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Nerone. L’olimpionico immortale

Forziamo un po' il racconto, ma su Nerone cè tanto e di più da dire. Su Nerone c'è da trovare altre storie per recuperare il tempo perduto a crederlo il piromane di Roma. Proprio come la sua storia olimpica, forzata un po' forse, ma forse neanche troppo.
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Nerone

Parigi chiama. La meraviglia dei Giochi Olimpici Moderni. Siamo all’edizione XXXIII. I Giochi Antichi di Olimpia, sede fissa, toccarono quota 292. Tra leggenda e storia, una corona di ulivo ci ha fatto riconoscere migliaia di eroi e miti sportivi e non. Leonida di Rodi e Michael Phelps di Baltimora, Eurimene di Samo e Paavo Nurmi di Turku, Cilone della grande Atene ed Usain Bolt della piccola Sherwood Content, Jamaica. L’italiano – che non ti aspetti – ad aver vinto più titoli in una sola edizione è Lucio Domizio Enobarbo, per tutti Nerone, sicuramente qualcosa di più di un atleta. Andiamo indietro nella notte dei tempi, ma il personaggio è controverso allora come ora, più Forte dell’usura e delle manipolazioni. In fondo, come i Giochi, Nerone fa ancora discutere, regge e va avanti. Contento del suo primato e della nostra attenzione. 

Unicum

La storia non risolverà mai l’enigma. Io so solo che lui, mentre le stelle splendevano sui giardini della sua villa nella natia e prediletta Anzio, mentre le onde mormoravano sottovoce le canzoni delle sirene, sbalzò in piedi alla notizia del corriere, messaggero di sventura: “…è scoppiato a Roma uno spaventoso incendio che ha già invaso i quartieri bassi e minaccia di distruggere l’intera città”. È tutto vero, la mattina del 16 luglio 64 alcuni baracconi di legno nei pressi del Circo Massimo prendono fuoco, vento e fiamme travolgono Palatino, le vallate della Velia e del Velabro, il Foro, i Fori dei Cesari e la Suburra.  Aventino, Esquilino, Viminale: sono tre giorni di furia e rovina. Lui è Lucio Domizio Enobarbo, per noi Nerone, è stato il quinto imperatore romano, l’ultimo della dinastia giulio-claudia, regna quattordici anni, muore ad appena più di trenta. Sempre smanioso di eccellere, di una libidine sfrontata sfidando l’opinione pubblica ed i benpensanti. Personaggio lo fu di sicuro, e certamente megalomane, esibizionista, narciso ed inevitabilmente psicolabile schiacciato da pesi ed ambizioni. Quando lui…quando lui avrebbe voluto solo dedicarsi all’arte, alle sue deliziose arti. 

Il gioco è bello quando dice lui

Lo spettacolo e le corse dei carri. Sin dall’inizio del regno, Seneca e Burro gli fanno costruire un circo privato nella valle vaticana dove Nerone si diverte a condurre bighe quadrighe, inizialmente per gli occhi di familiari e cortigiani, poi per il popolo tutto. Nei pressi di Campo di Marte fa costruire un grande anfiteatro di legno (quelli in pietra, come il Colosseo, sono di epoca successiva), per riparare gli spettatori da sole e pioggia lo ricopre con un velario azzurro trapunto di stelle. Non si appassiona ai gladiatori, preferisce la finzione teatrale delle battaglie navali. È l’estate del 59 quella tanto attesa dei ludi juvenalium: corse dei carri, esibizioni di lotta, gare di canto e poesia per l’indignazione dei conservatori convinto che l’arte sia ben altro. Nerone insiste, istituisce i Neroniani (o Quinquennali) sulla falsariga dei giochi ellenici. Apre alla plebe, vanità e timidezza si alternano nella sua complessa indole, gareggia nelle prove di eloquenza e poesia.

Nerone

Anno 65

Decide di partecipare ai Giochi veri, quelli di Grecia con già più di duecento edizioni, per vincere prepotentemente come nelle sue corde. Smargiasso. È l’anno 65, alle spalle l’incendio ma non il malcontento del palazzo, Nerone – a Benevento sulla via di Olimpia – cambia idea, dietrofront, non si sente pronto o forse legge qualcosa di avverso nelle carte. Chiede ed ottiene il rinvio dei Giochi, costruisce un arco di trionfo ed una nuova residenza tutta sua, si fa trovare in gran forma due anni dopo. Vince tutto quello che c’è da vincere, sei prove su sei, a ben vedere è un primato ancora imbattuto. Con tutte le debite proporzioni, Nedo Nadi – straordinario schermidore – cinque volte oro ad Anversa 1920 è il nostro atleta con più vittorie in una singola edizione dei Giochi moderni. 

Vincere e vincerà

Nerone primeggia in sei discipline di un tempo che non torna. 1. La quadriga. 2. La quadriga dei puledri. 3. Il tiro a dieci dei puledri. 4. La gara degli araldi. 5. La composizione della tragedia. 6. La composizione dei suonatori di cetra. È un misto di competizioni nobili ed altre create ad hoc per appagare il suo desiderio. Cade da cavallo, ma gli avversari non osano superarlo, non si sa dove comincia il buonsenso e dove la paura. Potenza del potere, ma tanto popolo è con lui tra una congiura e l’altra.

Nerone

La biga (cocchio a due cavalli) e la quadriga (a quattro) sono passione vera

Al circo Massimo, Nerone cresce con la febbre della corsa sfrenata, gli aurighi sono i suoi miti e non c’è dolore più grande di vederne alcuni vittime di incidenti fatali. Ama chi compete di verde vestito, tifa come un ultra, veste anche lui di verde, sborsa ingenti somme di sesterzi per assicurarsi i migliori aurighi per sfidare i rivali bianchi, azzurri e rossi sostenuti da altri senatori e centri di potere. Si prepara per bene, il perfezionismo tra le manie, soggiorna a Corfù, a Nikopolis ed infine a Corinto dove cotanta spedizione venne sublimata da una moneta di bronzo celebrativa. Ad Olimpia vince tutto quello che c’è da vincere, le cronache pregne di sarcasmo, gare addomesticate, avversari malleabili, verdetti generosi. Eppure tutto lascia davvero pensare che Nerone fosse un ottimo auriga e che il suo talento sa sconfinare nelle arti più diverse. La formula si ripete ben sei volte: “Nerone Cesare vince questa gara ed ottiene la corona a gloria del popolo di Roma e del mondo intero a lui soggetto”.

Asso piglia tutto

Non si accontenta e centra il grande slam: trionfa nei Pitici, negli Istmici e nei Nemei. Sono il circuito antico dei Giochi dell’archáia periodos. Viene incoronato del titolo di periodonikes, il trionfatore indiscusso dei quattro appuntamenti tradizionali. 1808 corone di ulivo, davvero si può dubitare di tanti successi? La valenza sacrale e politica dei Giochi, l’adulazione ricercata e corrisposta, le fandonie e l’intelligenza, i nemici di fuori e dentro la testa di un fottuto genio, un frullatore impazzito nelle mani di brutta gente. Lui che vede solo il bello.

La storia di Nerone, l’italiano più vincente dei Giochi

Più di Milone di Crotone e di Nedo Nadi di Livorno. Forziamo il racconto anche noi, mischiando mondi diversi e lontani che ci ricordano che il sole, dalle nostre parti, non tramonta mai e non dobbiamo mai, mai smettere di scavare.
Citius Altius Fortius.

 

 

 

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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