Calcio, terra e polvere

Calcio, terra e polvere che seccava la gola e si attaccava alla pelle sudata. Quando andava bene. Altrimenti era fango scivoloso o indurito al primo sole. I campi della periferia romana degli anni sessanta non erano solo campi da calcio, erano un mondo.

Leggi tutto »
Internapoli

Internapoli. La squadra del Vomero

Anni ’60. Napoli, anzi Vomero. È qui che viene scritta una bella pagina del calcio napoletano. L’Internapoli, in pratica la squadra di quartiere, sfiora a più riprese la promozione in serie B. Stagioni esaltanti con importanti giocatori e allenatori che vestono e difendono i colori bianco-azzurri. Poi un lento declino fino all’odierno oblio fra i dilettanti. La storia, però, rimane e deve continuare a essere ricordata.

Leggi tutto »
Natale 1914 Ypres

Natale 1914. La partita che ingannò la guerra

Inglesi contro tedeschi, Tommy contro Fritz, in questo angolo di fronte delle Fiandre occidentali sassoni contro scozzesi. È il giorno di Natale del 1914 quando nella terra di nessuno si gioca una partita che inganna la guerra. La grande sfida del calcio europeo nasce così, dove e quando meno te lo aspetti

Leggi tutto »